Caregivers, un “esercito” invisibile per l'assistenza ai familiari

disabili

Diario di un padre fortunato”. E' questo il titolo del blog di Francesco Cannadoro, uno degli oltre sette milioni di italiani che si occupano di un parente disabile. Francesco, 37 anni, come riporta La Repubblica è papà di un bambino disabile non autosufficiente. Ha raccontato le sue difficoltà in un video ironico sui social che ha raccolto decine di migliaia di followers. si definisce fortunato, il suo tesoro più grande? I sorrisi e i baci del figlio. 

Chi sono i caregivers

Ma chi sono i “caregivers“? Quell'”esercito” di persone che accudiscono, lavano, vestono, imboccano familiari che non possono farlo. Volontari e, molto – forse troppo – spesso senza alternative, che si vedono costretti a sostuirsi alla mancanza di servizi socio-sanitari sul territorio.

Senza una legge

Al momento non c'è una legge che li tuteli, ma sembra che il vento stia cambiando. Infatti, la Commissione Lavoro del Senato dovrebbe iniziare la discussione del disegno di legge n. 1461. Un testo unico, firmato da setori di tutti i gruppi, che prevede il riconoscimento e il sostegno a chi svolge il ruolo di caregiver. In Terris ha affrontato l'argomento con la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan. 

Per esperienza diretta o per conoscenza indiretta, tutti noi sappiamo che cosa vuol dire avere un disabile in famiglia… lei ha qualche ricordo a proposito?
“Il contatto con la vulnerabilità e poi con la non-autosufficienza è un’esperienza che lascia il segno nella vita di ciascuno di noi. Sono esperienze totalizzanti che ci aiutano a crescere, a conoscere le fragilità umane, a rivalutare il ruolo centrale ed indispensabile della famiglia, in una epoca caratterizata da tanta solitudine, emarginazione, individualismo, insufficienza, ed in molti casi la totale assenza, di servizi di assistenza sociale. La malattia, la disabilità, la non autosufficienza hanno molto da insegnarci rispetto al valore del prendersi cura gli uni degli altri per costruire comunità più coese e corresponsabili. Quando le incontriamo negli altri, ma anche quando le viviamo sulla nostra pelle”.

Secondo lei è giusto riconoscere l'assistenza familiare come lavoro?
“Quando una persona ha bisogno di tutto, di una cura quotidiana, i primi a sostenerla sono di certo i familiari. Le nostre famiglie sono la ricchezza più grande che abbiamo. Ben oltre essere 'ammortizzatori sociali' sono luoghi di affetti, di cure, di inclusione che non potrebbero essere sostituite da altro. Ma non possiamo pensare di lasciarle da sole, costringendole a perdere proprio questa loro dimensione relazionale ed affettiva perché gravate di pratiche assistenziali e oneri burocratici ed a sacrificare giusti progetti di vita e di lavoro. Quindi i caregivers vanno sostenuti economicamente, formati, supportati da servizi professionali in campo sociale e sanitario, sollevati dal peso della cura per alcuni periodi. La presenza di persone qualificate nei contesti domiciliari nei casi di gravi patologie e non autosufficienza è necessaria, per garantire la continuità assistenziale. Di certo è un lavoro, richiede formazione e professionalità adeguata, e come tale merita le tutele proprie di chi lavora. Ma non dimentichiamo che ognuno di questi elementi, se isolato e non inserito in una rete con i servizi governati dal soggetto pubblico, non solo rischia di essere inefficace ma anche insufficiente oltre che insostenibile. Per questo motivo già nel 2005, insieme alla nostra categoria dei pensionati, abbiamo sostenuto una proposta di legge di quadro per la Non autosufficienza ed ancora di recente nella piattaforma unitaria, nelle mobilitazioni e nel confronto con il Governo questa rappresenta una delle nostre principali richieste. Chiediamo una riforma dell’intero sistema dell’assistenza di lunga durata socio sanitaria che metta in campo risorse sufficienti ad offrire certezze alle persone coinvolte attraverso la garanzia dei livelli essenziali per la non autosufficenza”.

In Italia oltre 7 milioni di persone assistono disabili in famiglia, si tratta di un vero e proprio sistema di Welfare “sommerso”?
“Siamo tra i Paesi che stanno invecchiando a ritmi molto veloci e la longevità se per un verso è un dato positivo dall’altro comporta una crescita delle persone non autosufficienti (solo tra 2013 ed il 2016 abbiamo avuto un incremento di 130.000 non autosufficienti che arrivano ad essere 2,9 milioni). A fronte di ciò l’Italia è tra i Paesi OCSE ai primi posti per assenza di servizi residenziali e semiresidenziali ed anche l’assistenza domiciliare è largamente insufficiente, quando non addirittura assente in alcune aree del Paese, basti pensare che meno del 40% degli anziani non autosufficienti sono raggiunti da servizi. Al contempo siamo in cima alle classifiche per presenza di familiari caregivers informali che quotidianamente prestano cura ad un proprio caro. I familiari che assistono possono fortunatamente beneficiare di istituti come i permessi ex legge 104/92 e altre innovazioni che la contrattazione collettiva negli anni ha inserito, per potersi astenere dal lavoro in alcuni giorni e dedicarsi alla cura e all’attivazione delle procedure. Basti pensare alla “cessione dei permessi solidali” che consente a lavoratori e lavoratrici di donare tempo a colleghi che sono in contatto con le non autosufficienze. E’ un welfare reale, presente, quotidiano, che purtroppo non sempre è però in rete con i servizi pubblici, e troppo spesso fatica per avere informazioni, attivare supporti, ricevere sostegni a causa di interventi frammentati, parcellizzati riferibili a soggetti istituzionali diversi. Questo penalizza paradossalmente proprio le situazioni di maggiore gravità e le famiglie con meno risorse proprie generando ulteriori diseguaglianze”.

E' in discussione il disegno di legge per riconoscere il caregiver. Cosa le piace di questa proposta di legge e cosa no?
“E’ di fondamentale importanza giungere finalmente a riconoscere anche da un punto di vista legislativo il campo dei caregivers familiari. In questi anni abbiamo visto persino stanziare un fondo “ad hoc”, senza la possibilità di utilizzarlo perché le diverse proposte di legge in merito non hanno visto la luce. Credo che per evitare ulteriori frammentazioni anche questo provvedimento vada armonizzato con tutti gli altri Fondi ed interventi nazionali sulla non autosufficienza all’interno di una programmazione nazionale, concordata con Regioni ed Enti Locali e partecipata dalle forze sociali. Ciò è importante in particolare per tutto il capitolo del Ddl che affronta il tema importante dei servizi di supporto al ruolo di caregiver ed il suo riconoscimento nella rete assistenziale. Penso inoltre sia importante favorire la conciliazione del lavoro con i tempi della cura ed in questo senso il Disegno di legge non deve vincolare il diritto a congedi o permessi al solo familiare formalmente riconosciuto come caregiver, perché quando questo non fosse nelle condizioni di usufruirne l’altro familiare lavoratore ne sarebbe penalizzato, riducendo così le attuali tutele. Allo stesso tempo andrebbe previsto un sostegno a soluzioni innovative nell’organizzazione del lavoro e nella erogazione di servizi adottate dalla contrattazione di secondo livello  a favore dei lavoratori caregivers. Un altro aspetto importante è quello delle tutele sul versante previdenziale ed assicurativo. Nella nostra piattaforma di richieste a Governo e Parlamento indichiamo la necessità che sia valorizzato il lavoro di cura a fini pensionistici e garantita maggiore flessibilità in uscita dal lavoro. Il ddl affronta il tema limitando il riconoscimento ad un periodo limitato con copertura di contributi figurativi: ci sono però familiari chiamati all'assistenza anche per molti, molti anni e questo è un tema da affrontare. Sul versante del sostegno al reddito abbiamo richiesto che il Reddito di Cittadinanza vada corretto per tutelare maggiormente le famiglie con disabili e non autosufficienti nel nucleo, così come nella discussione aperta sull’assegno universale per i figli abbiamo chiesto che si tenga conto anche di questo elemento per disegnare la nuova misura. Infine credo che nel caso di caregivers genitori di bambine o bambini non autosufficienti sia necessario prevedere automatismi e percorsi facilitati, anche quando poi i figli diventano maggiorenni”.