Il cardinale Montenegro: “Continuiamo a contare i morti nel Mediterraneo”

“Purtroppo abbiamo continuato a contare i morti. Sono giornate particolari dove c’è un misto di sentimenti. La tristezza per quello che è avvenuto, ma poi la tristezza resta perché queste storie stanno continuando. Quello che fa più male è vedere che la storia non cambia”. Così il cardinale Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente di Caritas Italiana, ricorda l'anniversario della strage di Lampedusa.

Card. Montenegro questa del 3 ottobre è una ricorrenza un po’ ipocrita?

“Se vuole essere solo un ricordare chi è morto e fermarci lì, sì. Sa di ipocrisia. Se il loro ricordo deve significare un cambio di strategia, di mentalità e di cuore, allora è giovata a qualcosa. Però se dovessimo vedere i 30mila morti che ci sono nel Mediterraneo, a quanto pare sono giovati poco. Anzi, sento che si vuole chiudere i cuori a doppia mandata. E questa è la storia di tante Nazioni ma anche di tanti cittadini”.

La strage dei migranti di Lampedusa del 3 ottobre 2013, ci ricorda la povertà dei Paesi di provenienza dei migranti…

“Questo vuol dire che la soluzione non la possiamo trovare intorno ai nostri tavoli. Sono soluzioni da trovare insieme ai governi, alle strutture, di quelle terre da cui vengono queste persone. Però, se noi continuiamo a decidere per loro, non aiutandoli a cambiare la loro storia, ciò diventa anche un gioco perverso che ci farà del male”.

Card. Montenegro, la mancata accoglienza segna il fallimento delle politiche europee sull’immigrazione?

“Certo. Non possiamo parlare di Unione Europea perché l’Europa ha dimostrato di essere frantumata. Noi continuiamo a chiamarla tale  e forse lo facciamo perché l’unione è rappresentata dal denaro. Ma questo diventa il termometro di scelte sbagliate. E’ un Europa unita malamente e quindi c’è la necessità di un cambiamento di veduta”.

C’è chi accoglie con dignità i migranti e chi li rifiuta. E non dobbiamo nascondere che anche tra i cristiani c’è chi non li vuole…

“Credo che l’unica cosa sia quella di misurarci con il futuro. Abbiamo l’esperienza di un passato fatto di muri e reticolati che è saltato. Stiamo parlando di un futuro che sta già arrivando. Questo deve obbligarci a fare scelte diverse. Se giochiamo con il futuro continuiamo a farci del male. Per un credente poi, si pone un problema di fede. Perché se accetti il Vangelo lo devi accettare tutto e non puoi strappare la pagina dove il Signore chiede di accogliere il forestiero”.

Card. Montenegro, la semplice accoglienza non rischia di trasformarsi in ideologia danneggiando gli immigrati e spaccando la società?

“Senz’altro. Se accogliere vuol dire semplicemente… ti tolgo dal mare e ti faccio venire sulla terraferma e così finisce tutto, è chiaro che questa non è accoglienza. L’integrazione è vedere ciò che abbiamo in comune per camminare insieme. Credo che noi siamo alla fase della tolleranza. Io ti permetto di stare vicino a me. L’importante è che ti comporti bene e che non mi dai fastidio. Altrimenti paghi. Questa non è accoglienza”.