Omicidio di Yara dieci anni dopo: una ragazza che amava la ginnastica ritmica

Il sogno di papà Gambirasio: "Felice quando su Google non comparirà la cronaca ma l'associazione"

Yara
“La nostra famiglia sarà felice quando, digitando il nome di Yara in Google, non compariranno articoli di cronaca nera, ma i progetti della nostra associazione”. Questo afferma da sempre Fulvio Gambirasio e lo fa ancora una volta, sulle pagine de L’Eco di Bergamo, in occasione del decimo anniversario della morte della figlia. “La passione di Yara” è il nome dell’associazione nata per sostenere ragazzi che coltivano talenti nello sport, nella musica o nell’arte, ma che per problemi economici o familiari avrebbero poche opportunità di realizzarsi. “Dal 2015 sono stati realizzati 86 progetti, per oltre 100 mila euro”, rende noto la tesoriera Daniela Di Mento.

Un’associazione in ricordo di Yara

Nel sorriso dei ragazzi che aiutiamo, io e Maura – dice papà Gambirasio – riscopriamo ogni volta tanta fiducia verso il futuro. Li guardo e, nel loro modo di porsi, c’ è sempre qualcosa che mi ricorda mia figlia Yara”. “Siamo orgogliosi dei risultati ottenuti – continua la tesoriera. – Sono numerosi i volontari che ruotano attorno all’ associazione e che ci danno una mano a organizzare gli eventi e solo nel 2019 abbiamo dato corso a 25 progetti, erogando oltre 20mila euro“.

Per non dimenticare

É questo il modo per la famiglia Gambirasio di tenere vivo il ricordo della figlia, dieci anni dopo la morte di Yara. La 13enne di Brembate che amava la ginnastica ritmica. La ragazza sparì quel 26 novembre 2010 all’uscita della palestra e fu trovata morta esattamente tre mesi dopo in un campo a pochi chilometri di distanza da casa sua. I coniugi Gambirasio non hanno mai parlato, né lo fanno in occasione del decimo anniversario della morte, della vicenda processuale che ha portato alla condanna definitiva all’ergastolo per omicidio di Massimo Bossetti, il muratore di Mapello, paese a poca distanza da Brembate. Bossetti fu fermato come l’autore dell’omicidio nel giugno del 2014 in seguito a un screening in quasi tutto il Bergamasco alla ricerca dell’identificazione del Dna trovato sul corpo della giovane uccisa. Poi la condanna all’ergastolo diventata definitiva.

In attesa della possibile revisione del processo

Dal carcere di Bollate dove è recluso Bossetti che continua a proclamare la sua innocenza, attraverso il suo avvocato Claudio Salvagni ha dichiarato all’Adnkronos: “Yara non ha avuto giustizia, io sono dietro le sbarre ma non sono il colpevole”. Il prossimo gennaio la Cassazione si pronuncerà sul ricorso presentato dagli avvocati Salvagni e Paolo Camporini, in caso di accoglimento per la prima volta si potrebbe lavorare alla revisione del processo. Quel giorno, dovesse arrivare, non sarebbe uguale agli altri per Massimo Bossetti.