Bitcoin, il Wall Street Journal teme una nuova crisi finanziaria

tecnologia

I Bitcoin, la più nota fra le criptovalute, potrebbero scatenare una nuova crisi finanziaria mondiale, come quella provocata nel 2007 dai mutui subprime. L’allarme è lanciato dal Wall Street Journal. Se i fondi investiti in questi strumenti sono decisamente inferiori rispetto a quelli depositati nei derivati nel 2007, si legge in un’analisi del quotidiano finanziario statunitense “i Bitcoin e i prestiti peer-to-peer sono più rischiosi delle alternative alla moneta esistenti” dieci anni fa.

Secondo alcuni osservatori si tratta di “una piccola tempesta in un ancor più piccolo bicchier d’acqua”, visto che il Bitcoin ha una capitalizzazione di mercato di circa 45 miliardi di dollari (un ventesimo di Apple e un decimo di Amazon, per fare paragoni con i big della Borsa Usa). Ma il suo nome, insieme a quello di pochi altri rivali, resta sempre sulla bocca degli operatori. Per diversi motivi: non è emesso da alcun Governo, può essere utilizzato senza l’intermediazione delle banche in transazione peer-to-peer, istantanee e tramite due parti qualsiasi. Senza contare che dall’inizio dell’anno il suo valore è salito da 1.000 a 3.000 dollari, attirando quindi l’interesse degli investitori. E non solo.

Nelle ultime ore a Londra è stato infatti arrestato un uomo che aveva allestito, proprio nel centro della City finanziaria, una “boiler room” (una sorta di call center con pratiche particolarmente aggressive) attraverso la quale convinceva i clienti contattati a investire in una criptovaluta inesistente. E’ stato scoperto da una denuncia arrivata all’Action Fraud, il servizio istituito in Gran Bretagna proprio per contrastare frodi e crimini telematici e che in pochi mesi ha già registrato nove denunce per perdite complessive per le vittime pari a 160.000 sterline.

Ma il fenomeno ha preso abbondantemente piede anche in Italia, con le storture del caso. E’ recente la multa dell’Antitrust alle società promotrici della criptomoneta OneCoin, sanzionate per 2,6 milioni di euro per “vendita piramidale e promozione ingannevole“. In particolare, spiegava il Garante, l’attività promozionale era “incentrata sulla promessa che il consumatore potesse ottenere i OneCoins (attraverso un processo di trasformazione della moneta grezza denominato mining) e che successivamente tali monete virtuali avrebbero incrementato il loro valore in ragione della loro diffusione, tutti elementi che non hanno trovato riscontro nel corso del procedimento”. E quindi la proposta commerciale di One Life, “era basata sulla prospettazione, falsa, di ingenti guadagni”.