Brunella Tajani si racconta a Interris.it: tra famiglia, fede e volontariato

L'intervista di Interris.it a Brunella Orecchio Tajani che ha visitato la "Casa tra le nuvole di Papa Francesco", struttura dell'apg23 che accoglie vittime della prostituzione coat

Una visita commovente e arricchente. Così Brunella Orecchio ha descritto l’esperienza che ha vissuto insieme al marito, il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani, a Fabriano in provincia di Ancona. I due coniugi si sono recati in visita alla “Casa fra le nuvole di Papa Francesco”, della Comunità Papa Giovanni XXIII, su invito di don Aldo Buonaiuto, responsabile della struttura. Lì hanno avuto modo di incontrare le giovani donne salvate dal racket della prostituzione schiavizzata, hanno ascoltato le loro testimonianze e le loro speranze per il futuro. Una giornata che è proseguita con l’evento organizzato presso la Collegiata di San Nicolò di Fabriano, il cui parroco è don Aldo, dove In Terris ha conferito al vicepremier Tajani un riconoscimento per “il suo impegno ai vertici istituzionali italiani e internazionali” che “testimoniano come la pace vada difesa e costruita giorno dopo giorno”.

L’intervista

Signora Brunella insieme a suo marito, Antonio Tajani, in visita alla “Casa fra le nuvole di Papa Francesco” della Comunità Papa Giovanni XXIII. Quali emozioni ha provato?

“Vedere delle donne e delle giovani ragazze ridotte in quello stato dalla cattiveria e dalla non considerazione della persona da parte degli uomini che le hanno sfruttate è stato veramente commovente. Allo stesso tempo, suscita una sorta di rabbia, di impotenza di fronte a delle situazioni di questo tipo. Nella mia vita ho sempre sentito la necessità di mettermi a disposizione degli altri, fin da quando ero piccolina. Vedendo queste giovani vittime, mi sono sentita in dovere di fare qualcosa, di diventare loro amica, parlare con loro in modo da provare ad alleviare un dolore che non è facile da dimenticare. Tornando a casa, ho portato con me il dolore di queste ragazze, ma mi sono sentita arricchita”.

Lei è una mamma, cosa direbbe a chi ancora oggi, propone di legalizzare una piaga come quella della prostituzione schiavizzata?

“Io lo dico molto sinceramente, sono molto contraria. Questo perché prima di tutto sono molto credente, inoltre penso che questo mercimonio sia veramente un non rispettare la persona. Questo al di là del fatto che io sono convinta che noi siamo teche dello Spirito Santo. Sono contraria anche alla sfruttamento di quelle donne che vengono trattate come se fossero delle incubatrici. Io mi sono poi sempre chiesta: questi bambini chi li difende? Questi piccoli nascono da una mamma che sicuramente soffrità nel momento del distacco. Non si può pensare che si porti in grembo un piccolo per nove mesi e poi la donna se ne possa disfare come se si trattasse di un pacco. Questo è il mio pensiero e lo dico proprio da mamma. Inoltre, indurre una donna a fare questo per poi guadaganare dei soldi significa portarla su un baratro, sia a lei sia al bambino che subisce questo abbandono. Al di là di tutto, io mi sento molto dalla parte dei bambini che sono costretti a subire dei percorsi che  non possono scegliere”.

Lei ha sostenuto il trasferimento di un giovane libanese, Ghadi, che ora è in Italia lottando contro un tumore raro: quali emozioni e riflessioni nel vederlo sul palco a premiare le dottoresse dell’Associazione Generation Aid?

“Ho conosciuto questo gruppo di dottoresse (Lucia De Conno, Lucia Carucci e Nadia Federici) che opera in Libano e ho capito la bontà e l’onestà dei loro intenti. Mi sono messa immediatamente a disposizione per poter fare qualcosa. Le dottoresse mi hanno espresso il desiderio di poter aiutare questo ragazzo e io mi sono attivata. Vederlo su quel palco, durante l’evento organizzato da Interris.it a Fabriano a cui io e mio marito abbiamo preso parte, è stata un’emozione grande. Essere riusciti ad aver riunito tutta la famiglia e dare così maggior conforto a questo giovane è stato il risultato più grande. Mi auguro che lui possa migliorare, continuando a combattere questo tumore molto raro. All’evento lui mi ha porto un mazzolino di fiori, ci siamo abbracciati. Sono momenti che ti riempiono molto”.

Lei e il presidente Tajani siete sposati dal 1989. Cosa significa essere la moglie di un uomo così fortemente impegnato in politica?

“Non è facile, devi condividere nel bene e in situazioni più difficili, quindi devi fare squadra. Io ho lasciato il mio lavoro per poter stare con i miei figli per sostenerli anche durante le assenze del papà. Devo dire la verità, non perché sia mio marito, ma lui è una persona estremamente seria sia nei comportamenti sia negli intenti. Non abbiamo mai avuto modo di discutere su questioni principi fondamentali, ci siamo sempre trovati moltissimo e su questi valori abbiamo gettato le fondamenta della nostra famiglia”.

Proprio partendo da questo punto, i giovani di oggi, cosa dovrebbero imparare riguardo al matrimonio? Di quali valori dovrebbero riscoprire l’importanza? 

“Io ho insegnato per tanti anni e quando entravo nelle classi, a volte, si affrontavano tematiche come il futuro, sul matrimonio. Io ho sempre detto di essere consapevoli e di dare un peso importante a un passo come quello del matrimonio. Una scelta da affrontare con consapevolezza e non con leggerezza. I giovani di oggi non sono aiutati ad approfondire che cosa vuol dire la parola amore, un termine molto inflazionato, contornato da gesti plateali ma che non hanno fondamenta solide. Bisogna essere prudenti, capire se la persona con cui si è deciso di intraprendere un cammino è quella giusta, bisogna conoscersi. Ci deve essere la voglia di amare, ma con la ‘a’ maiuscola. a volte assistiamo, oggi, ad una banalizzazione di quei valori che in passato, invece, erano molto importanti”.

Lei e suo marito siete credenti. Quale posto occupa la fede nella vostra vita? 

“La fede nella nostra vita è fondamentale. E’ un faro che ci dà la capacità di discernimento, ci fa capire dove c’è il male e dove c’è il bene. Ci aiuta a sopportare i momenti complicati e di dolore e ci permette di affidare queste difficoltà alle mani di Nostro Signore, un amico sempre presente. Io faccio catechismo ai ragazzi, soprattutto a quanti si apprestano a ricevere il sacramento della Cresima: sono giovani molto intelligenti ma non hanno chi trasmette loro questi valori, altrimenti avremmo una gioventù più indirizzata su quelli che sono i binari giusti. La fede per noi è fondamentale, l’abbiamo trasmessa ai nostri figli e cerchiamo di testimoniarla ogni giorno con la nostra vita e i nostri comportamenti”.