Vendita delle armi: l'Italia a due facce

L'ultimo rapporto SIPRI, l'Istituto Nazionale di Ricerche sulla Pace con sede a Stoccolma, ha tracciato la mappa della produzione degli armamenti. Se gli Stati Uniti si confermano primi nella produzione d'armi, la Cina guadagna il secondo posto, sebbene l'Istituto ammetta che i dati in possesso sulla produzione dell'Impero Celeste potrebbero essere incompleti e rappresentare una “stima per difetto” a causa della “mancanza di trasparenza nei dati relativi alle vendite di armi delle compagnie cinesi del settore”. Interris.it ha chiesto un commento a Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell'Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo

Quali sono i punti di novità del nuovo rapporto?
“Il dato nuovo del rapporto Sipri è relativo alle prime stime atteindibili della produzione ed esportazione di armi in Cina. Per lo scorso anno si stimano 3.700 miliardi a livello globale (cifra cresciuta in maniera esponenziale). Le spese in armi superano gli aiuti allo sviluppo per i Paesi più poveri, che nel compresso rasentano il 7-8% della spesa militare. Quello che preocccupa è, invece, l'aumento epsortazioni delle armi a livello mondiale, di cui circa un terzo indirizzato al Medio Oriente”.

Ma è opportuno fare stime considerando periodi più lunghi?
“Sì. Nell'ultimo quinquennio siamo arrivati al 35% di esportazioni di armi verso il Medio Oriente. Questo dato è a livello mondiale, perciò considera anche i Paesi europei. In Ue i dati dell'esportazione sono analizzati per singoli Paesi, non globalmente. Secondo i dati della relazione presentati in base alle legge 185/90, sappiamo che il 48% delle esportazioni armamenti è diretto verso il Medio Oriente e il Nord Africa. In testa ci sono Francia, Germania, Gran Bretagna, Spagna, Italia e Olanda, tra i primi dieci Paesi esportatori al mondo”.

E Per quanto riguarda l'Italia?
“Il nostro Paese è dotatp della legge 185 del '90 che richiede trasperenza sulle esportazioni, ma la documentazione è spesso fatta in modo tale che non si riesce a intuirne il volume. Il Paese porta una contraddizione in sé, perché da un parte c'è un impegno negli accordi di Disarmo internazionale, dall'altra il Paese sigla accordi internazionali per poter facilmente aggirare la legge. Lo stesso Mattarella, quando non era capo dello Stato, disse che era un modo di aggirare la legge. Basta che il Parlamento firmi un accordo di cooperazione militare. Cerano 50 o 60 Paesi che avevano accordo allora. L'ultima relazione ne identifica 80 clienti a livello internazionale con acquirenti raddoppiati, rispetto a 25, 30 anni fa”.