Maxi retata contro i “tombaroli”: 23 arresti e 80 indagati

Prosegue senza sosta l'impegno dei Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale (Tpc) nel recuperare reperti ed opere d'arte sottratti illecitamente. Il bilancio dell'ultima operazione, denominata “Achei”, ha portato all'esecuzione di ben centotre misure cautelari in Italia e di 80 perquisizioni, quattro delle quali all'estero: Regno Unito, Germania, Francia e Serbia. Due persone sono finite in carcere: si tratta, scrive quotidianodelsud.it, di Giorgio Salvatore Pucci, 58 anni di Cirò Marina (in provincia di Crotone) e di Alessandro Giovinazzi, 30 anni di Scandale (sempre nel cretonese). Altri 21 sono agli arresti domiciliari: Crotone (13 persone), Milano (2), Perugia (2), Catanzaro (1), Benevento (1), Fermo (1). Mentre sono 80 gli iscritti nel registro degli indagati. Sono tutti accusati di danneggiamento del patrimonio archeologico dello Stato, impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato, ricettazione ed esportazione illecita.

Operazione Achei

I provvedimenti sono stati emessi dal gip del Tribunale di Crotone, l'operazione è stata eseguita dai militari del Tpc, al Comando del Capitano Bartolo Taglietti, con il coordinamento di Europol ed Eurojust. Oltre 350 gli uomini dell’Arma impiegati, che hanno operato in territorio italiano ed estero, congiuntamente agli investigatori della Metropolitan Police di Londra, della Polizia criminale del Baden Wùrttemberg, dell’Ufficio Centrale di Polizia francese per la lotta al traffico internazionale di Beni culturali e del Servizio Serbo per la lotta alla criminalità organizzata. Al centro delle indagini, coordinate dalla procura di Crotone, le attività di una holding criminale che, da tempo, gestiva un ingente traffico di beni archeologici frutto di scavi clandestini in Calabria e destinati anche all'illecita esportazione all'estero. L'inchiesta, avviata nel 2017 e conclusa nel 2018, ha preso il via da una serie di accertamenti conseguenti ad alcune acquisizioni info investigative, a seguito delle quali veniva riscontrata la presenza di numerosi scavi clandestini all’interno di varie aree archeologiche e ha permesso di recuperare numerosi reperti archeologici per un valore di diversi milioni di euro. Quella che i magistrati definiscono “Criminalità Archeologica Crotonese”, era radicata nella provincia di Crotone (prevalentemente nel territorio di Isola di Capo Rizzuto) ed era capace di alimentare i bilanci di interi nuclei familiari. Una struttura piramidale in cui i ruoli di ciascuno erano ben definiti. Per gli investigatori, ai vertice dell’organizzazione criminale c’erano Giorgio Salvatore Pucci, 59 anni di Cirò Marina, e Alessandro Giovinazzi, 30 anni di Scandale, entrambi cultori di archeologia e conoscitori dei luoghi in cui reperire materiale archeologico da introdurre illecitamente sul mercato. “I componenti del gruppo – si legge nel comunicato stampa – utilizzavano un linguaggio criptico (“appartamenti”, “asparagi”, “motosega”) per eludere eventuali indagini e avevano in dotazione sofisticati strumenti elettronici per la ricerca dei metalli nel sottosuolo (facevano spesso ricorso all’impiego del minilab, tra i cercametalli più potenti in vendita). In una circostanza l’attività di scavo è stata interrotta dall’intervento dei Carabinieri della Compagnia di Crotone (su input dei colleghi del Nucleo Carabinieri TPC di Cosenza), che ha sorpreso in flagranza di reato alcuni membri dell’organizzazione. Significative, infatti, sono le immagini realizzzate, mediante l’utlilzzo di un drone, che testimoniano la violenza con cui un’area di interesse archeologico il gruppo criminale ha operato degli scavi clandestini, con pietoso violenza, scagliando colpi al suolo attraverso l’utilizzo di un escavatore, nell’ingordo intento di sottrarre quanto di più prezioso il sottosuolo ancora custodiva”.