Interruzione di gravidanza e controllo delle nascite

Papa

Accettare una gravidanza, inattesa o non pienamente voluta, pone repentinamente la madre e il padre (se lasciati soli o male informati) di fronte ad un cambiamento difficile e apparentemente complesso. Il bambino che si forma ha di fronte a sé un mondo che potrebbe rifiutarlo ritenendo il suo diritto alla vita inferiore rispetto a quello di scelta di chi è chiamato a ospitarlo nel suo grembo. La nascita potrebbe essere considerata come concepita nel momento “sbagliato”, un “errore” da cancellare. Espressioni che contribuiscono a far perdere di vista quello che dovrebbe essere un diritto inalienabile: la vita.

Questa “cortina” dei termini contribuisce in modo preponderante il mancato riconoscimento del feto quale persona umana. Molte locuzioni oggi utilizzate come la cosiddetta “interruzione volontaria della gravidanza” (ripreso dall’art. 1 della ll. 140/78) sostituiscono quei termini ben più significativi, ma scomodi come “aborto” che darebbero un’idea più cruda della realtà dei fatti.

Con la medesima “ambiguità” di significati pensiamo a “contraccettivo”, oggi troppo speditamente utilizzato. Semanticamente inizia ad assumere una valenza diversa: spesso si immagina tale parola correlata a un semplice mezzo per il “controllo della fertilità”, annullando il concetto più profondo che riassume in sé del valore proprio e relazionale della procreazione creando nei fatti una “manipolazione”. Viene preferito bloccare una funzione, una capacità biologica, attraverso i mezzi contraccettivi, piuttosto che diventare coscienti e consapevoli della propria fertilità regolandola naturalmente.

Paolo VI nella sua Enciclica, Humanee Vitae 25 luglio 1968 definisce in merito all’inscindibilità dei due aspetti, unione e procreazione che “[…] per la sua intima struttura, l’atto coniugale, mentre unisce con profondissimo vincolo gli sposi, li rende atti alla generazione di nuove vite […] Salvaguardando ambedue questi aspetti essenziali, unitivo e procreativo, l’atto coniugale conserva integralmente il senso di mutuo e vero amore e il suo ordinamento all’altissima vocazione dell’uomo alla paternità”.

Una definizione scientifica del termine “contraccettivo” la ritroviamo nel sussidio n. 5 del testo edito dal Movimento per la Vita dal titolo “fertilità umana, bene prezioso da conoscere e valorizzare responsabilmente”: «La contraccezione è un mezzo di controllo della fertilità, che non impedisce soltanto l’incontro dello spermatozoo con l’ovocellula ma possiede, in alcuni casi, altri meccanismi di azione che risultano farmacologicamente abortivi». In altri termine viene contrastata la acceptio, cioè l’accoglienza.

Nasce il problema semantico della definizione in ambito anzitutto culturale e procedurale, riconducendo l’aborto al termine “contraccezione”. Realisticamente, una volta avvenuto il “concepimento” non si può più parlare di contraccezione e i vari farmaci che vengono sostenuti, che “bloccano” l’impianto dell’embrione nell’utero dovrebbero avere una connotazione non più definita anticoncezionale, ma abortiva. Sul tema il Consiglio di Stato ha emesso un’ordinanza n.4057/2014, tesa a verificare quanto occorso. Nulla di scontato anche sul piano scientifico. Non vi è dubbio che una buona regola è che quando non vi è certezza assoluta sull’azione del composto dovrebbe prevalere il principio di estrema precauzione. Invece la babele della confusione, presunta o indotta, è solo aumentata.

Per ora attendiamo che su questo dilemma Palazzo Spada si pronunci. In attesa di ciò, o in alternativa, sarebbe necessario o sufficiente rifondare la propria vita avendo nel “cuore” le giuste priorità con la corretta scala di valori. Va considerata “l’adeguata moralità degli atti”, Giovanni Paolo II nella lettera enciclica, Veritas Splendor del 06 agosto 1993 n. 72 rileva che: «L’agire è moralmente buono quando le scelte della libertà sono conformi al vero bene dell’uomo […] (Mt 19,16) mette immediatamente in luce l’essenziale legame tra il valore morale di un atto e il fine ultimo dell’uomo […] che la via al fine è segnata dal rispetto delle leggi divine che tutelano il bene umano. Solo l’atto conforme al bene può essere via che conduce alla vita».

Davide Rizzo
Delegato nazionale Mpv
Presidente Mpv Marche, Cav Marche (FederVitaMarche)