Spreco Zero: per un’economia circolare e uno sviluppo sostenibile

L'intervista di Interris.it ad Andrea Segrè in occasione della Giornata Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare

spreco alimentare
A sinistra il professore Andrea Segrè. Foto di Anita Jankovic su Unsplash

Lo spreco alimentare è una cattiva pratica che nel nostro Paese sembra essere in aumento. Si tratta dell’insieme dei prodotti scartati dalla catena agroalimentare, che per ragioni economiche, estetiche o per la prossimità della scadenza di consumo, sono destinati ad essere eliminati, provocando un forte impatto economico ed ambientale. 

Spreco Zero 

Nata nel 2010 è l’unica campagna permanente di sensibilizzazione in Italia sul tema dello spreco alimentare. Promossa da Last Minute Market e realizzata in stretta partnership con il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energica e i progetti Reduce e 60 Sei Zero, Spreco Zero è diventato un movimento di pensiero e un valido strumento che permette di individuare obiettivi per promuovere le buone pratiche di prevenzione degli sprechi alimentari, la riduzione degli sprechi di acqua ed energia, la mobilità sostenibile, la prevenzione dei rifiuti, la riduzione del consumo di suolo, l’economia circolare e la sana alimentazione. 

L’intervista

In occasione della Giornata Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare, giunta alla sua undicesima edizione, dal tema “Make the difference. Stop #foodwaste”, Interris.it ha intervistato il professore Andrea Segrè, fondatore di Last Minute Market-impresa sociale, ideatore della campagna Spreco Zero e direttore scientifico dell’Osservatorio Waste Watcher International on Food and Sustainability. 

Professore, gli italiani sono spreconi?

“L’Osservatorio Waste Watcher International dimostra che nel 2024 la situazione sta peggiorando. Nelle nostre case il cibo ogni giorno buttato nella spazzatura è passato da 75 a quasi 81 grammi pro capite, ovvero si regista il 7,45% di spreco in più rispetto a un anno fa. Inoltre, viene mostrato che si spreca di più nelle città e nei grandi Comuni (+ 8%) e meno nei piccoli centri. Lo spreco poi, colpisce maggiormente le famiglie senza figli (+ 3%), i consumatori a basso potere d’acquisto (+ 17%), e il sud del nostro Paese (+ 4%)”. 

Quali sono le conseguenze che lo spreco alimentare ha sul ceto meno abbiente?

“Esiste una stretta connessione fra inflazione e insicurezza globale da un lato e ricaduta sociale dall’altro, fra potere d’acquisto in calo costante e le conseguenti scelte dei consumatori che purtroppo non vanno in direzione della salute personale e dell’ambiente. L’effetto inflazione ha amplificato un fenomeno già presente nei ceti più poveri, ovvero quello di scegliere del cibo low cost con il forte rischio di abbassare anche la qualità e il valore nutrizionale degli alimenti stessi. Inoltre, questo cibo è spesso anche di facile deterioramento e questo aspetto comporta un aumento degli alimenti sprecati, con un aggravio degli stessi costi ambientali”. 

L’Osservatorio Waste dall’Osservatorio Waste Watcher International ha ideato un’app chiamata Sprecometro. Di cosa si tratta e a che cosa serve?

“Questo strumento consente di misurare in grammi lo spreco alimentare di ognuno seguendo un diario giornaliero e di trasformare il peso in impatto economico (Euro) e ambientale (H20 e CO2). In base ai risultati delle rilevazioni, fornisce dei contenuti didattici che hanno l’obiettivo di stimolare comportamenti, volti alla riduzione dello spreco alimentare e all’adozione di diete sane e sostenibili. Inoltre, l’app permette ad ogni persona che la utilizza di fissare degli obiettivi di riduzione dello spreco in linea con l’Agenda Onu per lo sviluppo sostenibile, di confrontarsi con altri utenti e di calcolare i dati aggregati di impatto economico e ambientale per valutare i progressi del singolo o del gruppo di riferimento”.

C’è una proposta di legge per rendere obbligatorie le doggy bag nei ristoranti. Cosa ne pensano i consumatori? 

“I dati dell’Osservatorio Waste Watcher International rilevati per FIPE/Confcommercio dimostrano che un italiano su due chiede di trovare la doggy bag di default al ristorante, mentre uno su tre consiglia di dotarsi di bag riutilizzabili ed eco-compatibili, in modo di abbattere anche i costi della confezione, che se fosse a monouso finirebbe per gravare sulle tasche o del commerciante o del consumatore. Inoltre, il 26% suggerisce ai ristoratori di fornire un opuscolo con consigli per il consumo a casa degli avanzi e per la creazione di nuovi piatti a partire da questo cibo. Infine, credo sia cosa buona non chiamarladoggy bag’ (borsa per il cane) in quanto si rischia di togliere valore al gesto del recupero del cibo e a tal proposito di usare il termine ‘family bag’”.