Conflitto in Mar Rosso: a rischio 2,7 miliardi di “pummarola” made in Italy

Il dottor Lorenzo Bazzana di Coldiretti parla ad Interris.it della situazione che sta colpendo le esportazioni agroalimentari italiane dirette in Asia

Pomodoro - Bazzana
A destra il dottor Lorenzo Bazzana. Foto di Dennis Klein su Unsplash

Gli attacchi del gruppo armato degli Houthi contro le navi nel Mar Rosso mettono a rischio circa 270 milioni di esportazioni di “pummarola” made in Italy dirette in Asia. Le navi infatti per evitare il canale di Suez, sono costrette a circumnavigare l’Africa, allungando la rotta marittima, con il conseguente aumento dei tempi di percorrenza e dei costi di assicurazione. Questi rialzi a loro volta si riflettono sulla competitività del prodotto all’estero e comportano un aumento di prezzo che interessa anche le rotte non direttamente coinvolte.

Il pomodoro

I numeri parlano di un prodotto cardine della nostra cucina. In Italia infatti, sono circa 70 mila gli ettari coltivati a pomodoro da salsa in circa 7.000 imprese agricole, per una produzione di 5,4 milioni di tonnellate di prodotto destinata a polpe, pelati, passate, sughi e concentrati. Questi prodotti vengono poi consumati i Italia e in tutto il mondo con una valore totale delle esportazioni di 2,7 miliardi.

L’intervista

Quelli asiatici sono dei mercati di nicchia che apprezzano e ricercano l’eccellenza italiana. Per capire meglio l’entità di questo delicato fenomeno, scoppiato nelle ultime settimane in seguito al conflitto israeliano palestinese, Interris.it ha intervistato il dottor Lorenzo Bazzana di Coldiretti.

Dottor Bazzana, che valore ha il pomodoro nello scenario asiatico?

“Si tratta di un ingrediente fondamentale della dieta mediterranea, che rappresenta la cucina italiana in tutto il mondo. I mercati asiatici sono esigenti, da un lato non badano a spese, ma dall’altro puntano all’autenticità e alla freschezza dell’ingrediente. Per questo si rivolgono a noi e non ad altri competitor, che invece non potrebbero garantire un prodotto con le stesse caratteristiche del nostro”.

Noi parliamo di pummarola, ci sono anche altri alimenti interessati?

“Certamente sì, perché l’Italia è uno dei Paesi bandiera dell’esportazione agroalimentare in Oriente, dove, come già detto, viene considerata un’eccellenza a cui non si può rinunciare. Tra i prodotti esportati ci sono anche l’ortofrutta fresca, pari intono a un valore di un miliardo di euro, la pasta e i prodotti da forno per 800 milioni, dolci per altri 400 milioni e vino per oltre mezzo miliardo”.

A quanto ammonta l’export agromalimentare?

“Il cibo è diventato la prima ricchezza dell’Italia con un fatturato che, nonostante le tensioni internazionali, nel 2022 è stato pari ad oltre 60 miliardi di euro. Questa ascesa non sembra volersi arrestare e da una proiezione di Coldiretti il 2023 ha raggiunto il valore massimo di 64 miliardi, pari a una crescita del 6% rispetto all’anno precedente. Il principale mercato di destinazione dei prodotti agroalimentari italiani è l’Unione Europea, che assorbe circa i 2/3 del numero complessivo di esportazioni. Inoltre, l’agricoltura nazionale ha anche il primato di essere la più green d’Europa con la leadership Ue nel biologico dove operano 80mila operatori, con il maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute e con Campagna Amica, la più ampia rete dei mercati di vendita diretta degli agricoltori”.

Se la situazione nel Mar Rosso non si arresta, quali potrebbero essere le conseguenze?

“Il 90% dei prodotti diretti al mercato estero raggiunge i Paesi di destinazione per via marittima. Il fatto che molti di questi container debbano allungare la propria rotta può impattare molto pesantemente sopratutto sui prodotti deperibili come quelli dell’ortofrutta, che rischiano di arrivare a destinazione perdendo la freschezza desiderata. Questo problema, a lungo andare, potrebbe portare a perdere fette importanti di mercato che, non trovando più nella nostra filiera alimentare le caratteristiche ricercate, si rivolgerebbero altrove e per noi sarebbe poi difficile recuperare”.