India, in crisi una delle Sette meraviglie del mondo

Al Taj Mahal di Agra, il mausoleo indiano che, per la sua bellezza, fa parte delle Sette meraviglie del mondo moderno, calano in modo costante i visitatori stranieri. Un calo che ha destato non poche preoccupazioni negli operatori turistici e nella Sovrintendenza ai beni archeologici indiani. Secondo dati dell’Authority archeologica indiana, la vendita di biglietti a turisti stranieri per il monumento ha subito, una forte flessione negli ultimi tre anni. A fronte dei 790.000 visitatori del Taj nel 2012, il numero e’ sceso a 740.000 nel 2013 per ridursi del 6,8% a 690.000 nel2014. Si e’ trattato di una inversione di tendenza rispetto al2010-2012 che aveva segnato aumenti annuali dell’ordine del 10%. Di fronte a questa situazione, gli operatori del settore sostengono che le cause della diminuzione dei visitatori vadano ricercate in carenze infrastrutturali ed in episodi di violenza in cui sono rimasti coinvolti cittadini stranieri. Secondo Rajiv Tiwari, presidente della Federazione delle agenzia di turismo di Agra, “arrecano un grave danno gli episodi violenti in cui sono coinvolti turiste e turisti stranieri ed a cui viene dato risalto sulla stampa internazionale”.

E sempre parlando di cultura, dopo 7 anni di accuse e rivendicazioni, l’Australia restituirà un’antica e famosa statua di Buddha, datata II secolo d.C. e risalente all’epoca Kushan, l’opera era stata trafugata e venduta alla National Gallery of Art (Nga) di Camberra. Per la restituzione fondamentale è stato l’incontro tra il Primo ministro indiano Narendra Modi e la sua controparte Tony Abbott, avvenuto nel settembre scorso. Già durante il summit, il premier australiano aveva restituito a New Delhi due statue dell’11mo secolo, una di Shiva Nataraja e una di Ardhanariswara, come segno di miglioramento dei rapporti diplomatici. Scolpito in pietra rossa e originario della regione di Mathura, in Uttar Pradesh, il Buddha di epoca Kushan era stato venduto nel 2008 alla Nga dal miliardario newyorkese Ros Packer. L’uomo aveva ingannato il governo australiano, facendogli credere di aver acquistato l’opera da un collezionista inglese con base a Hong Kong, le indagine condotte hanno poi rilevato che in realtà, il miliardario aveva acquistato due Buddha Kushan da un trafficante di opere d’arte.