Maria Serena Bonazzi: “I barconi dei migranti: la croce che mettiamo sulle spalle di Cristo”

L'intervista di Interris.it a Maria Serena Bonazzi Del Poggetto, membro della Comunità Papa Giovanni XXIII, che da due anni vive in Grecia in una casa famiglia che accoglie migranti

Foto Vatican Media

“Partecipare agli Incontri del Mediterraneo è stato molto bello, si è respirato un clima di fraternità, di speranza, consapevoli delle sfide che ci attendono ma con la voglia di impegnarsi perché ci sono tanti segni positivi che possiamo far fruttare. I giovani e i vescovi presenti hanno mostrato la voglia di camminare insieme per un bene comune”. Così Maria Serena Bonazzi Del Poggetto, membro della Comunità Papa Giovanni XXIII fondata dal Servo di Dio don Oreste Benzi, intervistata da Interris.it ha descritto l’esperienza degli Incontri del Mediterraneo vissuta a Marsiglia e la sua vita in una casa famiglia in Grecia dove vive con altri membri dell’Apg23.

Maria Serena agli Incontri del Mediterraneo

La strage di Lampedusa nel 2013

Il 3 ottobre 2013 un’imbarcazione proveniente dalla Libia è affondata a poche miglia dal porto di Lampedusa. Il naufragio ha provocato 368 morti accertate e circa 20 dispersi: una delle più gravi catastrofi maittime nel Mar Mediterraneo. L’imbarcazione era un peschereccio lungo circa 66 piedi (20 metri), salpato dal porto libico di Misurata il 1º ottobre 2013, con a bordo migranti di origine eritrea ed etiope. La barca era giunta a circa mezzo miglio dalle coste lampedusane quando i motori si bloccarono, poco lontano dall’Isola dei Conigli. Per attirare l’attenzione delle navi che passavano, l’assistente del capitano ha agitato uno straccio infuocato producendo molto fumo. Esso ha spaventato parte dei passeggeri, i quali si sono spostati da un lato dell’imbarcazione stracolma, che si è rovesciata. Secondo le dichiarazioni di alcuni sopravvissuti, il barcone avrebbe avuto a bordo 518 persone.

L’esperienza di Maria Serena

Maria Serena è stata scelta per parlare a Marsiglia davanti a Papa Francesco: “Un onore, ero molto in ansia. Ho parlato di ciò che ho vissuto in questi giorni e della mia vita in Gregia – spiega -. Quando ero davanti al Papa ero molto emozionata, mi sembrava di essere in una bolla, ma allo stesso tempo è stato tutto molto spontaneo, le parole hanno fluito”. Maria Serena vive da due anni in Gregia, in una casa famiglia dell’Apg23 che accoglie migranti. Ha conosciuto l’associazione grazie ad un’esperienza con gli scout nella Capanna di Betlemme di Forlì, ma tutto sembrava essere finito lì. “Io ho sempre sentito molto forte l’esperienza della missione, tanto che nel 2018 sono partita con l’Apg23 per la casa di Villa Reza, in Brasile. Mi ha molto colpito la ‘pastorale di strada’. Rientrata in Italia ho voluto dare un proseguio a questo percorso e sono tornata alla Capanna di Forlì – racconta Maria Serena -. Nel 2021, finito il periodo più complicato legato alla pandemia, volevo partire nuovamente per la missione, il mio sogno era andare in Africa, ma a causa delle restrizioni legate alla pandemia era possibile viaggiare solo all’interno dei confini dell’Europa”. Dopo un mese e mezzo a Lesbo è rientrata in Italia, ma vivere la missione era nel cuore di Serena. Così, dopo un breve periodo torna in Grecia, ad Atene, dove condivide la sua vita con chi affronta i cosiddetti viaggi della speranza per raggiungere le coste dell’Europa in cerca di un futuro migliore.

La cassa famiglia di Atene dove Maria Serena vive da due anni

Condividere la vita con i migranti

“Chi arriva da noi mostra due aspetti. Da un lato la sofferenza: quella che hanno vissuto nel loro Paese, durante il viaggio estenuante, ma che provano ancora oggi dopo essere arrivati in Grecia. Il sistema di accoglienza greco è molto più ‘severo’ di quello italiano – spiega -. Ma allo stesso tempo comunicano molta speranza e resilienza: nonostante gli orrori che hanno vissuto non hanno perso la capacità di sognare: cercano un lavoro, di iniziare una vita migliore, sperano di formarsi una famiglia. Sono loro che mi stanno insegnando a vivere una fraternità vera, ossia lasciare che l’altro entro nella tua vita e viceversa, sentirsi davvero fratelli, figli di un unico Padre. E’ una delle rivoluzioni che il Vangelo ci chiama a vivere“.

Il mare sia elemento di unione, non una barriera

“Quando respingiamo gli altri, quando chiudiamo le porte, costruiamo i muri, chiudiamo le porte non solo ai nostri fratelli ma anche a Dio”, è una delle frasi pronunciate a Marsiglia di fronte al Papa da Maria Serena che spiega come il Mediterraneo sia sempre stato luogo di scambi, di civiltà, di persone in movimento. Il mare unisce le sponde, non divide – aggiunge -. E’ brutto vedere come stia diventando una barriera. Respingere o lasciar morire le persone in mare è un crimine contro l’umanità. Sono tante le persone che hanno perso la vita nel Mediterraneo, tante muoiono ancora oggi, ma sembra che non ci sia la volontà di dare una vera risposta. E’ abbastanza evidente che le politiche di chiusura, di costruzione di muri non stanno funzionando e mettono a rischio la vita di moltissime persone”.

Accogliere l’altro come un fratello

Papa Francesco più di una volta ha denunciato come il Mar Mediterraneo sia diventato un cimitero. “I giovani devono diventare messaggeri di fraternità e speranza. Se non si spera in un futuro migliore non saremo in grado di muovere neanche un dito – aggiunge -. Dobbiamo saper accogliere l’altro come un fratello. Il Papa a Lesbo ha detto: ‘Chi respinge i poveri, respinge la pace’. Quando respingiamo gli altri, quando chiudiamo le porte, costruiamo i muri, chiudiamo le porte non solo ai nostri fratelli ma anche a Dio. Dovremmo essere capaci, invece, di riconoscere Dio nell’altro e quindi accoglierlo“.

La “nuova” croce che mettiamo sulle spalle di Cristo

Maria Serena, parlando con Interris.it, ha spiegato come secondo lei il fenomeno migratorio sia la conseguenza di una crisi di giustizia nel mondo. Risolvendo le altre crisi (guerre, povertà, persecuzione, cambiamenti climatici) si troverebbe una soluzione anche al temma dei flussi migratori. “Ma fino a quando non accadrà questo, cosa facciamo? Lasciamo morire le persone in mare?”, chiede Maria Serena che conclude: “In tutti quei migranti che muoiono in mare vedo Gesù. Penso che quei barconi sono la nuova croce che stiamo mettendo sulle spalle di Cristo”.