Un “santuario a cielo aperto” per liberare le schiave

Il gruppo Goel di Perugia celebra il suo ventesimo anniversario: il Rosario recitato in strada per chiedere la liberazione delle donne vittime del racket della prostituzione schiavizzata

E’ arrivata anche Anita, è venuta pregare con noi. La prima cosa che mi ha detto è stata questa: ‘Ho bisogno di un lavoro’. Dobbiamo pregare per lei perché trovi il coraggio di lasciare questa strada e anche per tutte le altre sorelline sfruttate come lei e rese schiave. Noi, da venti anni, abbiamo consumato questo parcheggio, accendiamo la fiaccola il primo sabato di ogni mese e prima della pandemia. Questa sera viviamo questo anniversario in un santuario a cielo aperto, con la presenza di Maria nel nostro cuore. Questa immagine ha attirato anche tante sorelle, pensate che grazie a questo appuntamento del Rosario tante ragazze hanno trovato il coraggio di uscire dalla strada e adesso hanno una vita serena. Inoltre, questa preghiera sulla strada ha suscitato anche vocazioni alla vita consacrata, al sacerdozio; ci sono giovani che si sono conosciuti qui e poi sposati e oggi sono qui con i loro figli”. Sono le parole di don Aldo Buonaiuto, fondatore della nostra testata e sacerdote anti tratta della Comunità Papa Giovanni XXIII fondata dal servo di Dio don Oreste Benzi.

Al momento di preghiera, in quello che il sacerdote ha definito un “santuario a cielo aperto”, hanno partecipato famiglie, giovani, scout, suore e preti. Insieme a loro, i membri del gruppo “Goel”, nato proprio venti anni fa su ispirazione di don Buonaiuto. “Vent’anni fa qui in ogni metro, c’era una sorellina – continua il don -. C’era un veicolare impazzito di macchine, non potete neanche immaginare. Una notte, incontro una ragazza: indossava un giacchettino molto corto e nascondeva una mano. Era angosciata, triste – racconta -. Quando le ho chiesto come stava ha iniziato a piangere. Mi ha confidato di essere incinta, mi ha mostrato la mano, gonfia, tumefatta: un cosiddetto ‘cliente’ le aveva prima dato i soldi, poi per riprenderli le aveva schiacciato la mano nella portiera della macchina”.

Il significato di Go’el

Nella Bibbia il Go’El è colui che si mette dalla parte dell’oppresso e lo accompagna nel suo cammino di liberazione. Nel libro di Isaia, Dio è chiamato il redentore d’Israele, il Go-El e quindi il “Dio che riscatta, libera prigionieri”, poiché Dio redime il suo popolo dalla schiavitù. Nel cristianesimo, il titolo goel è applicato a Cristo, che redime i suoi credenti da ogni male offrendo se stesso come l’agnello pasquale. “Fra di voi, ci sono alcune persone che non si sono mai arrese a questa ingiustizia insopportabile – ha proseguito don Aldo -. Mettersi dalla parte degli ultimi, degli schiavi, degli oppressi, con l’aiuto della nostra Madre Santissima; lei ha fatto sì che potessimo perseverare, con tutti i nostri limiti: fino a quando ci sarà una sola ragazza sulla strada, ci saremo anche noi. Il Signore ci ha dato la grazia di perseverare, di continuare ad accendere questa fiaccola per supplicare la liberazione delle donne costrette a prostituirsi”.

La testimonianza di Nicola

Nel parcheggio del Pala Barton, a Pian di Massiano, un gruppo di volontari – il gruppo Goel – si ritrova per recitare il rosario sulle strade dove le giovani donne vengono obbligate a vendere il loro corpo. Insieme si prega con la speranza nel cuore che si possano spezzare le loro catene. “Ciao a tutti sono Nicola e sono qui con mia moglie Clorinda e mio figlio Giovanni. Faccio parte del Goel, un gruppo di preghiera che è nato proprio sulla strada – ha raccontato Nicola -. Quello che più mi ha colpito di questo percorso di fede, quando me ne hanno parlato, è stato il fatto che, oltra all’ascolto della Parola di Dio, si trattava di un cammino concreto che mi portava vicino agli ultimi per dare voce a chi non ce l’ha. Da papà e da sposo, penso che sia bello dare un segno, per far capire dove si possono trovare Gesù e Maria: qui, vicino a noi, al fianco degli ultimi – ha affermato -. Prego perché il Signore possa operare dentro di noi e ringraziarlo perché dopo venti anni siamo ancora qui a pregare affinché queste giovani donne siano liberate dalla loro schiavitù”.

Marina, mamma di una casa rifugio per vittime della tratta racconta la sua esperienza

La preghiera a Pian di Massiano si è svolta alla vigilia della Festa della Mamma. “Domani si festeggia anche la festa della mamma, preghiamo per tutte loro, invocando la Madre nostra, fiducia nostra – ha detto don Buonaiuto -. Ci sono delle mamme che sono chiamate a rigenerare nell’amore i figli in Cristo Gesù. Vicino a me c’è una di queste mamme che, oltre ai propri figli, ha aperto le braccia a tante ragazze che sono venute a rifugiarsi in una nostra casa. Questa pronta accoglienza verrà dedicata a Papa Francesco, perché proprio il Santo Padre ci ha aiutato a restaurarla dopo oltre 23 anni”. Marina ha raccontato la scelta fatta insieme a suo marito Sergio di lasciare il lavoro e le comodità della propria vita per diventare i genitori di queste figlie che hanno trovato il coraggio di scappare dai loro aguzzini e ricominciare una nuova vita. “Siamo qui per pregare la Madonna – ha detto Marina – affinché ci possa dare la forza per poter aiutare queste ragazze, ma soprattutto perché possa donare tanto coraggio a queste giovani donne che incontriamo sulle strade, il coraggio di ricominciare una nuova vita, un percorso difficile ma importante. Molte di loro sono riuscite, con il nostro aiuto, a tornare a una vita serena, altre restano con noi perché hanno ferite troppo profonde che non riescono a risanare. Oggi, dopo tanti anni, posso dire che questa scelta di vita per me è stata molto importante e ringrazio il Signore che mi ha chiamato a questa vocazione, non potrei mai farne a meno”.

L’incontro con Anita

Questa notte il cielo e la terra si uniscono e noi ne siamo parte. Vogliamo affidare alla Madonna tutte le nostre figlie, sorelle, amiche, donne, che si trovano sulle strade di questa città nella totale, spietata indifferenza. E con quella disumanità dove pensano, vogliono e chiedono che queste persone debbano stare qui, su queste strade, ma anche nei locali, negli appartamenti… in tanti luoghi al chiuso e all’aperto, a disposizione per soddisfare i ‘bisogni’ di nove milioni di maschi che durante l’anno pensano di avere il diritto di comprare il corpo di quelle ragazze che potrebbero avere la stessa età delle loro figlie o nipoti – ha detto don Aldo -. Scopriamo che ancora, di fatto, non c’è nessun interesse verso queste creature, se non quello di qualcuno che ci vorrebbe investire sopra, magari chiedendo allo Stato di diventare il ‘pappone’ con la regolarizzazione, diventare il ‘protettore’, come se una persona avesse mai bisogno di un aguzzino alle spalle – ha proseguito -. Qualcuno di noi è stato costretto a venire qui questa notte? ”. Don Aldo si è poi rivolto ad Anita che non sapeva che proprio sabato notte ci sarebbe stato il rosario. “Il Signore aveva sempre pensato che ci dovevamo incontrare questa notte”, ha detto il sacerdote rivolgendosi ad Anita. Da cinque anni la giovane ragazza di origini nigeriane è costretta a vendere il proprio corpo in quel parcheggio. I suoi genitori, come lei ha raccontato, sanno che lei lavora in un ristorante. “Il nostro sì questa notte ha composto la speranza di una nuova vita per lei. Come fai a non pregare per Anita? Io prego affinché lei trovi la forza di lasciare questo inferno per sempre e iniziare una nuova vita. Vogliamo pregare perché lei e le altre sorelle, possano abbandonare questo posto per sempre”.

Una luce nel buio della notte

Quelle fiaccole accese in quel parcheggio buio e umido, quelle voci che si uniscono per pregare il rosario, rappresentano una luce nel buio, l’alba dopo una notte di tempesta. Quella preghiera, espressione di quella Chiesa in uscita tanto auspicata da Papa Francesco, rappresenta una piccola goccia nel mare, ma come diceva Santa Teresa di Calcutta “quello che noi facciamo è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno”.

Papa Francesco ha scritto la prefazione del libro di don Aldo Buonaiuto “Donne Crocifisse, la vergogna della tratta raccontata dalla strada” (edizioni Rubbettino): “Qualsiasi forma di prostituzione è una riduzione in schiavitù, un atto criminale, un vizio schifoso che confonde il fare l’amore con lo sfogare i propri istinti torturando una donna inerme – si legge nelle parole scritte dal Pontefice -. E’ una ferita alla coscienza collettiva, una deviazione all’immaginario corrente. E’ patologica la mentalità per cui una donna vada sfruttata come una merce da usare e poi gettare. E’ una malattia dell’umanità, un modo sbagliato di pensare della società. Liberare queste povere schiave è un gesto di misericordia e un dovere per tutti gli uomini di buona volontà. Il loro grido di dolore non può lasciare indifferenti né i singoli individui né le istituzioni. Nessuno deve voltarsi dall’altra parte o lavarsi le mani del sangue innocente che viene versato sulle strade del mondo”.

Vedere così tanti giovani ritrovarsi in preghiera, il sabato sera nel buio della strada dello sfruttamento della prostituzione ci fa sperare che sia possibile cambiare una mentalità assurda e accecata dall’ignoranza. Passano gli anni e il fenomeno della tratta a Perugia e in tutta Italia non è stato debellato ma fino a quando ci sarà una fiaccola accesa forse non avrà il male l’ultima parola.