MONS. GALANTINO: TROPPI INTERESSI E POCHI PROGETTI NELLE SCELTE PUBBLICHE

Un caloroso applauso si è levato nella sala della Fiera di Rimini non appena il segretario generale della Cei, Nunzio Galantino, è arrivato per tenere il suo intervento al Meeting su ‘Il senso del limite è il fascino delle frontiere’. “Gli siamo molto grati per la sua presenza e gli siamo ancora più grati in questi giorni” dice il direttore di Tempi, Davide Perillo, presentando il prelato alla platea. Prima di entrare in sala il prelato ha trovato anche il tempo di scherzare con i fotografi, ai quali ha chiesto di ritoccare la sua immagine con photoshop.

“La diffusione del cristianesimo è l’evento che più ha rivoluzionato la storia del mondo. Credere in un Dio che soffre fino alla morte, che è il punto drammaticamente più alto del limite; e credere in un Dio che vince il male assumendo la debolezza altrui introduce una visione che stravolge per sempre le categorie attraverso le quali si pensa il divino. Il comandamento dell’amore porta a intendere gli ultimi non più come scarti, ma come persone da sollevare e delle quali condividere la sorte. Per questo l’ascolto della parola di Gesù, la meditazione del suo esempio, la contemplazione del mistero della Pasqua, forniscono una luce ineguagliabile sull’uomo e rappresentano un’antropologia del limite già compiuta e nella sua perfezione”.

Per monsignor Galantino, “il limite è nell’uomo un fattore propulsivo, in quanto genera il desiderio, che è il motore della volontà. Se l’uomo possedesse tutto, non cercherebbe nulla; se al contrario si scopre mancante, è mosso alla ricerca di ciò che non ha”. Per questo motivo, ha affermato, “l’assunzione del limite è un’occasione di rinnovamento individuale, ecclesiale e sociale”.

Anche la Chiesa è sollecitata, da un’antropologia del limite, a rinnovarsi nelle sue strutture, nelle dinamiche decisionali e nelle prassi concrete delle comunità”, ha aggiunto Galantino, per il quale “le comunità ecclesiali e le associazioni già sono, per il nostro tempo, un mirabile segno della presenza di Dio e della carità che da lui promana”. Tuttavia, ha riconosciuto il segretario della Cei, “ancora tanto dobbiamo fare nella via della testimonianza; tanto ancora dobbiamo crescere nel dar vita a dinamiche autenticamente evangeliche e libere, che manifestino in modo sempre più trasparente la carità da cui siamo stati raggiunti. Una Chiesa che fa del limite una risorsa assume lo stile missionario tanto invocato da Papa Francesco, divenendo sempre meno dispensatrice di servizi e sempre più ‘ospedale da campo’, chinata sugli ultimi, nei quali è racchiusa la più grande ricchezza, nei quali è presente lo stesso Signore, dai quali spera di essere accolta nel Regno di Dio”.

Come la Chiesa, anche “la vita del singolo deve essere rivista e ammodernata da una più forte presa di consapevolezza del proprio limite. Chi assume il limite – ha ribadito monsignor Galantino – lo sperimenta non solo come sofferenza, che è dimensione costitutiva dell’esistenza umana, ma anche come consolazione. ‘Beati gli afflitti’, insegna Gesù, a indicare la ricchezza offerta a chi colga la debolezza come possibilità di abbandonarsi al Padre. Una persona che fa del limite una risorsa, mette da parte l’istinto a difendersi dagli altri, si apre più facilmente alla condivisione e – per chi crede – trova nella preghiera la via di accesso ai beni più grandi”. Al suo arrivo questa mattina alla fiera di Rimini, monsignor Galantino che non ha voluto rilasciare dichiarazioni, ha scherzato con i giornalisti che lo attendevano all’ingresso: “Le foto vanno bene, ma poi aggiustatemi con Photoshop, mi raccomando”.

“È essenziale elaborare un’antropologia adeguata, senza la quale si sarà guidati da un’immagine distorta di ciò che siamo o dovremmo essere”. Secondo il segretario dei vescovi italiani “l’antropologia è l’elemento centrale e propulsivo del nostro operare, perché a partire da come pensiamo la persona umana e il modo in cui dovrebbe vivere, costruiamo, per quanto ci è possibile, un certo tipo di società e di esistenza individuale”. “In fondo – ha aggiunto, parlando a braccio – è stata questa l’intuizione che ha accompagnato in maniera decisa e criticamente fondata l’impegno della Chiesa italiana attraverso il Progetto culturale e, più specificamente, attraverso l’attenzione riservata alla ‘questione antropologica’ dal cardinale Camillo Ruini e ripresa ripetutamente dal cardinale Angelo Bagnasco”.

“Quel Progetto culturale, aveva preso sul serio gli esiti cui aveva portato un preciso momento storico-culturale: mi riferisco agli anni Settanta”. A partire dagli anni Settanta, ha spiegato Galantino, “abbiamo assistito a un radicale mutamento del paradigma antropologico, che ha contribuito a mettere al centro – talvolta enfatizzandola in maniera esclusiva – la libertà individuale, quasi rappresentasse l’unico vero valore. Questo dato viene oggi presupposto e assunto acriticamente, perché ritenuto del tutto evidente; ed è tacciato di essere retrogrado, repressivo e fuori dal tempo chi tenta di metterlo in discussione”. “Il relativismo che qui si manifesta – ha detto il segretario generale della Cei – vuole promuovere a tal punto la libertà individuale da non tollerare chi la intenda in altro modo, limitando la libertà altrui al fine di difenderla: autentica contraddizione e vero spirito post-filosofico, non razionale”.

Nel suo discorso anche un colpo, l’ennesimo, alla cattiva politica: “Le scelte pubbliche e individuali” nel nostro tempo – ha detto – “sono guidate per lo più dal perseguimento di interessi e fini immediati e poco meditati, dettati spesso dalla ricerca dell’utile e meno da un progetto consapevole e a lunga scadenza”.