Il valore del silenzio del Sabato Santo

Preghiera dinanzi al crocifisso. Foto: Fondazione Santa Rita da Cascia

Il Sabato Santo è un momento particolare nel calendario liturgico cristiano, un giorno di silenzio, di attesa e di riflessione profonda sulla morte di Gesù Cristo. Un silenzio che però non è un vuoto da colmare, bensì uno spazio sacro in cui si manifesta la presenza di Dio, che si tratta di cogliere facendo discernimento. C’è da chiedersi: “È Dio che fa silenzio oppure sono io, che sono incapace di cogliere che Dio mi parla anche in questo modo?”.

L’esempio di Sant’Agostino ci offre una prospettiva preziosa. Nel suo percorso di ricerca di amore e successo, Agostino sperimentò il silenzio di Dio come un invito alla conversione, anziché alla disperazione. Questo silenzio concede libertà all’uomo di sbagliare, mentre Dio continua a operare silenziosamente, come un balsamo, per far emergere la verità e la profondità del suo Amore.

Il silenzio diventa così un luogo privilegiato per la preghiera, dove possiamo ascoltare Dio e ascoltare noi stessi nei nostri bisogni più autentici e aprire il cuore all’adorazione: è “la piena cittadinanza del presente”, ha detto un predicatore contemporaneo. È uno spazio di connessione profonda con il Signore.

Ma come possiamo rimanere in silenzio davanti a Lui, quando siamo agitati da ansie, preoccupazioni o rabbia? Ho letto che un santo, quando andava a pregare, teneva a portata di mano una penna e un bloc-notes. Se un pensiero lo disturbava, se lo appuntava. Al termine della preghiera, ciò che aveva scritto poteva essere anche un suggerimento alla sua meditazione.

Il valore del silenzio del Sabato Santo, dunque, va oltre la semplice assenza di rumore: è un invito alla contemplazione, all’ascolto attivo e alla conversione. È un tempo in cui possiamo lasciare che il nostro cuore si apra alla voce di Dio e ai misteri della fede, preparandoci così a celebrare la Risurrezione di Cristo con rinnovata speranza e gioia.