San Antonio Abate: perché è considerato il patrono degli animali

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San Antonio Abate nacque nel 251 a Coma un villaggio vicino ad Eraclopoli, nel Basso Egitto sulla riva occidentale del Nilo. Considerato il fondatore del monachesimo cristiano e il primo degli abati. Alla morte dei genitori, vendette le sostanze paterne, assicurò i mezzi di sostentamento ad una sorella e distribuì tutti i suoi averi ai poveri. Si ritirò successivamente in un luogo vicino al suo villaggio per condurre vita eremitica, tutto dedito al lavoro, alla preghiera e alla lettura delle Sacre Scritture. In seguito si ritirò verso il Mar Rosso, sul monte Pispir, dove esisteva una fortezza romana abbandonata, era il 285 e qui il santo, vi rimase per quasi 20 anni.

Diffusasi la fama delle sue virtù, molti solitari si posero sotto la sua direzione, dando origine a due monasteri: uno ad Oriente del Nilo, l’altro sulla riva sinistra del fiume. Una testimonianza degna di fede sulla vita di S. Antonio e sul suo insegnamento è contenuta nella “Vita” scritta nel 357 da S. Atanasio di Alessandria ( 293-373), dove si narra, tra l’altro,  che abbia vissuto come eremita nel deserto egiziano nel III secolo d.C., dedicandosi alla preghiera, alla meditazione e alla lotta contro le tentazioni.

Al tempo della persecuzione dei cristiani da parte dell’imperatore Massimino il Trace (173 – 238), nel 311 Antonio lasciò la solitudine e si recò ad Alessandria per servire e incoraggiare i cristiani. Morì il 17 gennaio del 356 a 105 anni, e venne sepolto in un luogo segreto. In Italia si trova una reliquia del suo braccio a Novoli, un paese vicino Lecce ed è conservata nel santuario a lui dedicato. Il suo culto e la sua popolarità varcò ben presto i confini dell’Egitto e si diffuse nell’Oriente e nell’Occidente.

Fu venerato in modo particolare dal popolo che faceva ricorso a lui contro la peste, contro i morbi contagiosi e contro il cosiddetto “fuoco di S. Antonio”. Egli è considerato il patrono degli animali a causa della sua vita eremitica nel deserto e della sua connessione con gli animali durante quel periodo. Secondo la tradizione, mentre Sant’Antonio Abate viveva nel deserto, gli animali selvatici si avvicinavano a lui senza timore, manifestando un grande rispetto e obbedienza nei suoi confronti.

Si dice che abbia guarito animali malati e che le bestie feroci si siano addirittura inginocchiate davanti a lui in segno di rispetto. Sul sagrato di molte chiese il 17 gennaio, ancora oggi si benedicono gli animali domestici, solitamente il santo è raffigurato con accanto un maiale che reca al collo una campanella. Infine una curiosità legata a S. Antonio Abate, si invoca il santo, per ritrovare qualcosa che si è smarrito.