Riforma della riscossione: perché non è un regalo agli evasori

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Con il Consiglio dei Ministri dell’11 marzo scorso, la riforma del fisco comincia a prendere forma partendo dal settore della riscossione con l’approvazione in esame preliminare del Decreto Legislativo relativo. I punti principali che caratterizzano questa nuova impostazione sono la decadenza automatica dei ruoli non andati a esecuzione o rateizzazione dopo cinque anni dal loro affidamento e la possibilità di rateizzare fino a 120 rate mensili il dovuto se s comprovasse una reale difficoltà economica.

Dopo anni che si sente parlare di “fisco amico” questo sicuramente è un passo importante verso una minor conflittualità tra l’”universo tasse” e i cittadini, sicuramente non definitivo ma che permetterà un certo riordino della materia in seno all’organizzazione dello stato.

Certo nessuno si sognerebbe di dire che “le tasse sono bellissime”, come fece un ex ministro della Repubblica tanti anni fa seppur in un discorso ben più articolato, ma sicuramente introduce degli elementi di garanzia piuttosto importanti nel rapporto tra cittadini e stato e questo è sicuramente positivo. Quando, però, si va a toccare l’argomento, comunque lo si faccia, ci si espone a critiche di ogni genere soprattutto se si va a intaccare la retorica relativa all’evasione fiscale. Non mancano, infatti, commenti sui social e sui giornali relativi al «fare regali agli evasori» a seguito di una nuova e presunta sanatoria.

Ma è veramente così? La risposta, ovviamente, è no. Innanzitutto la possibilità di lunga dilazione dei pagamenti va a vantaggio sia di imprese e sie delle persone, che non rischieranno di dover versare in un’unica soluzione o in un tempo assai limitato il dovuto, con evidenti vantaggi sia dal lato della sostenibilità dei rimborsi e degli incassi da parte dell’Erario ma la cosa più rivoluzionaria è la decadenza automatica delle cartelle non riscosse dopo 5 anni che va a dare, da un lato, un impulso alla proattività da parte dei riscossori per la notifica e l’azione relativa ai crediti vantati dallo stato e dall’altra a ridurre l’alea rispetto alle possibili azioni da parte della riscossione che, spesso, sono state una spada di Damocle sulla testa di imprese e professionisti.

Ora non è che le cartelle si annullino tutte dopo cinque anni, ovviamente, ma solo quelle per cui non sia stata avviata alcuna azione di recupero, esecutiva o tramite rateizzazione da parte del debitore. In pratica si andrà a smaltire buona parte del “magazzino” fiscale oggi inesistente e composto, principalmente, da crediti inesigibili per via del decesso dei debitori o della loro situazione patrimoniale inconsistente o perché relativi ad aziende fallite o cessate.

Stando all’ultima audizione del direttore di Entrate e Riscossione, Ernesto Maria Ruffini, infatti si stima che solo un 8% dei crediti esistenti abbia una qualche probabilità di essere riscosso e ogni tentativo di incasso dei quel 92% di somme iscritte come credito fiscale si trasformerebbe solo in costi ulteriori per la collettività.

Si può capire, ovviamente, l’opposizione a provvedimenti similari da parte di quelle forze politiche che hanno fatto della retorica sull’evasione fiscale una delle loro principali armi propagandistiche, spingendo su una logica indignazione da parte di chi si senta vessato da imposte, tasse e balzelli vari rispetto a chi sia additato di non adempiere al suo dovere civico nella contribuzione al bilancio dello stato ma non si può negare che la razionalizzazione dei costi nel bilancio pubblico, prodromica a una riduzione della pressione fiscale, deve passare anche per una visione pragmatica dal lato della riscossione dei crediti e, come sarebbe auspicabile il taglio di quei balzelli il cui gettito non giustifica i costi di incasso, così bisogna avere il coraggio di rinunciare a qualsiasi azione di riscossione crediti che, alla fine, si tramuti in un reale danno erariale per via dell’impossibilità di rientrare nemmeno nei costi vivi del processo di riscossione. Non si tratta di un regalo agli evasori ma di un vero e proprio vantaggio per tutta la collettività.

Resta evidente che un’impostazione similare debba coniugarsi con una nuova disciplina nella gestione dei ruoli e delle cartelle che spinga alla tempestività nella notifica e nell’azione di riscossione che infatti è prevista con la possibilità di accedere ai dati sui conti correnti per poter effettuare dei pignoramenti mirati ma questa seconda parte resta ancora in sospeso in attesa del parere del Garante della Privacy che non è pacifico che sia positivo anche perché anche in presenza di una facoltà simile da parte della riscossione il modus operandi di chi operi tramite prestanome o che già progetti la propria insolvenza per frodare il Fisco, ad esempio, non cambierà di molto.

Ciononostante è evidente che questa piccola rivoluzione, unita alla riforma della giustizia tributaria dell’agosto 2022 che ha riportato l’onere della prova sulla fondatezza degli atti impositivi in capo all’amministrazione finanziaria e non più, come prima, un onere inverso sulle spalle del contribuente, spinga verso una normalizzazione nel rapporto tra autorità tributarie e cittadini per arrivare a una vera e propria riforma fiscale di cui questo è solo un tassello.