Riccardo Pacifici Commendatore: un'onorificenza che è anche memoria

Commendatore dell'ordine al merito della Repubblica italiana, nomina arrivata dal Presidente Sergio Mattarella in persona: un riconoscimento importante per Riccardo Pacifici, ex presidente della Comunità ebraica di Roma e, da pochi giorni, insignito di una delle più alte onorificenze concesse dal nostro Paese, a fronte di altrettanto importanti meriti civici ottenuti nel corso della sua attività a capo della Comunità, tra il 2008 al 2015. Un impegno costante che, alla fine, ha ricevuto la riconoscenza dello Stato italiano, concorde (la proposta risale al Consiglio dei ministri del 27 dicembre scorso) nel conferire a uno dei maggiori esponenti dell'ebraismo italiano il titolo di Commendatore in virtù di un'attività che, nel corso degli anni, lo ha visto in prima linea nella lotta alla xenofobia e all'antisemitismo, così come nella promozione del dialogo fra diversi credo.

La memoria di Riccardo Reuven

Un'onorificenza che lo stesso Pacifici, in un'intervista concessa al Corriere della Sera, ha commentato con commozione e riconoscenza, ammettendo come il titolo concesso dallo Stato rappresenti un omaggio alla memoria di suo nonno, Riccardo Reuven, rabbino capo della Comunità ebraica di Genova e, assieme a sua moglie Wanda, una delle innumerevoli vittime dell'Olocausto: “Fu nominato da Vittorio Emanuele III Cavaliere della Corona d’Italia – ha raccontato Pacifici – e poi, con le leggi razziste, perse i diritti civili e venne privato anche di quell’onorificenza… Infine fu prima torturato e poi trucidato ad Auschwitz”. Una sorte condivisa con milioni di altre persone, vittime della delirante apoteosi della follia umana e che rappresenta un monito costante per la società contemporanea costretta, nonostante la memoria degli orrori commessi, a confrontarsi con fin troppi rigurgiti di sentimenti antisemiti. Anche per questo, idealmente, il riconoscimento concesso a Pacifici rappresenta la riedificazione definitiva della memoria di Riccardo Reuven ma anche dei tanti che, al suo fianco, trovarono la morte oltre i cancelli di Auschwitz, quando la dignità degli uomini venne sepolta sotto la cenere dell'odio, assieme a tutti i frammenti che componevano le loro vite. Nel caso del Rabbino capo di Genova, persino un titolo concesso dal Re d'Italia finì nella polvere, calpestato da quelle leggi che Pacifici, anziché “razziali”, preferisce definire “razziste”.

Una storia che continua

Memoria ma anche proiezione al futuro, alle sfide dell'oggi, alla difesa della propria identità religiosa e culturale e del dialogo: c'è anche questo alla base di una nomina arrivata dopo alcuni anni di iter ma che il nuovo Commendatore chiama “bipartisan”, poiché conclusa sotto l'attuale governo da un'iniziativa lanciata da Maria Elena Boschi, all'epoca del suo sottosegretariato. La riprova di come, in nome della tutela di una memoria collettiva, valutazioni e remore politiche varie riescano a passare in secondo piano. La sua esperienza di presidente della Comunità ebraica l'ha conclusa ma per Pacifici l'impegno continua attraverso l'Executive Board dell’Israeli Jewish Congress, così come attraverso le attività della Fondazione Museo della Shoah. Alla base di tutto, però, resta la dedizione originaria, quella maturata a partire dall'esperienza di suo nonno che, nei difficili anni del Secondo conflitto mondiale, operò affinché almeno qualcuno si salvasse dallo sgretolamento della civiltà umana. Non lui, che scelse di restare a Genova per garantire una guida alla sua Comunità ma anche a tutti quei ragazzi espulsi dalle scuole, ai quali andava garantita un'istruzione. Una scelta che avrebbe pagato con la vita ma che, dopo tanti anni e tanta letteratura, sembra aver trovato il suo giusto posto nella storia del nostro Paese.