L’UE BOCCIA IL REVERSE CHARGE, RENZI: “NO ALLA CLAUSOLA DI SALVAGUARDIA”

“La clausola di salvaguardia non scatterà in nessun caso”. Lo ha assicurato Matteo Renzi intervenendo a Bersaglio Mobile su La7. Dunque nessun aumento delle accise sulla benzina per coprire il buco da 728milioni nei conti pubblici generato dal rifiuto dell’Ue all’estensione del reverse change alla grande distribuzione. Si tratta di un’inversione contabile nella quale viene previsto che il destinatario di una cessione di beni o prestazione di servizi, se soggetto passivo nel territorio dello Stato, debba pagare l’imposta in luogo del cedente o prestatore. Quest’ultimo riceve dal cliente così l’importo del bene ceduto o della prestazione eseguita, in modo tale da essere esonerato dall’obbligo di versare l’Iva dell’operazione eseguita. Il diniego avrebbe dovuto far scattare la clausola prevista dalla Legge di Stabilità ma il governo, in dissenso con Bruxelles, cercherà altri modi per coprire lo scoperto. Soddisfatta la Confindustria, che contro la misura aveva presentato un ricorso all’Ue.

Resta invece ancora sotto esame il meccanismo dello split payment – che dovrebbe assicurare oltre 900 milioni di euro di entrate – ma vi sono buone possibilità di un via libera. Al termine dell’analisi cominciata il 12 febbraio, quando l’Italia ha introdotto la richiesta di estensione della reverse charge alla grande distribuzione, la Commissione ha concluso che “non è in linea con l’articolo 395 della direttiva sull’Iva”. Per Bruxelles, “non c’è prova sufficiente che la misura richiesta contribuisca a combattere le frodi. Ed è inoltre dell’opinione che tale misura implicherebbe elevati rischi di spostamento delle frodi al settore del commercio al dettaglio e ad altri Stati”, ha detto Vanessa Mock, portavoce del commissario alla fiscalità Pierre Moscovici.

La Commissione ha messo nero su bianco la sua opinione in una comunicazione inviata al Consiglio in cui raccomanda di bocciare la richiesta italiana. Sarà quindi il Consiglio a pronunciarsi, ma è praticamente scontato che seguirà il parere della Commissione. Bruxelles, si legge nella comunicazione, “ha sempre avuto un approccio cauto, per assicurare che le deroghe non vadano a minare l’operatività del sistema Iva generale, che siano limitate, necessarie e proporzionate. Ogni deroga al sistema del pagamento frazionato non può quindi essere che una misura d’emergenza e ‘ultima ratio’ in casi provati di frodi, e deve offrire le garanzie sulla necessità ed eccezionalità della deroga, la durata della misura e la natura dei prodotti. La procedura di reverse charge non deve essere usata sistematicamente per mascherare la sorveglianza inadeguata delle autorità fiscali di uno Stato”. Per Bruxelles invece “le autorità italiane non hanno dimostrato” che per il tipo di merci in questione e’ impossibile fare un controllo attraverso i mezzi convenzionali, circostanza che avrebbe giustificato la necessita’ di un simile provvedimento. Inoltre, il Governo l’aveva pensata come misura anti-evasione, ma la Commissione “ha seri dubbi che avrebbe l’impatto positivo che si aspettano le autorità italiane”, perché è adatta alla prevenzione delle ‘frodi carosello’ ma non di tutte le altre che portano all’evasione dell’Iva.

La misura era prevista dall’ultima legge di Stabilità messa a punto proprio dal governo Renzi. Ma rappresenta certo un’ulteriore tegola, che questa volta arriva da Bruxelles, dopo la bocciatura che la Corte Costituzionale ha fatto sulla ”Robin Tax” voluta da Tremonti sulle public utility e poi sul blocco dell’indicizzazione delle pensioni adottato dal governo Monti, quindi sulla supertassa sulle sigarette elettroniche. E potrebbe non essere finita: la prossima settimana, il 26 maggio, dovrà decidere sull’aggio dell’8% chiesto da Equitalia sulle somme riscosse (vale 2-3 miliardi) e poi il 23 giugno sul blocco, che oramai dura da anni, dei salari dei dipendenti pubblici. Per il Tesoro sarebbe quest’ultima una stangata da 12 miliardi.