La Pasqua non uno slogan, ma una realtà da toccare

A sinistra: monsignor Francesco Massara. A destra: Foto di Karen .t da Pixabay

Nonostante la Pasqua rechi un annuncio di amore, di pace e di vita, dobbiamo riconoscere che oggi è veramente difficile collegare ciò che celebriamo con ciò che viviamo. Non sempre, infatti, riusciamo a fare sintesi tra vita e fede. Le lacerazioni che stanno attraversando il mondo e le conseguenze dei conflitti sanguinosi che ci accerchiano ci lasciano una profonda tristezza e la sensazione di una precarietà sempre più incombente. Accompagnato da queste considerazioni, mi sono trovato a riflettere profondamente sul significato della Pasqua chiedendomi in che modo questa ricorrenza è veramente, oggi, una notizia di speranza, gioia e pace.

I miei pensieri si sono rivolti a quella moltitudine che forma l’intera umanità, proveniente – come recita il libro dell’Apocalisse – «da ogni tribù, lingua, popolo e nazione» (Ap 7,9) ed è formata da coloro che «hanno superato la grande tribolazione e hanno purificato le loro vesti nel sangue dell’Agnello» (Ap 7,14). L’autore dell’Apocalisse descrive individui che, pur di rimanere leali all’unico Signore, si oppongono all’egemonia del dolore e della morte affrontando oppressione, persecuzione e martirio. Di fronte alla presunta invulnerabilità di questo tremendo e terribile potere, essi non cedono alla paura o alla disperazione, ma credono fermamente che Gesù, morto e risorto, è il vero Signore dell’Universo e che la forza del male non avrà mai il controllo definitivo della storia. Meditando questo brano dell’Apocalisse, in un silenzio carico di attesa e di preghiera, mi si sono presentate innanzi le immagini, i volti e le storie dei tribolati di oggi a causa di ogni male: la guerra, l’odio, la violenza in ogni sua forma, il dolore, la sofferenza. E così, in loro ho rivisto l’immagine del nostro Dio che è un Padre perennemente in ascolto del lamento del suo popolo. Il Dio dei poveri ama manifestarsi nell’estrema fragilità, disarmato e pieno di amore; Egli ci indica la via della misericordia come via unica ed esclusiva per passare dalle tenebre del male alla luce dell’amore e della pace.

Nei più deboli e fragili ho scorto la forza di chi ha compreso che la pace che il Signore dona non ha niente a che vedere con il compromesso dei nostri trattati diplomatici. Essa è sempre una Pace pasquale, nasce cioè dalla Croce, accetta di attraversare le tribolazioni e ci spinge oltre il dolore e la morte. Pensando a questa moltitudine che resiste alla prova mi sono reso conto che la Pasqua non è solo una parola, o uno slogan, ma una realtà che possiamo ancora oggi toccare. Infatti, non è vero che nel mondo ci sono solo tenebra e violenza, e che facciamo solo esperienza di dolore e morte.

Nel mondo c’è anche tanto amore, tante persone che donano la loro vita per gli altri, che lottano per la giustizia, che operano per la pace, che confidano nella possibilità di rinascere sempre, dopo ogni delusione, dopo ogni sconfitta, dopo ogni errore, dopo una malattia, perché credono che la Risurrezione di Cristo genera la grazia di saper amare, perdonare e ricominciare. Da questa grazia ognuno può invocare il dono di saper vedere ed ascoltare i segni della Sua presenza per divenire costruttore di un mondo rinnovato dal Risorto, per seminare germi di vita buona, per affermare la dignità di ogni creatura ed edificare la civiltà della verità e dell’amore. Fare Pasqua significa riconoscere e celebrare Cristo che, attraverso testimoni coraggiosi sparsi in tutto il mondo, ci mostra la forza dell’amore che ribalta le pietre e porta la luce nella vita di tutti.

La Pasqua ci chiama a diventare testimoni credibili capaci di portare nel mondo – attraverso la preghiera, l’agire e il dono della vita – la Luce esplosa nel buio del sepolcro. Il mio augurio è che la gioia pasquale inondi coloro che desiderano pace e fratellanza, gli umili, i piccoli, i poveri, i perseguitati per la giustizia, i misericordiosi, le vittime della violenza, i martiri, gli innumerevoli santi e sante con le loro vite nascoste, gli emarginati, i bambini, gli anziani, i malati, i morenti. Tutti noi che abbiamo incontrato il Risorto non possiamo essere rappresentanti di un passato vecchio e stantio, ma portatori di una visione di umanità riconciliata con la vita. La gioia pasquale ci invada in pienezza ogni volta che scegliamo di stare al fianco degli ultimi, condividendo l’inesauribile esperienza della Risurrezione.