Uber shock: negli Usa oltre 3mila molestie in un anno

Quasi seimila segnalazioni di aggressioni sessuali, di cui 464 stupri fra 2017 e 2018: sono le cifre del mega-rapporto lungo 64 pagine presentato giovedì scorso dalla società di mobilità Uber, nota per il suo servizio a metà fra i taxi e il noleggio di auto con autista. È stato stimato che solo nel 2018 sono avvenute tremila segnalazioni su un totale di oltre un miliardo di corse: numeri che attestano una diminuzione di circa il 16% rispetto all'anno precedente, ma che, tuttavia, nulla tolgono alla gravità del problema: “Sospetto che molte persone saranno sorprese da quanto siano rari questi incidenti; altri penseranno comprensibilmente che sono ancora troppo comuni. Alcune persone apprezzeranno quanto abbiamo fatto sulla sicurezza; altri diranno che abbiamo ancora molto lavoro da fare. Avranno tutti ragione” ha scritto in un tweet l'amministratore delegato di UberDara Khosrowshahi.

Contatti indesiderati

Secondo il documento, soltanto lo scorso anno sono state presentate 235 segnalazioni di “penetrazione sessuale non consensuale”, e 280 tentativi di “penetrazione sessuale non consensuale”, quasi tutte archiviate da donne. Il restante numero di rapporti annovera, invece, tentativi di contatto indesiderato del corpo o di bacio. L'ad Khosrowhahi ha risposto opponendo linee di assoluta trasparenza: il rapporto rientra in questa linea. Il cambio di approccio della società risale a due anni fa, quando il manager di Uber, Cameron Poetzscher, si dimise dopo che il Wall Street Journal rese note le accuse di molestie sessuali mossegli sul luogo di lavoro. “Abbiamo dovuto cambiare la cultura dall'interno e abbiamo semplicemente dovuto fare la cosa giusta” ha detto Khosrowshahi, aggiungendo che Uber non ha intenzione di nascondere informazioni sulla sicurezza. 

Controlli più stringenti

In parallelo alla presentazione del rapporto, Uber ha affermato che da tempo sottopone i conducenti a un controllo rigoroso prima di accettarli nella sua piattaforma. In questa direzione, anche i dati parlano chiaro: nel rapporto, emerge che non sono riusciti a superare la prima fase del test di “screening” circa un milione di conducenti ed almeno 40.000 sono stati espulsi dalla piattaforma nella seconda fase. Ma non basta. Negli Stati Uniti, particolarmente sensibili al tema, in tanti chiedono mappature più stringenti sui conducenti. A New York, per esempio, i conducenti Uber devono fornire le impronte digitali ed avere gli stessi requisiti di licenza dei normali tassisti. Già un anno fa Khosrowshahi, intervenendo a un incontro organizzato dal Financial Times, aveva dichiarato che la cultura all'interno di Uber ha bisogno di ulteriori miglioramenti: “Siamo cambiati, ma c'è ancora da fare”