Raffiche di mitra a Beirut

Rn gruppo di uomini armati con dei fucili automatici ha sparato diverse raffiche di proiettili nella notte a Beirut. Colpi di arma da fuoco sono stati uditi ripetutamente nei pressi dell'incrocio stradale di Cola, poco lontano dal centro della città. Lo ha constatato un giornalista dell'Ansa che era sul posto.

Tensioni anti governative

L'esercito libanese si era dispiegato ieri sera in forze nei pressi delle strade che dividono i quartieri controllati dai partiti sciiti Hezbollah e Amal dai quartieri a maggioranza sunnita di Qasqas e Tariq Jdide, non lontano da Cola. La sparatoria è da inquadrare nelle crescenti tensioni politiche e confessionali presenti nella capitale libanese. Dopo 40 giorni di continue proteste anti-governative non violente nel centro di Beirut, nelle ultime due notti militanti di Hezbollah e Amal, partiti che difendono il governo e che sono contrari alla mobilitazione popolare in corso, hanno attaccato i manifestanti nel centro di Beirut con bastoni, pietre e coltelli, minacciando di tornare in forze e con armi da fuoco. Nelle manifestazioni di domenica notte, sono rimaste ferite 10 persone. I disordini sono scoppiati verso la mezzanotte, quando gli attivisti anti-governativi hanno interrotto la circolazione di una strada principale della capitale, vicino alle piazze dei sit-in di protesta. A quel punto, i militanti di Hezbollah e di Amal, sono intervenuti con pietre e bastoni dal vicino quartiere di Khandaq al Ghamiq attaccando i manifestanti e frantumando le vetrine dei negozi e le auto parcheggiate nei pressi di piazza dei Martiri e piazza Riad Solh, i due luoghi simbolo della protesta in corso iniziata a metà ottobre. L'esercito e la polizia libanesi sono intervenuti in forze e dopo due ore hanno riportato una calma relativa nella zona del centro di Beirut. Fino alla scorsa notte. Il 31 ottobre 2016, dopo molti mesi di stallo, il parlamento libanese ha eletto Michel Aoun come presidente della repubblica. Il 18 dicembre successivo è entrato in carica il nuovo governo, presieduto da Saad Hariri. La crescente crisi economica, aggravata negli anni dai riflessi negativi avutisi nel Paese dei Cedri a causa della Guerra civile siriana – con migliaia di rifugiati che vivono nei campi profughi in situazioni drammatiche – ha scatenato nella popolazione una serie di proteste che hanno spinto il primo ministro a dimettersi il 29 ottobre 2019.