Dall’incontro tra l’“Io” e il “Tu” il “Noi” diventa fondamento dell’esistenza

Foto di Jackson David da Pixabay

Tra le tante storie di Natale, ce n’è una che ha fermato il mio corpo, ha sospeso il mio sguardo e mi ha riportato a “stanziare” il mio “Io” nell’indicativo presente del mio tempo. È stata la notizia di una ragazza che ha deciso di consegnare la sua lettera durante una festa tenutasi domenica scorsa non lontano da Edimburgo in Scozia. Nella lettera un solo desiderio da lei espresso: “Le persone smettano di bullizzarmi”. Nessuna voglia di giocattoli, quindi, nessun lauto buffet, neanche l’ombra di ipotesi di cenoni, ma solo la voglia di dire la sua a chi, nella fantasia di ogni bambino, può realizzare quanto sembra impossibile. È una richiesta genuina e profonda fatta a babbo Natale. Una bambina si affida a qualcosa che supera la nostra realtà per trovare una soluzione.

Tale lettera potrebbe ancora una volta essere tralasciata da molti di noi in maniera superficiale e giudicata come un’altra storia piena di retorica. Ma in quella “retorica” c’è una sofferenza che “grida” in maniera forte “aiuto”. In realtà essa ha alla base una richiesta speciale e implicita nell’animo della ragazza: “Io ho un valore in quanto persona e desidero poter vivere in maniera libera la mia vita”. La solidarietà nelle risposte e nelle proposte pervenute subito dopo, unite alla voglia della famiglia di unirsi ancor più per aiutare la ragazza a ritrovare la fiducia in sé, sono una dimostrazione di come si possa vivere il Natale, più precisamente di cosa esso sia. La famiglia, la scuola, la società possono essere il vero regalo di questa ragazza che ha semplicemente chiesto di poter essere la persona che è senza essere etichettata, giudicata, schernita.

Noi adulti possiamo e dobbiamo aumentare la nostra autorevolezza. Ci ripetiamo continuamente che il Natale è la festa dei bambini ma in realtà spesso ci arriviamo e alla festa vediamo contrapposte depressioni, ansie, tristezze, irrisolti di adulti e quant’altro.

Noi educhiamo molto di più facendo che dicendo. I ragazzi ci guardano e imparano dai nostri gesti. Loro vedono, osservano e noi diventiamo specchio riflesso da seguire o da rinnegare. È proprio attraverso il fare che dobbiamo dire a noi stessi, prima, e far comprendere ai nostri figli, dopo, che il Natale non è solo il 25, non è solo il giorno. È una scelta seria di nascita vera che ha avuto come scopo la volontà di modificare la storia di ognuno di noi. Siamo stati chiamati per nome! Veniamo da Lui ma spesso andiamo a “trovarLo” in chiesa e ne usciamo senza. Nei giorni di Natale dovrebbe divampare la luce della stella di Betlemme che annuncia che è nato Gesù. Questo è il Natale. Poi viene il resto, il business, i regali, eccetera…

Gesù è nato nella scomodità per insegnarci che la fatica può essere bella perché ci riporta alla nostra dimensione umana, perché ci fa sentire che il Natale possiamo essere noi, anche se farlo richiede uno sforzo enorme. Il Natale vero è un ritorno alla nostra famiglia interiore, è un moto dell’anima, del cuore. È nascita, accudimento, affetti, gioia di amare ed essere amati!

Il Natale dovrebbe, quindi, riportarci all’aspetto migliore di noi. Non sempre è così. Anzi, negli ultimi anni la tendenza, soprattutto nell’Occidente, è quella di percepire le vacanze natalizie non più tali ma fonte di stress per via dell’incontro con tante persone, un incontro spesso reso ipocrita, non voluto, poco sentito.

Dobbiamo evitare di subire il Natale perché Gesù Bambino ci ha insegnato, nascendo, la bellezza del NOI. Egli stesso è venuto al mondo scegliendo di amare nella forma più povera sino alla forma più estrema della conclusione della sua vita terrena in croce.

Il Natale ci riporta alla nostra essenza più intima che deve essere quella capace di fare scelte libere e responsabili. Abbiamo bisogno di sentire il calore del bue e dell’asinello nelle nostre case, attraverso gesti d’amore veri, non gesti formali, falsi. Abbiamo bisogno di auguri dati con abbracci significativi che fermano il tempo. Abbiamo necessità dell’incontro vero tra l’Io e il Tu, perché davvero il NOI diventi la parola fondamentale dell’esistenza.

Gesù è nato per insegnarci ad amarci, non per essere idolatrato. L’amore per Gesù è nel gesto che va oltre, che supera le barriere del controllo e dei calcoli effimeri. Gesù entra in maniera così povera e così potente per dirci che anche gli avvenimenti più belli possono nascere da qualcosa di molto “piccolo”.

Il Natale è a tutti gli effetti un ingresso dirompente nella vita intima di ognuno di noi. È il momento in cui la storia ci pone dinanzi ai nostri diritti e ai nostri doveri. Modigliani ci ha insegnato: “Il tuo dovere è di non consumarti mai nel sacrificio. Il tuo dovere reale è di salvare il tuo sogno. La Bellezza ha anche dei doveri dolorosi: creano però i più belli sforzi dell’anima…”. E come possiamo pensare di preservare e salvare il nostro sogno se non contempliamo che sudare può essere “bello” perché conduce verso un obiettivo in cui il sudore può divenire tepore?

Il Natale esiste per ricordarci l’importanza del coraggio. Ancora ho brividi di positività emotiva se leggo alcune delle parole contenute nei famosi “Auguri scomodi” di Tonino Bello rivolti tanti anni fa ai suoi fedeli: “[…] Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio. […]”. È o non è questo il significato più alto della nostra esistenza: donarci agli altri! Nel momento in cui volgiamo lo sguardo al di là del nostro ego, incontriamo quel “tu” con il quale si può dare vita alla relazione umana che diviene condivisione nella realizzazione di qualcosa che dona piacere e benessere al noi e, nel contempo, all’altro da noi che incontriamo.

Il Natale, immerso tra bellezze straordinarie nelle nostre città ma intriso di sprechi assurdi, può essere l’occasione del silenzio. Il silenzio che si fa riflessione (o/e preghiera) ci guida e favorisce l’affermarsi della nostra libertà interiore, l’integrazione della nostra dimensione fisica, psichica, spirituale. È il silenzio a preparare il terreno delle nostre scelte, delle nostre più intime intenzioni e decisioni. Grazie al silenzio consapevole molte situazioni si dipanano, molte preoccupazioni trovano ristoro, molti nodi si sciolgono e molti “perché” trovano rifugio e/o risposta. È la bellezza del silenzio che ci sorprende. È il silenzio, con la sua forza!

Natale è anche il momento del coraggio di credere ed anche il coraggio di amare. È più facile fuggire che affrontare. È più facile voler morire che scegliere di vivere. Ci vuole un gran coraggio nel vivere appieno il tempo in cui siamo. Ci vuole il coraggio di vivere pienamente questo tempo, amando la vita, al di là e nonostante tutto.

Natale, in poche parole, è vivere la nascita di Gesù in ogni nostra giornata!

Il Natale ha quindi bisogno, come ci ricorda Epicoco, non solo di buoni propositi né tanto meno di facili buonismi, bensì di concretezza, quella che permette di realizzare i sogni da preservare.

Siamo davvero disposti a vivere questo tipo di Natale? È questo l’interrogativo che può scuoterci e non lasciarci passivi.

È questo il Natale al quale dobbiamo tutti anelare. Farlo significherebbe andare dalla ragazza bullizzata ed iniziarle a chiedere scusa. Significherebbe favorire la possibilità che quest’ultima possa esprimere le sue emozioni e i suoi pensieri, sentendosi alla pari e non diversa. E questo sarebbe solo l’inizio. Poi bisognerebbe essere costanti, tutti, piccoli e grandi, insieme.

Il Natale non è un biglietto ben scritto o un regalo ben accolto. Il Natale è, quindi, la lettera scritta da quella ragazza, al quale segue una reazione concreta di amore espresso da persona a persona.

Ecco il Natale in cui il regalo prende la forma più piena e più propria. Se quanto suddetto accadrà, in quella scuola, in quella classe sarà nato Gesù, sarà Natale. Ecco il Natale concreto, fatto di regali che restano nell’animo e nel tempo.

La ragazza bullizzata rappresenterà, così, il vecchio mondo che muore. Ma lascerà spazio alla ragazza integrata e accolta dai suoi pari. Sia così in tutti e ciascuno: il vecchio mondo che muore lasci spazio alla speranza concreta perché essa nasca dentro ognuno di noi.