Il Quantitative easing e il caso Karlsruhe: un precedente pericoloso

La sentenza della Corte di Karlsruhe, l’organo che vigila sulla costituzionalità dell’ordinamento giuridico tedesco, dovrebbe fare riflettere su di una questione che da noi viene spesso dimenticata. Anche gli altri Paesi dell’Unione hanno dei problemi non solo con gli organi giurisdizionali nazionali ma anche con le loro opinioni pubbliche che, sono sobillate dalle forze populiste e sovraniste, come da noi. Ecco perché quando si incontrano difficoltà a far passare delle proposte – come quelle del governo italiano – che vorrebbero ‘’socializzare’’ il debito pubblico accollandolo ai propri partner, in nome di un principio di solidarietà unilaterale e che levano pesanti accuse e tracotanti minacce quando le risposte degli altri governi non sono un ‘’sissignore’’, bisognerebbe usare l’accortezza di mettersi anche nei panni degli altri e di tener conto dei loro punti di vista.

La Suprema Corte federale ha respinto un ricorso contro il programma d’acquisto di titoli di stato della Bce (Quantitative Easing), ha mosso alla Banca centrale europea alcuni rilievi di metodo e ha chiesto a Francoforte di presentare, entro tre mesi, gli obiettivi e le considerazioni sugli effetti economici conseguenti a questo intervento di politica monetaria. Una sentenza che non ha un risvolto pratico immediato ma che, come ha spiegato Guido Tabellini sul Foglio, sconfessando la Corte di Giustizia dell’Ue “ha anche ribadito la supremazia della giurisprudenza costituzionale tedesca su quella europea, in quanto la seconda deriva dalla volontà nazionale espressa nei trattati”.

Un pericoloso precedente che rischia di rinfocolare le rivendicazioni di carattere nazionalista mai sopite in particolar modo nell’Europa centrale e nei paesi dell’Est, soprattutto in vista della riunione dell’Eurogruppo di domani, in occasione della quale dovrebbero essere definite le linee guida del Recovery fund (che pare sia in procinto di cambiare nome per ragioni di migliore presentabilità politica). La Commissione europea e la Bce hanno immediatamente reagito, ribadendo che il diritto europeo è la fonte primaria a cui devono conformarsi gli ordinamenti nazionali e che le deliberazioni comunitarie possono essere sindacate solo dalla Corte di Giustizia europea.

Ma la questione è delicata, perché la Bce ha competenze solo per quanto riguarda la politica monetaria, mentre col Quantitative Easing potrebbe aver varcato i confini della politica economica, assumendosi dei poteri che non aveva. Di qui la richiesta di presentare, entro tre mesi, delle ‘’giustificazioni’’ a prova dei vantaggi che quella politica avrebbe portato all’Europa, E’ evidente che le ripercussioni della sentenza si proiettano non, all’indietro, sul ‘’whatever it takes’’ di Mario Draghi, ma piuttosto in avanti sulle decisioni della Bce di Cristine Lagarde che ha aperto i cordoni della borsa per parecchie centinaia di miliardi da erogare non in rapporto alle quote spettanti ad ogni Stato, bensì sulla base del suo fabbisogno.

In ogni caso la sentenza della Corte costituzionale tedesca ha carattere interlocutorio, in attesa di valutare le controdeduzioni della Bce. Ma l’incidente è serio, soprattutto per un Paese come l’Italia che ha un bisogno disperato di liquidità, ma per ragioni politiche ha la pretesa di dettare le proprie condizioni. Dall’opposizione vengono giorno dopo giorno delle amenità irresponsabili, come le ultime dichiarazioni in ordine di tempo, di Matteo Salvini: “Serve rifondare da capo su nuovi principi l’Europa e tornare ad avere un controllo sulla moneta e sulla legislazione. In Europa i Paesi che stanno reagendo meglio e stanno perdendo meno posti di lavoro sono quelli che possono immettere più liquidità e moneta nel circuito economico e nelle tasche dei cittadini. Va ripensato – secondo il leader della Lega – l’intero sistema europeo e anche il diritto di emettere moneta, perché il lavoro, il benessere e la salute vengono prima dei vincoli economici europei”. Ma a Salvini qualcuno ha spiegato che, insistendo a stampare moneta, si produce un fenomeno che si chiama inflazione? Prima o poi, mettendo moneta in tasca agli italiani, senza limiti (e senza valore), si finisce per creare dei milionari apparenti, perché con un milione si acquisterà soltanto una scatola di tonno. E’ vero che l’inflazione a due cifre è un ricordo lontano e che adesso ci preoccupiamo della scomparsa dell’inflazione stessa. Ma, anche se liberi da quelle regole che Salvini aborrisce come ‘’vincoli’’, le alluvioni di denaro finiscono per riempire solo le tasche di carta di filigrana, ma svalutata.