È morto Mubarak, il leader deposto dalla Primavera Araba

E'morto Hosni Mubarak, l'ex presidente dell'Egitto. Aveva 91 anni e, stando alle notizie fornite da Agenzia Novaera da tempo ricoverato in terapia intensiva presso l'Ospedale del Cairo a seguito di un delicato intervento chirurgico. Nato dieci anni dopo la Prima Guerra Mondiale, l'ex leader del Cairo è stato capo dello Stato egiziano per 30 anni. Con lui si chiude un periodo storico per l'Egitto, segnato da eventi epocali, come la crescita economica dell'Egitto e la guerra del Kippur, ma anche la forte critica all'invasione dell'Iraq da parte degli Stati Uniti del presidente Bush. 

Protagonista della rinascita

Formatosi nel clima che averebbe portato alla storica pace di Camp David firmata con Israele, Mubarak riportò l'Egitto nella Lega araba grazie ai suoi rapporti con il re saudita Fahd. Sotto di lui non solo accrebbe l'economia del Paese egiziano, ma venne dato un ruolo centrale ai servizi di intelligence allo scopo di respingere la minaccia jihadista. Per questo, fu oggetto di svariati attentati, tutti sventati. Dopo aver appoggiato gli Usa nella prima guerra del Golfo negli anni Novanta, ebbe frizioni con l'ex coinquilino della Casa Bianca, George W. Bush per aver invaso l'Iraq dopo l'attentato alle Torri Gemelle. 

Fra prigionia e assoluzione

Ma la sua carriera è segnata anche dall'onda verde della Primavera Araba, la stessa che poi condusse al suo arresto nel 2011. Quell'anno, sulla scorta della Rivoluzione dei Gelsomini in Tunisia, anche il popolo egiziano scese in piazza chiedendo la destituzione del presidente, colpevole – secondo loro – di aver accumulato troppe ricchezze in famiglia e quindi simbolo di quel sistema corrotto che i rivoluzionari volevano scardinare. Al 18esimo giorno della protesta, il leader del Cairo si dimise: l'11 febbraio 2011 il suo potere passò al Consiglio supremo delle forze armate e per lui si aprì un lungo iter giudiziario. Dopo pochi mesi, il 3 agosto, iniziò il primo di diversi processi prer corruzione a suo carico. Condannato nel 2015, fu poi trasferito in un ospedale militare per curarsi. Per l'assoluzione dovette aspettare due anni dalla Corte di Cassazione. Solo il 24 marzo successivo potè dirsi un “uomo libero”.