Medicina del lavoro: quando la cura è la prevenzione

Nella giornata a tema, emerge la connessione diretta tra Medicina del Lavoro e temi cardine, come prevenzione e formazione. Con qualche esempio virtuoso

Medicina del lavoro
Foto di Ümit Yıldırım su Unsplash

Conoscere, valutare, approfondire. Tre concetti che valgono più o meno per tutti i campi del sapere, con particolari applicazioni richieste laddove tali presupposti debbano essere utilizzati per la salvaguardia della propria salute. Accade così che la tutela di sé stessi inizia da una consapevolezza personale sulla natura del proprio operato, con annessi rischi e pericoli derivanti non solo dalle condizioni ambientali ma anche dall’eventuale esposizione a particolari agenti chimici. Competenze che abbracciano sia il campo professionale che quello meramente operativo, rendendo tanto il lavoratore quanto l’azienda che lo ha assunto degli elementi cardine della Medicina del Lavoro. La cui giornata nazionale a tema, diventa un’occasione per porre l’accento su una branca del comparto medico sempre più fondamentale, soprattutto in termini di sicurezza dei lavoratori.

Il quadro degli incidenti

L’anno che va a chiudersi, ha fondamentalmente ribadito il concetto della centralità del tema della prevenzione circa i rischi di qualsiasi mestiere, visto il bilancio delle morti sul lavoro. Già nei primi otto mesi del 2023, l’Inail aveva registrato (dati Anmil) 383.242 denunce, con un totale provvisorio di 657 morti a seguito degli stessi. Un quadro piuttosto allarmante considerando che, in media, tre persone al giorno perdono la vita lavorando. Oppure recandosi presso il luogo di lavoro. Ma se nel tragitto da casa alla sede subentra un fattore ambientale composto da infinite variabili, sul posto di lavoro il discorso è decisamente diverso, tanto che la stessa Associazione dei mutilati e invalidi sul lavoro, in audizione al Senato, lo scorso ottobre, aveva auspicato un’inversione di tendenza che coinvolgesse “tutti gli attori in causa” affinché “si sentano protagonisti e responsabili”.

I non assicurati

In sostanza, la prevenzione come cura. Lo stesso concetto che anima la Medicina del lavoro nella sua accezione più prossima alla vita stessa del lavoratore. Anche perché, il range della sicurezza tiene conto sì di ogni lavoratore impiegato, sia nel pubblico che nel privato, ma è altrettanto vero che non sempre il target è raggiungibile. Basti pensare che, come rivelato da Anmil, oltre 2 milioni di lavoratori non figurano tra gli assicurati Inail e, di conseguenza, non possono essere inclusi nei bilanci ufficiali. Un tema estremamente sensibile, tanto che, con il decreto 81/2008, si auspicava addirittura l’inserimento della formazione nei programmi di apprendimento scolastici, con normativa delegata nell’articolo 11, senza tuttavia riscontri in termini effettivi.

Medicina del Lavoro: come funziona

Eppure, qualche esempio virtuoso esiste anche in tal senso. Se è vero che la Medicina del lavoro, disciplinata dal Testo unico sulla sicurezza nei luoghi di lavoro (ossia, lo stesso D.Lgs. 81/08), si inserisce in un contesto prettamente aziendale, il tema della prevenzione dei rischi e della tutela del lavoratore coinvolge un numero di attori decisamente più ampio, in quanto gli impiegati stessi sono parte attiva del sistema di individuazione dei fattori di pericolo. E, di rimando, del meccanismo di formazione che, a ogni modo, non esclude l’obbligo dell’azienda di dotarsi di un medico competente. Nella fattispecie, l’art. 39 del decreto prevede la possibilità, per il datore di lavoro, di scegliere tra una convenzione ad hoc con una struttura, pubblica e privata, con un professionista del settore (in questo caso un medico del lavoro). In alternativa, potrà optare per l’assunzione diretta del professionista in questione.

L’esperienza “Safety First”

A ogni modo, pur venendo a mancare l’applicazione piena dell’art. 11 del suddetto decreto, qualche strappo alla (non) regola c’è stato. Specie a seguito dell’intensificarsi del dibattito sul tema della sicurezza sui luoghi di lavoro, inframmezzato dai fatti di cronaca che, anche negli ultimi mesi del 2023, hanno visto coinvolti numerosi lavoratori in diversi settori (seppur in calo, secondo l’Inail, rispetto agli anni precedenti). Interessante, in questo senso, l’esperienza del progetto “Safety First”, realizzato da Assolombarda per offrire un contributo “a un inserimento in sicurezza in azienda degli studenti che affrontano l’esperienza dell’alternanza scuola-lavoro o un tirocinio”. Un’iniziativa, come spiegato da Diego Andreis, vicepresidente di Assolombarda, concepita per “fare sistema”, oltre che per ribadire come la sicurezza sui luoghi di lavoro sia “una responsabilità collettiva, poiché tutti noi – imprese, scuole, istituzioni – siamo chiamati a fornire un contributo per preservare la vera ricchezza della nostra impresa, la comunità al lavoro”.

Il ruolo della formazione

Un’esperienza volta a un inquadramento effettivo anche dei progetti di alternanza scuola-lavoro, anch’essi finiti di recente al centro di alcuni casi di incidente. In questo senso, il bilanciamento tra diritti e doveri diventa essenziale per definire i giusti campi d’azione. Come ricorda Assolombarda, infatti, “Pcto e Tirocinio non si configurano come un rapporto di lavoro“. Questo non toglie che, assieme agli obblighi aziendali di tutela e prevenzione (tra i quali l’integrazione del documento di valutazione dei rischi da inoltrare all’istituto scolastico), sia importante anche l’osservanza della disciplina di sicurezza. Per far questo, il supporto della formazione continua resta imprescindibile, con integrazione in azienda anche in fase successiva all’assunzione. O, in caso di progetti scolastici, all’entrata provvisoria.