“Essere laureati non è sinonimo di prestigio sociale”

Come aiutiamo i nostri studenti a non vedere un diploma di laurea come sinonimo di migliore posizione, come sinonimo di più denaro e maggiore prestigio sociale? Non sono sinonimi. Li aiutiamo a vedere questa preparazione come segno di una maggiore responsabilità di fronte ai problemi di oggi, di fronte alla necessità del più povero, di fronte alla cura dell’ambiente?”. Sono queste le domande che Papa Francesco pone agli insegnanti e alle autorità accademiche dell'Università Cattolica Portoghese, in visita oggi in Vaticano in occasione del 50mo della sua fondazione. Poi avverte gli studenti: “Il fatto che la vostra sia cattolica è una caratteristica che non pregiudica l’Università. Al contrario, la valorizza al massimo”.

A servizio dell'uomo

Nel salutare insegnanti e studenti, il Papa si congratula con l'Università, giunta al suo 50mo anno di “servizio alla crescita della persona e della comunità umana: un’opera di costruzione in tempi relativamente brevi per la prima, un’opera senza fine, invece, per la seconda. Lunga vita, perciò, all’Università Cattolica Portoghese!”.

La missione dell'Università

L'Università, ricorda il Pontefice, abbraccia “l’universo del sapere nel suo significato umano e divino, per garantire quello sguardo di universalità senza il quale la ragione, conformata a modelli parziali, rinuncia alla sua aspirazione più alta: la ricerca della verità”. Poi aggiunge: “Alla vista della grandezza del suo sapere e del suo potere, la ragione cede dinanzi alla pressione degli interessi e all’attrazione dell’utilità, finendo con riconoscerle come suo criterio ultimo”. Quindi avverte: “L’essere umano si abbandona alle forze cieche dell’inconscio, dei bisogni immediati, dell’egoismo, allora la sua libertà si ammala”. Il suo potere cresce senza possedere gli strumenti per controllarlo. E anche se riesce a procurarsi degli strumenti, questi rimangono “meccanismi superficiali” privi di “etica, cultura e spiritualità” che realmente garantiscono “un lucido dominio di sé”. Per il Pontefice, “la verità significa più del sapere: la conoscenza della verità ha come finalità la conoscenza del bene. La verità ci rende buoni“. Quindi, domanda agli insegnanti: “Come aiutiamo i nostri studenti a non vedere un diploma di laurea come sinonimo di migliore posizione, come sinonimo di più denaro e maggiore prestigio sociale? Non sono sinonimi. Li aiutiamo a vedere questa preparazione come segno di una maggiore responsabilità di fronte ai problemi di oggi, di fronte alla necessità del più povero, di fronte alla cura dell’ambiente? Non basta fare analisi, descrizioni della realtà; è necessario creare spazi di vera ricerca, dibattiti che generino alternative per i problemi di oggi. Quanto è importante concretizzare!”.

Il valore di essere “cattolica”

Inoltre, il fatto che quest'università sia “cattolica”, spiega il Papa, “non danneggia in nulla l’università,al contrario, la valorizza al massimo”. Infatti, spiega Bergoglio, “se la missione fondamentale di ogni università è la continua indagine della verità mediante la ricerca, la conservazione e la comunicazione del sapere per il bene della società, un’istituzione accademica cattolica si distingue per l’ispirazione cristiana dei suoi membri e delle sue comunità, aiutandoli a includere la dimensione morale, spirituale e religiosa nella loro ricerca e a valorizzare le conquiste della scienza e della tecnica nella prospettiva della totalità della persona umana”. Certo qualcuno potrebbe obiettare che un corpo docente che “trae le sue conclusione dalla fede non può pertanto pretendere che quanti non condividono tale fede accettino la validità delle stesse”. Tuttavia, aggiunge il Santo Padre, “è certo che possono sì riconoscere la ragione etica che viene loro proposta. Dietro al docente cattolico c’è una comunità credente, in cui, nei secoli della sua esistenza, è maturata una determinata saggezza della vita; una comunità che serba in sé un tesoro di conoscenza e di esperienza etica, che si rivela importante per tutta l’umanità. In tal senso, il docente parla non tanto come rappresentante di una credenza, quanto, e soprattutto, come testimone della validità di una ragione etica”.

Essere “cristiani” in Portogallo

Essere poi “portoghese“, “costituisce un altro segno di speranza che la Chiesa offre al Paese”. “Le domande della nostra gente ci interrogano; le loro battaglie, i sogni e le preoccupazioni hanno un valore ermeneutico che – conclude – non possiamo ignorare. Il Signore si è incarnato nel mondo. E non possiamo trovarlo al di fuori del nostro mondo concreto“.