Pro Racing Motorsport, in pista per il futuro

Da un'idea di Giancarlo Fisichella e Marco Cioci, un progetto sportivo e di management per i piloti di domani. Interris.it ne ha parlato con Gianluca Spoletini, managing director Pro Racing

Pro Racing Motorsport
Foto © Pro Racing

Aprire il Motorsport ai più giovani attraverso un programma di qualità, che curi tanto l’aspetto sportivo quanto quello manageriale. Una condizione quasi utopica, resa possibile da un’idea condivisa tra chi quel mondo l’ha conosciuto davvero. E che ha deciso di mettere la propria esperienza al servizio delle generazioni sportive future. Esattamente quanto si propone il progetto Pro Racing Motorsport, realizzato da un team di altissimo livello composto, tra gli altri, da due piloti celebri come Giancarlo Fisichella e Marco Cioci, romani uniti, oltre che dalle comuni origini cittadine, dai successi ottenuti tra Formula 1 e Gran Turismo.

Un’esperienza che, ora, è messa a disposizione dei giovani talenti, accompagnati passo passo dai primi kart fino alle porte del professionismo. Con un occhio di riguardo alla sostenibilità economica. Perché, come spiegato a Interris.it da Gianluca Spoletini, co-fondatore e managing director di Pro Racing, “la barriera di accesso al Motorsport è ancora molto alta”.

Pro Racing Motorsport
Foto © Pro Racing

Com’è nato il progetto Pro Racing?
“Il progetto è iniziato circa tre anni fa. È relativamente recente ma sta avendo un ottimo successo. È nato da un’idea di Giancarlo Fisichella e Marco Cioci, altro pilota romano, molto conosciuto nel mondo Gt. E, soprattutto, che è sempre stato un bravissimo coach. Correndo nel mondo Gt, ossia accanto a piloti facoltosi che si cimentano nel mondo dello sport, è sempre stato in grado di trasmettere una determinata metodologia di lavoro. E questa sua grande esperienza di coaching abbiamo deciso di portarla nel management”.

Peraltro, il target è estremamene giovane. Il che significa dover curare aspetti fondamentali…
“Soprattutto con i ragazzi più giovani. Li vediamo sia nel kart che nell’approccio alla Formula, ossia il passaggio più difficile per loro, a livello di tecnica, comportamento e comunicazione con il team. Abbiamo perciò studiato due progetti: il primo riguarda il management vero e proprio. Abbiamo 15 ragazzi che vanno dagli 11 ai 16 anni, quindi tra il kart e la Formula regional, step precedente alla Formula 3. Sono già all’interno di un percorso che li vede protagonisti nel mondo delle Formule e che, potenzialmente, potrebbe vederli crescere ancora”.

E il secondo?
“Una sorta di academy, chiamata Top Gun. Si tratta di due giorni in pista, per l’approccio dal kart alla Formula 4, durante il quale un gruppo di cinque o sei ragazzi si allena con noi su una pista in esclusiva. In quel momento lavoriamo con un programma ‘a ragazzo’, aiutandoli in questo passaggio, curandolo in modo molto maggiore rispetto a quanto accadrebbe con un test diretto. Queste attività sono aperte a tutti i ragazzi, con un costo molto accessibile rispetto agli standard e, soprattutto, con un coaching di altissimo livello. Al di là di Fisichella e Cioci, abbiamo una serie di coach e supervisor molto importanti, come Vitantonio Liuzzi e Luca Filippi. Rispetto agli altri management, curiamo molto l’aspetto del coaching, affidando i ragazzi a chi li aiuta tecnicamente. Nei primi anni, queste figure sono fondamentali”.

Tra i partecipanti prevale la componente italiana o ci sono anche piloti provenienti da altri Paesi?
“Il successo della nostra attività è nell’essere partecipata sia da ragazzi italiani che provenienti da altri Paesi. Fra i giovani connazionali mi vengono in mente Valerio Rinicella e Matteo De Palo, che faranno le Regional, due piloti che hanno fatto il campus con Ferrari e già diversi campionati. Potenzialmente due ragazzi che potrebbero arrivare in alto. Tra i piloti venuti a cercarci dall’estero ci sono Aurelia Nobels, ragazza brasiliana molto forte e già all’interno del Ferrari Academy.

Anche l’apertura del Motorsport alle ragazze è una componente importante…
“Un aspetto molto importante è proprio quello di aiutare il mondo femminile a entrare nelle Formule. L’obiettivo è di Liberty Media, che organizza la Formula 1, è portare una o più ragazze nella classe regina in pochi anni. Noi curiamo molto questo aspetto: a breve verranno due ragazze, una dall’Australia e una dagli Stati Uniti, proprio per curare al meglio l’aspetto del management. Sarebbe molto più complicato, infatti, programmare la propria carriera da soli. L’aspetto tecnico, di allenamento, di coaching, anche quello mentale, deve essere curato”.

Pro Racing Motorsport
Foto © Pro Racing

Il mondo dei motori viene spesso visto come elitario. Eppure, tra i più giovani, esercita da sempre un certo fascino. A quanto pare non solo a livello visivo ma anche di voglia di cimentarsi con la pista…
“La voglia c’è, arrivano tantissime richieste. Lo vediamo anche nel programma GT Talent, che non è il nostro ma è partecipato anche da ragazzi più in là con l’età. Negli ultimi anni, grazie al lavoro di Liberty Media, c’è stata una crescita importante nel pubblico giovanile. Fino a 15-20 anni fa il target era più avanzato. Ora, lo spettatore e il tifoso è anche un appassionato che vuole cimentarsi. Lo si vede nel mondo del kart, soprattutto in Italia, che è un po’ la culla di promesse, vista l’importanza dei nostri campionati. C’è quindi un grande appeal ma c’è comunque un grande limite…

Quello dei costi?
“A partire dal kart ci sono già delle barriere importanti. È uno sport che è sempre stato costoso. Noi siamo accessibili dal punto di vista dei primi test. E, nonostante sia un’attività per noi, alcuni ragazzi particolarmente talentuosi li seguiamo in modo ulteriormente agevolato, proprio per sopperire a problematiche di natura economica. Purtroppo è un problema che esiste. Anche un ragazzo molto giovane che approccia al kart deve sostenere costi molto importanti. È ancora troppo alta la barriera per l’accesso al Motorsport”.

Per questo, dopo Fisichella, sono stati così pochi gli italiani ad accedere ai circuiti maggiori?
“Dai tempi di Giancarlo e Trulli, tolte le esperienze di Tonio Liuzzi e Giovinazzi, gli italiani faticano di più perché, a livello di crescita, allora c’era chi dava spazio ai ragazzi molto più di adesso. Il talento riusciva a emergere un po’ di più. L’unica possibilità, ora, è che qualcuno lo noti già in giovanissima età, inserendolo poi in un programma di Formula 1, all’interno di un vivaio che lo faccia crescere supportandolo anche economicamente. Fare un percorso da soli significherebbe sostenere costi elevatissimi senza nessuna garanzia di entrare nei circuiti più importanti”.

Soluzioni alternative?
“Quello che consigliamo ai ragazzi è che c’è tutto un mondo di Motorsport che non è Formula 1 ma che è altrettanto importante per diventare un pilota professionista. È un’attività cresciuta molto negli ultimi anni, specie per il mondo GT ed Endurance, proprio perché c’è molta più attenzione. Un ragazzo che ha fatto 10 anni di Formule non può fermarsi perché non riesce ad accedere alla classe regina. Ci sono molti sbocchi fortunatamente, che non richiedono quei budget”.

Come ci si approccia, anche da un punto di vista della cultura sportiva, a un undicenne che arriva nel Motorsport? La passione è visibile già a quell’età?
“A 11 anni, spesso, la passione viene più dalle famiglie. Il ragazzo si avvicina a quello sport perché, magari, ha visto delle gare con il papà. Chiaramente, c’è bisogno anche della passione perché, come in tutti gli sport, non sarebbe giusto far partecipare un ragazzo senza che ne sia felice. Nel Motorsport questo accade più spesso, iniziando molto presto e per il legame così forte con l’aspetto economico. La spinta familiare è molto importante. Dalla Formula 4 in poi, però, il ragazzo diventa già un piccolo professionista e deve curare in primis l’aspetto mentale. Deve sapere come seguire le attività di comunicazione e social. Di sicuro è uno sport che ti fa crescere molto in fretta. Un sedicenne che fa Motorsport è più maturo rispetto a un coetaneo che svolge un’altra disciplina. Proprio perché non devi soltanto correre. C’è una crescita di leadership e di personalità”.