Coronavirus: Conte, fase 2 “Non sono pentito e rifarei tutto uguale”

In Lombardia quasi mille ricoverati in meno. In Veneto Zaia allarga le maglie del lockdown, mentre il Piemonte stringe: "No al take away"

“Tornassi indietro rifarei tutto uguale”. Così il premier Conte. “Non sono pentito. Ho una grande responsabilità nei confronti del paese – prosegue il il Presidente del Consiglio -. Non posso permettermi di seguire i sentimenti dell’opinione pubblica che pur comprendo nelle proprie emozioni”. La curva del contagio va controllata “in tutti i modi”. “Ecco perché sono convintissimo che sia meglio procedere sulla base di un piano ben organizzato per minimizzare al massimo il rischio di una ricaduta che sarebbe fatale. La bussola che guida l’azione e le scelte del governo sono le valutazioni che hanno e devono continuare ad avere una base scientifica. É mio dovere attenermi a questa”.
Giuseppe Conte, in questo modo, replica alle polemiche per il nuovo decreto sulla Fase 2. “C’è una certa rigidità del comitato tecnico-scientifico, ma se c’è è sulla base della letteratura scientifica sui contagi che loro hanno a disposizione”, riconosce Conte, che continua: “Capisco il sentimento di frustrazione e di contrarietà, ma per capire la situazione che stiamo vivendo mi attengo a un esempio e a un semplice calcolo che riguarda la vita di tutti noi. Se un paziente solo, il famoso paziente uno, è riuscito a far esplodere un focolaio e a scatenare un contagio tale da obbligarci a chiudere l’intera Italia, riuscite a immaginare cosa potrebbe succedere con 100 mila casi positivi, quali sono quelli attualmente accertati? Senza contare che in questo momento sicuramente ci sono anche positivi non accertati”.

L’indice contagi rischia di salire

 
Conte sottolinea: “L’indice del contagio R0 adesso è sotto l’uno. Se tornasse a 2 vorrebbe dire in pochissimo tempo 200 mila contagiati, poi 400 mila, poi 800 mila, poi 1 milione e seicentomila e così via. La curva diventerebbe esponenziale. Con il tasso di letalità che c’è, sarebbe imperdonabile. Abbiamo l’obbligo di tenerla sotto controllo in tutti i modi. Adesso tutto ci sembra più semplice perché siamo chiusi in casa. Ma basterebbe pochissimo per perdere il controllo della situazione. Soltanto che questa volta precipiteremmo in una condizione ben peggiore e forse irreversibile”.
Il premier dice ancora: “Ai cittadini abbiamo voluto allentare un po’, per andare incontro ai desideri comuni, evitando però una sensazione di ‘liberi tutti’ e di trasformare la ritrovata libertà in un diffusore del contagio anche tra i familiari e gli amici. Anche per questo abbiamo mantenuto l’autocertificazione, con specifiche motivazioni. Proseguiremo per step, pronti a correzioni se vedremo la curva rialzarsi. Ricorreremo a nuove zone rosse, se necessario”, ripete il presidente del Consiglio, che promette di risolvere presto anche il nodo delle funzioni religiose: “Con la Cei lavoreremo per concordare uno specifico protocollo di sicurezza, in modo da garantire a tutti i cittadini che parteciperanno a celebrazioni liturgiche condizioni di massima protezione questo anche per tutelare i parroci e i celebranti contro il rischio che si diffonda il contagio tra i fedeli”. 

Il caldo potrebbe aiutare

Serve ancora molta prudenza per ripartire ma “a giugno con il caldo umido il virus potrebbe attenuarsi”. Lo afferma Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Speranza ed esperto di sanità pubblica di fama internazionale. Ricciardi cita “uno studio presentato il 24 aprile dal sottosegretario alla sicurezza interna Usa alla Casa Bianca: mostrerebbe che il virus soffre il caldo umido. Al chiuso, con 24 e 20% di umidità puo’ resistere su una superficie per 18 ore, con 35 e un tasso di umidità dell’80% la sua permanenza non supera l’ora. Se poi si è al sole bastano 24 e lo stesso livello di umidità perché scompaia in due minuti”. Quanto alla scelta del governo per la fase 2, Ricciardi osserva che “oltre 100 simulazioni del Comitato scientifico mostrano che riavviare contemporaneamente la mobilità da lavoro e quella sociale avrebbe comportato un aumento esponenziale della curva epidemica. Il Paese chiedeva di poter tornare a produrre. Si è fatta una scelta”. Ora bisogna agire “in modo deciso nelle Rsa e consentire ai positivi non gravi che non sono nelle condizioni di restare in isolamento a casa di essere accolti in strutture idonee”.

Continuano a calare i pazienti in rianimazione

É salito a 199.414 il numero dei contagiati da coronavirus in Italia, con un aumento di 1.739 casi in 24 ore (domenica erano stati 2.324). Per il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, “il trend indica un progressivo decremento dei morti e dei casi di infezione, anche se con meno tamponi fatti”. Il governatore della Lombardia chiede per la Fase 2 di “confermare l’obbligo delle mascherine all’aperto”.

Dai dati della Protezione civile, il numero che spicca è il calo dei pazienti in terapia intensiva, sotto i 2mila (sono 1.956, 53 in meno di ieri): non accadeva dal 16 marzo. I posti in rianimazione saranno un indicatore importante anche per la Fase 2, specie in caso di nuovi scoppi epidemici. In 24 ore condizionate dal numero esiguo di tamponi rispetto alla media del periodo, appena 32mila, “colpa” del ponte festivo, si registra comunque il decremento record di ricoverati con sintomi nei reparti ordinari: -1.019, di cui 956 in Lombardia. Tornano a scendere i malati, gli “attualmente positivi”, che ora sono 105.813, con un calo di 290 (ieri erano risaliti di 156); i contagiati totali (che comprendono anche morti e guariti) crescono di 1.739 unità (l’aumento ieri era stato di 2.324) e si avviano ai 200mila. Le persone dimesse ammontano ora a 66.624: in un giorno i guariti sono aumentati di 1.696 unità (erano stati 1.808 domenica). Le vittime giornaliere sono invece 333, un dato più alto del giorno addietro, quando si era registrato l’incremento più esiguo dal 15 marzo (+260).

La situazione in Lombardia

Segnali ancora contrastanti dalla Lombardia, l’epicentro della pandemia in Italia. Oltre al calo massiccio di ricoverati, i decessi (in totale 13.449, la metà del totale nazionale) aumentano di 124 rispetto a ieri, quando erano stati 56. I positivi sono 73.479, con un aumento di 590, ma i tamponi effettuati sono stati solo 5.053 (12.642 quelli effettuati sabato). In compenso sono ora 680 i ricoverati in terapia intensiva e “rispetto al 3 aprile sono più che dimezzati, dato che avevamo circa 1.400 persone”, sottolinea il vicepresidente della Regione Fabrizio Sala.

“Mascherina resti obbligatoria, ma riaprire attività commerciali”

Critico con l’annunciata Fase 2 anche Attilio Fontana, che il 4 maggio in Lombardia avrebbe “riaperto alcune attività commerciali, qualche negozio”. Mantenendo sì l’obbligo delle mascherine, che invece in Piemonte non c’è ancora, e magari “non durante tutto l’arco della giornata, alternando mattino e pomeriggio con ingressi limitati e con controlli di chi ci entra”. “Non è questione di coraggio, è rendersi conto della realtà in cui viviamo – sostiene il governatore lombardo -: se dovessimo aspettare l’R0 non apriremmo più per parecchio tempo“.

La situazione in Liguria

Con un’ordinanza firmata dal governatore Giovanni Toti, la Liguria entra nella Fase 2. “Riaprono alcune attività, via allo sport all’aria aperta e un po’ più di mobilità per i liguri, tornano le passeggiate in famiglia, anche con i bimbi, se si vive tutti sotto lo stesso tetto”, ha spiegato Toti. Via libera anche alla riapertura dei ristoranti, ma con la formula del ‘take away’ e su prenotazione.

Caos Fase 2, il salto in avanti del Veneto

Le differenze tra la situazione nelle varie Regioni sono il tema centrale anche in vista della Fase due. “Il lockdown, la chiusura totale, non esiste più”, è stato infatti l’annuncio del Veneto che, dalle 18 di lunedì ha consentito lo spostamento individuale per attività motoria e all’aria aperta, anche in bicicletta. Via libera da domani anche agli spostamenti verso le seconde case o le imbarcazioni ormeggiate al di fuori del Comune di residenza, ma solo per manutenzione o riparazioni. “Nessuna prova muscolare”, precisa il governatore Luca Zaia, anche se le misure annunciate ieri sera dal premier Conte sembrano avere incrinato il rapporto tra il governo e le Regioni, divise tra chi teme una ripartenza troppo affrettata, come il Piemonte, chi vorrebbe farlo prima, come Sardegna e Umbria, e chi come la Liguria invoca una “maggiore autonomia”.

Piemonte: “No a take away”

Chi avrebbe voluto “un po’ di tempo in più” è il Piemonte, con il governatore Alberto Cirio convinto che si debba ripartire, ma con “prudenza”. Sì dunque alla riapertura delle attività produttive, ma niente take away, perché può creare “situazioni di assembramento difficilmente gestibili”, né spostamenti verso le seconde case, “che consentiremo in un secondo momento”.

Il monito di De Luca in Campania

“Senza comportamenti responsabili si rischia il ritorno al lockdown totale”. É il monito del governatore della Campania, Vincenzo De Luca, dopo la diffusione di alcune foto che mostrano numerose persone sul lungomare Caracciolo di Napoli. “Il diffondersi di comportamenti irresponsabili produrrebbe una ripresa forte del contagio e renderebbe inevitabile il ripristino immediato del divieto di mobilità”, ha spiegato infatti De Luca.
“É evidente a tutti che se non c’è da parte di ogni singolo cittadino senso di responsabilità – ha proseguito il governatore campano -, si rischia di prolungare all’infinito l’emergenza e la sofferenza di tutti, soprattutto dei bambini”. L’ira di De Luca arriva nel giorno in cui dopo settimane nella Regione si è consentita la mobilità dalle 6:30 alle 8:30 e dalle 19 alle 22. “Oggi per strada un eccesso di persone senza mascherine, senza distanziamento sociale, con assembramenti pericolosi”. “É stata – ha spiegato il governatore riferendosi all’allentamento del lockdown – una misura presa per dare respiro soprattutto alle famiglie con bambini. Ma è indispensabile ribadire che l’ordinanza vigente rende obbligatorio: uso delle mascherine; distanziamento sociale; mobilità solo nelle vicinanze della propria abitazione. Non è assolutamente consentita una mobilità senza limiti, non protetta, disordinata. Forze dell’ordine e polizie municipali, sono invitate a garantire il rispetto rigoroso dell’ordinanza”.