Sì alla Superlega: il calcio è (di nuovo) nel pallone

La clamorosa sentenza della Corte di Giustizia europea, che parla di "abuso di posizione dominante" di Uefa e Fifa, ribalta la questione. Ma il fronte del "no" è già vasto

Superlega
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Nuovo capitolo della querelle Superlega, stavolta con la netta sensazione di trovarsi sulle soglie del pantano. Perché, carte alla mano, la Corte di Giustizia dell’Unione europea ha dato ragione ai promotori del mega-campionato europeo, rivisto, riformato, reimpostato e reso più fruibile per depennare dall’elenco delle cose che non andavano all’epoca del primo tentativo (2021) la voce numero uno, ossia la conformazione elitaria del consesso. Parola di Florentino Perez e degli altri fautori della Superlega, il nuovo format pensato per superare le reticenze sarà fondato in primis sulla possibilità, per numerosi club, di avvicendarsi nel novero dell’élite del calcio, diversificando le leghe interne e offrendo la variabile potenzialmente vincente dello streaming gratis per la trasmissione delle partite. Il tutto, partendo dal presupposto della Corte Ue, secondo la quale “le norme di Fifa e Uefa sull’autorizzazione preventiva delle competizioni calcistiche interclub, come la Superlega, violano il diritto dell’Unione”.

La sentenza della Corte Ue

C’è voluto un po’ ma, alla fine, il ricorso ha arriso alla Superlega, i cui vertici si sono detti convinti dell’illegalità del monopolio delle due federazioni, quella internazionale e quella europea, nell’organizzazione delle competizioni, in questo caso quelle tra club. In pratica, stando così le cose, non sarà l’uno a dover far posto all’altro, ma tutti gli enti dovrebbero stabilire una sorta di regola di convivenza. Con la questione, tutt’altro che marginale, di dover gestire un modello di competizione che andrebbe, con effetto diretto, a scuotere le fondamenta delle competizioni nazionali, oltre che a ridimensionare inevitabilmente ciò che, finora, ha conservato il maggior appeal a livello calcistico. E i punti critici, al netto della rivoluzione nel programma, emergono già a poche ore dal pronunciamento dei giudici di Lussemburgo.

La nuova Superlega

A spingere sull’acceleratore, tra i dodici club fondatori, erano state Real Madrid e Barcellona. Le uniche, a conti fatti, ad aver resistito alla prima ondata contraria, parallelamente all’abbandono progressivo del progetto da parte della maggior parte delle altre società. L’obiettivo è rimasto fondamentalmente lo stesso: elevare lo status dei club più importanti per offrire agli spettatori (o forse sarebbe meglio dire telespettatori) la possibilità di gustare dei match sempre di altissimo livello, con incontri cadenzati tra i migliori club del panorama calcistico europeo.

Se in un primo momento il format pensato aveva fatto storcere la bocca a molti, tra la strategia di adesione a inviti e l’aspetto generale di blocco elitario, l’A22 Sports Management (società che cura gli interessi del consorzio) ha fatto sapere che il nuovo torneo sarà decisamente diverso. Addirittura 64 squadre, ben tre leghe e meccanismo di promozioni e retrocessioni. Un’impronta generale che, teoricamente, dovrebbe invogliare più club ad aderire al progetto, a prescindere dal loro peso specifico nel calcio continentale. In pratica, anche stavolta c’è chi ritiene fin troppo ambizioso un programma simile.

La posizione dell’Uefa

Nonostante A22 Sports garantisca il perfetto incastro dei match della Superlega coi campionati nazionali (con le partite che “si giocheranno a metà settimana”), sarebbe difficile aderire a un progetto simile senza cedere alla tentazione di accantonare altre competizioni. Il che, secondo i detrattori, significherebbe inevitabilmente svilire le competizioni nazionali, a discapito della loro rilevanza anche in funzione delle partecipazioni alle manifestazioni internazionali. Il presidente dell’Uefa, Aleksander Ceferin, ha apertamente criticato anche il nuovo format presentato che, a suo giudizio, impedirebbe a squadre in forte ascesa di accedere ai livelli maggiori, di fatto snaturando nuovamente il principio di meritocrazia che si puntava a rafforzare. “In generale – ha detto – siamo felici perché la sentenza riconosce la fondamentale importanza dei nostri principi: solidarietà e merito. La sentenza non da il via libera alla Superlega”.

Il fronte del “no”

Conti alla mano, al momento il numero dei contrari è aumentato. Annoverando, peraltro, club inizialmente favorevoli, se non addirittura fondatori, come l’Inter, il Manchester United e l’Atletico Madrid. Altri “no” sono stati sostanzialmente ribaditi, da quello delle formazioni tedesche, Bayern Monaco in primis, a quello della Roma, Psg e Monaco. Più morbida la posizione dei campioni d’Italia in carica del Napoli, col patron De Laurentiis disposto quantomeno a valutare gli standard del nuovo format. Del resto, anche il governo britannico ha già comunicato ai club che, a breve, sarà varata una legge per impedire l’adesione alla Superlega.

A torneo solo immaginato, il catino di soggetti coinvolti sta già andando oltre lo sport. Anche perché andrà spiegata la questione dello streaming gratuito in un mondo sportivo che poggia gran parte dei propri introiti proprio sulla trasmissione dei match. La sensazione strisciante è quella di un progetto non più maturo ma solo più ambizioso.