Paghe basse e rischi elevati: Nico Massarin (Anab) racconta il mestiere di assistente bagnante

L'intervista al vicepresidente dell'Associazione nazionale assistenti bagnanti, Nico Massarin

Dopo la pandemia da Covid, l’incertezza economica causata dallo scoppio della guerra in Ucraina in seguito all’invasione russa, l’estate 2022 era attesa da molti. Sia dagli operatori del settore legato al turismo, sia dai turisti stessi. Nonostante siamo arrivati ad agosto, alcune piscine e strutture balneari sono in forte difficoltà in quanto non sono in grado di completare il loro organico: mancano i bagnini.

L’intervista

Secondo il sindacato balneari di Confcommercio in Italia mancano almeno 3 o 4mila bagnini. Si tratta di un numero di guardaspiaggia pari a circa il 30-40% di quelli che sarebbero necessari a livello nazionale: per più di un motivo sembrano non subire più il fascino di questo mestiere. Ma come mai si fa così fatica a trovare i bagnini per garantire la sicurezza delle spiagge? In parte la colpa è stata data al Covid: con la pandemia non c’era possibilità di accedere alle piscine per i corsi e quindi non hanno potuto prendere il brevetto. Altro tema riguarda i giovani che non avrebbero più voglia di fare questo lavoro… ma è davvero così?

L’intervista

Interris.it ha intervistato Nico Massarin, vicepresidente nazionale dell’Associazione Nazionale Assistenti Bagnanti, per capire come mai si sia creata questa situazione.

Come mai in questo 2022 si è verificato questo allarme della carenza di assistenti bagnanti?

“Non è un problema che riguarda esclusivamente questa stagione. Forse, quest’anno se ne ha maggiore contezza per il risalto che i media hanno dato alla notizia. Sono diversi anni che esiste questa problematica. Con l’arrivo di giugno e luglio, in parte questa carenza si è risolto, ma ci sono molte ditte che hanno difficoltà a completare l’organico”.

Per quali motivi c’è questa difficoltà nel trovare assistenti bagnanti da assumere?

“Il problema non sta nel rinnovo dei brevetti come si è detto; in periodo di pandemia la difficoltà era di accedere alle piscine per poter seguire i corsi di formazione, ma poi questo aspetto è stato recuperato. Non è questo il problema principale, ma parte da più lontano e accomuna tutti i lavori stagionali. Negli anni passati, i lavoratori stagionali potevano usufruire, nel periodo invernale della disoccupazione. Venendo a mancare questa, le persone cercano altri impieghi che garantisca loro un reddito stabile. Esistono diversi tipi di contratto, variano un po’ da zona a zona, alcuni non sono per niente appetibili in quanto non coprono né malattia, né ferie, né infortunio. Fa strano anche chiamarli contratti perché in realtà potrebbero essere considerati delle ‘mance’. In alcune zone di Italia il compenso è di 3-4 euro l’ora, in altre non vengono retribuite per intero tutte le ore di lavoro. Queste situazioni non sono così rare purtroppo. Ma ci sono altre cose che non rendono appetibile questo tipo di lavoro”.

Quali?

“Nell’immaginario collettivo, gli assistenti bagnanti sono quelli che non fanno niente, stanno seduti in spiaggia a guardare il mare. Ma non è così. Oltre alle paghe basse, i rischi penali a cui potremmo andare incontro sono molto alti. In più, non siamo tutelati da questo punto di vista: qualora dovesse verificarsi un incidente e si dovesse arrivare a un processo, le spese legali sono interamente a nostro carico. Le piscine devono avere un assistente bagnante ogni 400 metri quadrati di specchio acqueo. Al mare, ogni 150 mila quadrati ci sono due bagnini. Immagina il carico di responsabilità? Pensi poi si ci dovesse essere il mare mosso. Inoltre, noi abbiamo la responsabilità anche delle persone che si trovano sulla spiaggia”.

Quindi rientra sotto la vostra responsabilità anche il bagnante che dovesse avere un malore sotto l’ombrellone?

“La maggior parte delle emergenze si verifica fuori dall’acqua. Nei giorni scorsi, siamo intervenuti per aiutare una persona che aveva un attacco epilettico, un’altra che si era ferita al piede… C’è tanto da sorvegliare, non è così semplice il nostro lavoro”.

Intervenite anche nello specchio d’acqua che si trova di fronte alle cosiddette spiagge libere?

“Sì, certo, anche se lo specchio acqueo non è di nostra competenza. Se gli assistenti bagnanti non intervenissero, sarebbero perseguibili a norma di legge in quanto non si sono adoperate per trarre in salvo il bagnante. In sostanza, noi siamo pagati per controllare la spiaggia e lo specchio d’acqua per lo stabilimento da cui siamo assunti. Ma se lì a fianco c’è una porzione di spiaggia libera, ci viene accollata la sorveglianza anche di quello. Capirà bene che per uno stipendio di 7-8 euro l’ora, per i più fortunati, non è molto appetibile se si mettono sull’altro piatto della bilancia i potenziali rischi”.

C’è anche un problema di ricambio generazionale?

“In realtà, ho più l’impressione che siano in un certo senso cambiati i giovani e che molti di loro non abbiamo né la voglia né la necessità di lavorare d’estate. Quei pochi che vengono a cercare lavoro come bagnini non lo prendono molto seriamente, forse alcuni pensano che sia un modo per fare una sorta di vacanza retribuita. I giovani dovrebbero essere affiancati da professionisti, ossia coloro che fanno questo mestiere da molti anni in maniera continuativa, sono quindi dotati di esperienza ed hanno la capacità per formare gli altri”.

Qual è secondo lei un requisito importante che deve avere un assistente bagnante?

“Deve saper fare molta prevenzione, in modo da evitare che i bagnanti possano avere dei comportamenti poco responsabili. A volte, si pensa che se un bagnino ha molti salvataggi al suo attivo sia più bravo. Io penso esattamente il contrario”.