Conflitto israelo-palestinese: la testimonianza dei volontari di Operazione Colomba

L'intervista in esclusiva ai volontari di Operazione Colomba, il corpo di pace voluto dal Servo di Dio don Oreste Benzi, che vivono nell'estremo sud della Cisgiordania, ai confini del deserto del Neghev

Foto @Apg23

Nel lunghissimo conflitto israelo-palestinese, fatto di violenza, ingiustizie, terrorismo, ci sono tante iniziative di pace e riconciliazione che sono state portate avanti da centinaia di organizzazioni della società civile di tutto il mondo. Migliaia di volontari che in tanti anni hanno collaborato con associazioni israeliane e palestinesi per promuovere la pace. Fra di esse c’è Operazione Colomba, il Corpo di Pace voluto dal Servo di Dio don Oreste Benzi. Promosso dalla Comunità Papa Giovanni XXIII è presente in Israele e Palestina da circa 20 anni. I volontari sono presenti nell’estremo sud della Cisgiordania, ai confini del deserto del Neghev, nel piccolo villaggio di At-Twani, che sorge vicino ad una colonia israeliana. Si tratta di un’esperienza piccola ma nota in tutto Israele e oltreconfine. Qui nel 2004 i volontari di pace riuscirono ad ottenere dalla Knesset, il Parlamento israeliano, l’ordine per i soldati israeliani di scortare i bambini palestinesi che andavano a scuola per proteggerli dalla violenza dei coloni. La scorta continua ancora adesso. Abbiamo raggiunto al telefono i volontari di Operazione Colomba.

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Com’è la situazione nella zona?

“Il clima è tesissimo. Da sabato sono iniziate ronde di coloni e soldati israeliani intorno al villaggio in cui viviamo. La stessa cosa sta accadendo in tutti i villaggi palestinesi del sud della Cisgiordania. Ci è stato riferito che nei villaggi vicini alcuni agricoltori che erano andati a controllare i loro campi sono stati inseguiti dai coloni”.

Come si stanno comportando i soldati?

“Anche i soldati hanno i nervi a fior di pelle. Sabato alcuni pacifisti israeliani sono stati oggetto di spintoni durante un controllo della polizia”.

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Avete la possibilità di muovervi?

“No. Tutti i villaggi sono chiusi, isolati. Non si può entrare né uscire. Nessun ordine ufficiale è stato comunicato dalle autorità, ma siamo in un coprifuoco di fatto. Non si può andare né sulle strade usate dai palestinesi né sulla bypass road, la strada riservata agli israeliani. A fatica si può uscire di casa per fare qualche metro per andare nelle abitazioni vicine”.

Ci sono provviste a sufficienza?

“Per il momento non ci sono particolari problemi, ma bisognerà vedere quando riapriranno”.

Avete contatti con gli abitanti della Striscia di Gaza?

“Ci è stato riferito che hanno subito dieci ore di bombardamenti. Molte famiglie palestinesi vorrebbero andare in un posto sicuro dopo che Netanyahu ha avvertito gli abitanti di lasciare Gaza. Ma il punto è che non sanno dove andare. La Striscia è chiusa ed è un fazzoletto di terra grande un comune di provincia. Sappiamo che molti si sono rifugiati nelle scuole delle Nazioni Unite”.

Cosa si aspettano i palestinesi che incontrate?

“Ci dicono che adesso Israele è concentrato sull’assedio che faranno alla Striscia di Gaza, ma poi la vendetta si estenderà anche a tutta la Cisgiordania. Il punto non è se lo faranno ma quando”.

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Luca Luccitelli, membro dell’Apg23