Giovani tra paure e dipendenze: lo studio degli psicologi toscani

La dottoressa Rossella Capecchi spiega i risultati emersi dallo studio condotto dall'Ordine dei Psicologi della Toscana sulla salute mentale dei toscani

Rossella Capecchi - Giovani
A destra Rossella Capecchi. Foto di Christian Erfurt su Unsplash

È oramai cosa nota che i giovani non sono più spensierati e felici come lo erano i loro coetanei di qualche decennio fa. Sono tante le paure e le preoccupazioni che affollano la mente delle nuove generazioni, come la paura di non trovare una propria indipendenza, di non affermarsi nel lavoro dei propri sogni e la paura della solitudine. Gli inglesi la definiscono “Quarter-life crisis”, la crisi dei 25 anni, una condizione caratterizzata da ansie e da incertezze, un periodo di confusione e di depressione, che sembra colpire quasi la maggior parte dei giovani adulti.

Lo studio dell’Ordine degli Psicologi della Toscana

L’obiettivo era quello di indagare lo stato di salute psicologica dei toscani attraverso un’indagine rivolta agli psicologi che lavorano negli studi privati, all’indomani della pandemia e della crisi economica che ha investito il nostro Paese. Lo scenario che ne è scaturito è tutt’altro che confortante ed emerge che i giovani di età compresa tra i 20 e i 30 anni convivono con uno stato d’animo influenzato dalla paura.

L’intervista

Interris.it ha intervistato la dottoressa Rossella Capecchi, consigliera segretario dell’Ordine degli Psicologi della Toscana, che ha partecipato alla realizzazione dell’indagine e che ha spiegato i dati emersi.

Dottoressa, perché avete condotto questo studio?

“Alla luce dei tanti eventi difficili che abbiamo attraversato in questo ultimo triennio volevamo avare una fotografia reale della salute psicologica dei cittadini toscani. Hanno risposto al nostro questionario 1112 colleghi che svolgono attività clinica in studi privati, a cui abbiamo chiesto se rispetto all’anno precedente avevano notato qualche differenza nei pazienti che seguono”.

Quale è la fascia di età in cui si è notato un incremento di richiesta di cura?

“Innanzitutto il 73% dei colleghi che hanno risposto dice di aver avuto un aumento dei pazienti. Questo dato riguarda tutte le fasce della popolazione e dimostra come le difficoltà psicologiche riguardino la maggior parte delle persone. La gran parte dei professionisti riscontra differenze rispetto all’anno precedente nella richiesta dei giovani adulti che vanno dai venti ai trent’anni (44%), seguita da preadolescenti e adolescenti (31%)”.

Tra questi giovani quali sintomatologie avete rilevato?

“Il 51% dei colleghi dice di avere riscontrato una sintomatologia ansiosa, il 20% problemi relazionali, a seguire l’11% sintomatologie depressive. Nei giovani viene segnalata una maggiore richiesta di aiuto per la presenza di abuso digitale e dei social (75%), di dipendenze patologiche (53%), di disturbi del sonno (56%) e disturbi ossessivo – compulsivi (53%). Rispetto invece alle paure principali, il 28% dei professionisti ha dichiarato di aver rilevato la paura del futuro, seguita da quella dell’abbandono e della solitudine, della morte e del presente”.

Da cosa dipendono queste fobie?

“Sicuramente a giocare un ruolo importante è il contesto in cui viviamo che è tutt’altro che rassicurante. Il presente è stato minato da eventi esterni che impedisce loro di riuscire a proiettarsi verso il futuro senza l’incertezza di cosa potrebbe accadere. L’uscita dalla pandemia ha lasciato strascichi importanti e il contesto economico in crisi, le guerre vicine e i disastri ambientali hanno amplificato le insicurezze e le paure”.

Cosa preoccupa della sfera professionale?

“Il mondo del lavoro non riesce più a dare ai giovani tutte le sicurezze di un tempo e a loro volta i ragazzi non cercano più una professione che li gratifichi solo economicamente, ma desiderano raggiungere una soddisfazione personale. Purtroppo questa aspettativa è difficile da realizzare e quando se ne rendono conto aumenta in loro lo stato d’ansia e subentra la frustrazione”.