La cultura dell’inclusione contro la barbarie dell’odio. Testimonianze

Dall'Italia agli Stati Uniti esempi di resilienza e condivisione in risposta all'escalation di tensioni che segnano lo scenario internazionale 

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La cultura come argine di civiltà alla barbarie dell’odio. Testimonianze di inclusione contro la globalizzazione dell’indifferenza. Dall’Italia agli Stati Uniti esempi di resilienza e condivisione in risposta all’escalation di tensioni che segnano lo scenario internazionale. Tracce di speranza che attraversano anche uno degli eccidi simbolo della brutalità della guerra nel nostro Paese quello accaduto il 12 agosto 1944 quando furono uccisi dai nazifascisti 560 tra bambini, donne e anziani nella frazione Sant’Anna a Stazzema (Lucca) in Toscana. Ed è nella memoria degli italiani come ha ricordato spesso anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Pochi i superstiti, all’epoca bambini, che riuscirono a salvarsi da quella mostruosità compiuta dai soldati tedeschi della 16esima divisione delle SS, guidata dal generale Max Simon, sui monti dell’Alta Versilia. Ora l’Europa riconosce il valore di questo posto. Un simbolo di pace, un presidio di memoria quel paesino minerario martire. La Commissione europea ha conferito a Sant’Anna di Stazzema (Lucca) il “Marchio del Patrimonio europeo 2023”. Come “luogo della memoria che commemora le sofferenze subite dalle popolazioni civili durante le guerre”. Il Parco della Pace rappresenta “un sito significativo e ben concepito per discutere dei conflitti politici e promuovere i valori europei”, si legge nelle motivazioni”.

Cultura di pace

Il 12 agosto 1944 su Sant’Anna di Stazzema scese il buio della umanità. E si deve al superamento dell’idea di guerra con l’istituzione del Parco della Pace nel 2000 in quei luoghi un enorme esempio per sempre. Non più solo cimitero ma testimonianza e memoria dove ritrovare civiltà. La mattina di 80 anni fa centinaia di corpi rimasero a terra, bruciati, straziati. Erano nonni, madri, figli piccoli e nipoti, i paesani e gli sfollati saliti a cercare un rifugio dalla guerra. Uccisero Anna, l’ultima nata nel paese, di appena 20 giorni. Uccisero Evelina, che quel mattino aveva le doglie del parto. Uccisero Genny, la giovane madre che, prima di morire, per difendere il suo piccolo Mario, scagliò il suo zoccolo in faccia al nazista che stava per spararle. Uccisero il prete Innocenzo, che implorava i soldati nazisti perché risparmiassero la sua gente. Uccisero gli otto fratellini Tucci, con la loro mamma. Una storia che oggi ancora ci dilania. Spike Lee la evocò in Miracolo a Sant’Anna. Mentre Giorgio Diritti con “L’uomo che verrà” ha ricordato al cinema l’episodio di Marzabotto, autunno 1944, 760 vittime.
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Foto di Sara Kurfeß su Unsplash

Identità europea

Di “bellissima notizia” e di “riconoscimento importante per quello che è diventato un simbolo nella memoria profonda della Nazione” parla il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano. “Si tratta di un luogo cardine della nostra storia che ha inciso, con la sua sofferenza, nel fondamentale processo di formazione della comune identità europea”, spiega il titolare del Mic. Che lo scorso novembre al momento della preselezione nazionale dei siti italiani aveva indicato Sant’Anna e il complesso monumentale di San Vincenzo al Volturno, in Molise. Il sindaco di Stazzema Maurizio Verona sottolinea la soddisfazione “non solo come sindaco ma anzitutto come uomo e per i superstiti della strage che hanno dedicato gran parte della loro vita a cercare di trasferire la memoria del 12 agosto 1944 alle giovani generazioni attraverso una costante missione di testimonianza e di diffusione dei valori fondativi dell’Europa”. Il governatore toscano Eugenio Giani ricorda che “il primo presidente della Regione Toscana Lelio Lagorio definì Sant’Anna di Stazzema “capitale morale della Toscana”. E aggiunge che “Sant’Anna con il suo esempio ci ricorda a cosa portino i nazionalismi e le ideologie di divisione”.  L’Associazione Martiri di Sant’Anna è tra le voci più vive di questa memoria con itinerari, eventi, mostre come l’ultima nel marzo scorso dedicata alle donne dell’eccidio: ben 258, di cui 43 bambine. Tre di loro hanno ricevuto la Medaglia d’oro al merito civile per gli atti di eroismo compiuti durante l’eccidio. 
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Foto di Gerd Altmann da Pixabay

Cultura dell’inclusione

La cultura passa dalla memoria, ma anche dall’inclusione. Parte da Pesaro 2024 “Un modello che le Capitali italiane della cultura a venire dovranno fare proprio realizzando, ogni anno, momenti di approfondimento, analisi e progettualità dedicate, per narrare e diffondere quanto più possibile una nuova cultura di inclusione”. Così il sindaco Matteo Ricci e il presidente del Consiglio comunale con delega al Peba (Piano per l’eliminazione delle barriere urbanistiche) Marco Perugini, in apertura ai lavori degli Stati generali dell’accessibilità pesaresi, in corso all’Auditorium Scavolini. Una terza edizione ricca di novità – la nuova location, gli spettacoli pomeridiani, le buone prassi nazionali e internazionali, la conduzione di Paola Severini Melograni, giornalista, saggista, conduttrice radiofonica italiana e ideatrice di “O anche no” programma Rai di inclusione sociale, disabilità e diritti fondamentali – che si è aperta con il sindaco Ricci: “grazie a Paola Severini, che ha accolto l’invito e ha organizzato questo evento all’interno di Pesaro 2024. – ha detto Ricci – Attraverso la cultura ci stiamo interrogando sulle grandi questioni di questo tempo. Il cambiamento climatico in primis, la pace e tra le tematiche sociale quello dell’accessibilità è centrale. L’obiettivo per il futuro, è diventare Capitale dell’accessibilità, perché vorrà dire essere anche più competitivi dal punto di vista della qualità della vita e dell’accoglienza. C’è tanto lavoro da fare, ma la strada è quella giusta”.

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Foto di Ed Robertson su Unsplash

Cultura anti-odio

In un’America in cui “la censura da destra e da sinistra minaccia la libertà di espressione”, Salman Rushdie torna alla ribalta con Knife – Coltello, un nuovo libro – che esce domani anche in Italia con Mondadori – dedicato all’aggressione subita nell’estate 2022 quando fu preso a coltellate davanti agli occhi esterrefatti degli spettatori di una conferenza sul free speech a Chautauqua nello stato di New York. “Rispondo alla violenza con l’arte”, ha detto lo scrittore di Figli della Mezzanotte in una intervista alla Cbs che ha preceduto l’approdo domani del memoir in libreria. Sottotitolo “Meditazioni dopo un tentato assassinio”, Knife sarà pubblicato in contemporanea in Italia da Mondadori. Assomiglia nella copertina a una tela di Lucio Fontana, con quel taglio nel cartone che evoca l’affondo nella carne del coltellaccio di Hadi Matar, l’uomo di 24 anni del New Jersey radicalizzato su YouTube e durante un viaggio in Libano che, dopo aver letto un paio di pagine di I Versi Satanici, tentò di assassinarlo lasciandolo quasi completamente dissanguato sul palcoscenico. Quindici coltellate in 27 secondi, “quanto basta per leggere un sonetto di Shakespeare”. Il primo pensiero di Rushdie, che non chiama mai il suo aggressore per nome, fu: “Sei tu, dunque. Eccoti qui”. Dopo tanti anni passati a nascondersi, Rushdie vide la morte venire verso di lui: “Mi parve anacronistico, qualcosa che emergeva da un remoto passato e che cercava di portarmi indietro nel tempo”, ha spiegato alla Cbs il 76enne autore anglo-indiano che nel 1989 fu condannato a morte dall’ayatollah Khomeini per aver scritto un libro giudicato “blasfemo” ispirandosi alla vita di Maometto. Coltello è la storia dell’aggressione e delle conseguenze sul fisico dello scrittore (Rushdie ha perso la vista da un occhio e potrebbe perdere l’altro a causa della macula).

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Foto di Jon Tyson su Unsplash

Valore della memoria

Ma anche una storia d’amore che attribuisce il merito della guarigione al sostegno della moglie, la 46enne poetessa afro-americana Rachel Eliza Griffiths, sposata l’anno prima dell’attacco dopo un corteggiamento di quattro anni. L’intervista alla Cbs è stata accompagnata da altre al New York Times, al Corriere della Sera e al Daily Telegraph: “Volevo scrivere un libro che parlasse di amore e odio”, ha detto lo scrittore al Times, mentre al Corriere ha rivelato un ritorno alle precauzioni di un tempo e col Telegraph si è detto pronto a tornare nel Regno Unito, dove nel 2007 è stato fatto cavaliere per i servizi alla letteratura, se Donald Trump in novembre dovesse le elezioni. Il tema caldo, sottotraccia nel memoir, è quello della libertà di espressione di cui Rushdie, dopo aver smesso di nascondersi, si è fatto per anni paladino anche attraverso la leadership del Pen Usa. “Appoggiare la censura per conto di gruppi vulnerabili è un terreno scivoloso. Può dare risultati opposti a quel che vuoi”, ha detto alla Cbs. Per l’autore di Knife, ” l’offesa è diventata parte dell’identità politica. Ma c’è un modo facile per far sì che un libro non ti offenda: basta chiuderlo”.