Don Caleffi (teologo Lumsa): “La nuova evangelizzazione ha il cuore antico della mistica cristiana”

Le radici mistiche della nuova evangelizzazione di papa Francesco. Intervista a Interris.it del teologo della Lumsa e parroco romano don Simone Caleffi

Cielo

“La nuova evangelizzazione, rilanciata dal Giubileo della Misericordia, affonda le
sue radici nel cuore antico della mistica cristiana. Questa è l’era dei social network che accorciano le distanze geografiche. Ma corrono il rischio di allungare quelle personali. Risulta più che mai attuale ciò che scrisse negli anni Sessanta del secolo scorso Karl Rahner. Con una certa dose di intuizione avvertì: ‘Bisognerà dire che il cristiano del futuro o sarà un mistico, cioè, una persona che ha sperimentato qualcosa, o non sarà cristiano'”, spiega a Interris.it il teologo don Simone Caleffi

Risvolti etici

docente della  Libera Università Maria Santissima Assunta di Roma (Lumsa). Originario di Parma, don Simone Caleffi è parroco a Santi Cirillo e Metodio, a Dragoncello, nel settore sud della capitale. E’ autore di importanti saggi come “I rapporti tra il Papa e il Patriarca di Costantinopoli (1964-1995) visti dalla ‘Civiltà Cattolica’. L’ecumenismo come risposta alla scristianizzazione (Tau). E “Speranza e vita morale nel magistero recente della Chiesa. Da un’antologia critica sulla virtù bambina ai risvolti etici della grande sconosciuta” (Cittadella).

La missione della nuova evangelizzazione

Licenziato in Ecclesiologia alla Pontificia Università Lateranense, il presbitero e studioso emiliano  insegna Teologia morale. Disciplina nella quale ha conseguito la licenza e il dottorato all’Accademia Alfonsiana, nelle scuole di teologia dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Ecclesia Mater” alla Lateranense. Don Simone Caleffi è prete dal 2006, parroco nella diocesi di Roma e insegna Teologia alla Lumsa.La nuova evangelizzazione trae molti motivi di ispirazione dalle “periferie geografiche”. Esiste un “carisma” specifico delle nuove Chiese?

“In America, in Asia, in Africa e in Oceania la fede cristiana, arrivata più di recente, ha favorito lo svilupparsi di una liturgia che risulta più vivace. Un desiderio di fare comunità più sentito. Un ruolo dei catechisti e dei laici più sviluppato, a causa dell’esiguità di clero. Di fronte a questo panorama, è chiaro che in Europa la fede sembra come morta e il Concilio Vaticano II attuato poco. Per me, italiano, è stato sconcertante che la prima parola di papa Francesco fosse stata un semplice ‘Buonasera!’. Ma, avendo frequentazione con il continente americano, so anche che là ogni celebrazione eucaristica, prima del saluto liturgico, prevede il saluto comune”.

America Latina
America latina

In che modo ciò si riflette sul pontificato della misericordia di Francesco?

“Tutto questo background culturale si riflette nel pontificato di Francesco. Attraverso gesti e parole semplici quanto rivoluzionari. Dismissione di abiti pontifici senza una riforma scritta. Pronunciamenti a braccio. Uso dell’italiano e del castigliano al posto del latino e delle altre lingue moderne. Uscite, sorprendenti per gli addetti di sicurezza, fra la folla osannante. Decisione di lasciare l’appartamento pontificio per la casa Santa
Marta. dove il papa può pranzare con altri preti lì residenti. Mettendosi in fila al self service. E prendendo posto a tavola dove più gli piace. Primo viaggio del pontificato a Lampedusa, là dove si consumano stragi silenziate. Visite apostoliche a periferie esistenziali e geografiche. Concerti disertati con illustri ospiti e pranzi desiderati con i poveri. Messa in Coena Domini non in cattedrale ma in carcere o in un altro luogo di sofferenza. E l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo”.evangelizzazioneDa cosa nasce questa svolta?

“Il Concilio Vaticano II è il programma del pontificato di Francesco. Non solo come scelta obbligata di qualsiasi altro, posto a capo della Chiesa. Ma soprattutto come sua propria scelta. Banalmente parlando, è ovvio che più ci si allontana dall’evento conciliare, più è improbabile che al soglio pontificio venga eletto uno dei padri conciliari. Tuttavia, questo non significa che, andando avanti, ci si allontani sempre di più da quello spirito. Nella logica paradossale del Vangelo, è normale che succeda
il contrario, per cui Francesco può apparire pontefice più conciliare di Giovanni Paolo II o di Benedetto XVI che come padre il primo e come perito il secondo avevano preso parte attiva all’assise. Tuttavia, non mi sentirei di fare una classifica fra i papi, valutandone il grado di conciliarità”.evangelizzazionePerché?

“Credo che l’eredità conciliare dei diretti predecessori di Francesco non si possa riassumere adeguatamente in poche battute. Tuttavia, a caldo, risponderei che Giovanni Paolo II ci ha lasciato un desiderio di santità impareggiabile. Guardiamo alla sua personale santità. E pensiamo a cosa ci abbia voluto dire promuovendo alla gloria
degli altari più persone che in tutta la storia della Chiesa precedente. Egli è davvero l’uomo della ‘Lumen Gentium’. Cristo, luce del mondo, illumina la Chiesa. Chiamata ad essere faro di verità e di carità. Attraverso la testimonianza dei suoi santi”.EvangelizzazionePuò farci un esempio?

“Ogni credente è chiamato, in forza del Battesimo, a diventare santo. Tale consapevolezza è sempre esistita nella storia della Chiesa. E’ stata ribadita con nuovo vigore dal Concilio. Ed è stato il ‘fil rouge’ del pontificato di Giovanni Paolo II. Benedetto XVI è l’uomo della ‘Gaudium et Spes’. Con la grandiosa enciclica sulla speranza cristiana ha ridato centralità alla speranza. La virtù bambina così spesso dimenticata per le nostre scarse capacità che ci fanno pensare quasi solo alla fede
e alla carità. Ci ha dato un insegnamento semplice e profondo. Ha dialogato con tutti. Anche con quelli che potevano sembrare o effettivamente sono i più lontani. Ha promosso un dialogo intellettuale autentico. Espressione di un amore vero che non pretende di unire posizioni inconciliabili. Ma stringe leali e sinceri rapporti di stima e collaborazione. Ci ha lasciato un desiderio sempre più grande di ricercare, conoscere, amare e vivere la verità”Come si inserisce Jorge Mario Bergoglio in questa tradizione?

“Nella predicazione di Francesco è molto presente il tema della speranza che ci raccorda sia al pontificato antecedente che al Concilio. Egli ama ripetere tante volte e in diversi contesti: ‘Non lasciatevi rubare la speranza!’. Essa è il motore della
vita morale. Risposta alla chiamata che Dio ci fa. La sua rassicurazione (‘Dio non si stanca mai di perdonarci’) sembra essere un invito alla continua conversione. Alla confessione dei nostri peccati. Ad una vita fatta di opere di carità e misericordia
per la vita del mondo. La ‘Chiesa in uscita’ significa il desiderio di ciascun cristiano, a partire dai membri della gerarchia, di andare incontro a ciascun uomo e a ciascuna donna. Per beneficarli e sanarli con la stessa forza di Gesù, buon samaritano dell’umanità”.A cosa si riferisce?

“Solo il balsamo della misericordia può guarire le ferite degli uomini e delle donne di oggi. Colpiti dall’indifferenza dei contemporanei dimentichi del Vangelo. San Giovanni XXIII ha rinnovato la Chiesa con il desiderio di fare passi concreti di riavvicinamento con i cristiani che non appartengono alla Chiesa Cattolica. La sua lunga permanenza
in Oriente e le circostanze nelle quali si è trovato a vivere hanno favorito in lui il compiere gesti di unità. A partire da una carità molto concreta, come aiutare le popolazioni colpite dal terremoto in Bulgaria. O il curare le relazioni in Grecia e Turchia, data la sua presenza a Istanbul, allora capitale e dunque sede della nunziatura apostolica, del Fanar, il patriarcato ecumenico”.Radici ecumeniche?

“Sì. Francesco si è recato, come i suoi predecessori, in Turchia. Ha curato i rapporti con gli orientali ma, soprattutto attraverso contatti e motivazioni personali, con il mondo della Riforma protestante. Credo che i due momenti più significativi, infatti, siano stati la visita a Caserta e alla chiesa luterana di Roma. La Chiesa povera per i poveri non è un’invenzione di papa Francesco, ma la sua via per l’attuazione del Concilio”.EvangelizzazioneCioè?

“La costituzione dogmatica sulla Chiesa, al penultimo paragrafo del numero 8, afferma: ‘Come Cristo ha compiuto la redenzione attraverso la povertà e le persecuzioni, così
pure la Chiesa è chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza. La Chiesa, quantunque per compiere la sua missione abbia bisogno di mezzi umani, non è costituita per cercare la gloria della terra, bensì per diffondere,
anche col suo esempio, l’umiltà e la abnegazione. La Chiesa circonda d’affettuosa cura quanti sono afflitti dalla umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sofferenti l’immagine del suo Fondatore, povero e sofferente, si premura di sollevarne l’indigenza, e in loro intende di servire a Cristo”.evangelizzazioneQual è la chiave di lettura?

“Anche in altri tratti, ma soprattutto in questo brano, ravviso le radici conciliari della Chiesa povera per i poveri, secondo l’ormai famosa espressione di papa Francesco. La misericordia tanto predicata da papa Francesco è l’attuazione del Concilio Vaticano II, in quanto attuazione del Vangelo stesso. ‘Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amato, da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo’ (Ef 2,4-5). Queste parole sono state l’incipit della seconda enciclica di san Giovanni Paolo II. Il papa che, convinto dell’autenticità della santità di suor Faustina Kowalska, ha voluto istituire la festa della Divina Misericordia. E questa enciclica è citata in ‘Misericordiae Vultus’, la bolla di indizione del Giubileo straordinario della Misericordia”.