Al via il I Festival des Lumières con Ouvert la Nuit

Imaestosi giardini di Villa Medici prendono vita e colore durante la notte. La direttrice Muriel Mayette-Holtz ha  affidato il progetto d’illuminazione del palazzo all'artista Yann Kersalé, che ha creato un sistema d’illuminazione che ''colora, accende, sublima, rivela i tesori di Villa Medici'', come ha raccontato la direttrice dell'Accademia di Francia. Fino al 28 gennaio porte aperte, dunque, al pubblico dalle 17:00 alle 22:00, dal venerdì alla domenica, per “Ouvert la nuit”, nell'ambito del I Festival des Lumières. Un evento che vede tra i suoi protagonisti artisti di fama internazionale come Rosa Barba, Camille Blatrix, Christian Boltanski e tanti altri.

Arte interattiva

''L’idea è quella di utilizzare il grande spazio scenico che Villa Medici rappresenta nell’immaginario della città – afferma la curatrice Chiara Parisi -. Ma anche giocare con l’immaterialità della luce e con lo splendore dell’oscurità. Il titolo 'Ouvert la Nuit' fa riferimento alla raccolta di racconti di Paul Morand, in cui ogni storia è ambientata in una notte e in un luogo diversi. All’imbrunire il visitatore entra sulla scena e interagisce con le opere d’arte che gli si presentano davanti''. Poi aggiunge:  ''Un progetto notturno e misterioso, costruito insieme ad artisti di diverse generazioni e realizzato in grande libertà. Per ognuno degli artisti, i giardini si sono rivelati un rifugio per sviluppare o rielaborare creazioni inedite ed eccezionali”. “'Ouvert la nuit' sarà, dunque, una passeggiata notturna per incontrare, sotto le luci, la creazione contemporanea – afferma la direttrice Mayette-Holtz -. Un progetto che ritroveremo ogni anno e che permetterà di scoprire ogni volta un nuovo volto dei giardini di Villa Medici”.

Il percorso museale

Come riporta l'Adnkronos, il pubblico è invitato a sperimentare uno spazio idealizzato e rappresentato dai giardini della Villa. Grazie ad alcune macchine teatrali, Christian Boltanski e il light designer Jean Kalman hanno progettato un percorso sensoriale dove i visitatori, muniti di una lampada, affronteranno l'oscurità del parco perdendosi in uno spazio irreale, circondati da nebbia, neve e lucciole. Il giardino si apre agli spettatori con la “Loggia di Cleopatra”, dove è installato “Untitled (America)” di Félix González-Torres, con le sue celebri ghirlande di luci che l’artista installava nei musei, nelle gallerie e per le strade. Un'opera che dà vita a una doppia percezione, come una festa improvvisata ma profondamente nostalgica.

Gli artisti

Rosa Barba, siciliana trapiantata a Berlino, presenta “White Museum”, un'installazione in cui un proiettore cinematografico da 70mm, si riflette su uno specchio per “filmare” i pini marittimi. Di fronte, un'altra sua opera: una scritta in corsivo realizzata con il neon che si dispiega come una poesia fluttuante nello spazio. Nel carré dell’Orto, Elmgreen & Dragset hanno deciso, invece, di installare una scultura luminosa tra umorismo, sovversione e voyeurismo. Nina Canell e Robin Watkins propongono, al contrario, un'esperienza in cui la luce non si vede, ma si ascolta, con il loro progetto realizzato al Polo Nord. “The Luminiferous Aether” è la registrazione dei suoni di un’aurora boreale. Osservando il tronco di un pino marittimo, si può scoprire “Jesus is not enough” di Douglas Gordon, una scultura delle dimensioni di una mano, in cui la memoria collettiva e quella personale dell'artista si intrecciano.

Nell'Agrumeto, Lee Mingwei dà vita a “Small Conversation”, un paesaggio sonoro dove i protagonisti sono i versi di insetti che ricordano Taiwan, l'isola dove l'artista è cresciuto. Per Mingwei, questi suoni della natura stanno scomparendo non solo a causa dei cambiamenti climatici, ma soprattutto perché non dedichiamo il tempo necessario all’ascolto della notte. Christian Boltanski, ispirato dalle ombre cinesi, anima il giardino popolandolo di presenze irreali. Il pubblico potrà incontrare campanelle giapponesi nel carré della “Neviera” assieme a una “Danseuse”, una silhouette effimera e mutevole, presenza umana che ci trasporta più lontano in un altro carré animato dalle celebri installazioni di Boltanski fatte da lampadine. 

Segue poi “Lamentable” di François Morellet: un cerchio di neon blu evoca l'impossibilità di creare una forma sferica. La struttura dei giardini ha spinto Camille Blatrix e Hassan Khan a espandere il perimetro dell’esposizione oltre i carré, investendo l’intero spazio. Per attirare i visitatori nei giardini notturni, Camille Blatrix ha scelto di lavorare sulla forma del labirinto, sia metaforica che reale, disseminando un animale notturno nelle mani dei guardiani, con la creazione di un nido nel carré del Vigneto, ispirandosi al romanzo “Cosmos” di Witold Gombrowicz. Nel carré delle Colonne, il nigeriano Otobong Nkanga ha immaginato uno “scavo archeologico” composto da vetri illuminati fissati nel terreno, sui quali i visitatori possono leggere poesie o scoprire i disegni tracciati dall'artista. Tra sconfinamenti e valorizzazione del contesto, altre installazioni sono proposte da Trisha Donnelly e Jimmie Durham nella prospettiva di trasformare questo luogo idilliaco. Il progetto di Trisha Donnelly si basa principalmente sull’arte della percezione, dello stress e del desiderio, offrendo al visitatore la possibilità di aprirsi a nuove esperienze, attraverso un’installazione sonora nel carré del Narciso.

Jimmie Durham celebra questa festa di luci con un fuoco cerimoniale di legno aromatico, come quelli che accendeva con suo fratello e i suoi cugini durante la sua infanzia. Le ceneri rimarranno sul piccolo pezzo di terra bruciata nel carré del Frutteto per tutta la durata dell'esposizione, diventando un elemento fertilizzante per le successive colture. Ispirandosi al motto 'art for all', che cerca di superare i limiti dell’opera d’arte e di raggiungere il pubblico attraverso nuovi spazi e nuove modalità di fruizione, Maurizio Cattelan propone per l’occasione “Made in Catteland”. Un’opera portabile, una sciarpa con l’effigie di Villa Medici, simile alle sciarpe dei tifosi di calcio, che il visitatore acquista all’ingresso dei giardini per proteggersi dal freddo. Un progetto che mette in primo piano il sentimento di comunità, d’identificazione, di amore per un luogo, nella convinzione che i luoghi deputati all’arte possano essere punti d’incontro e l’arte un rito condiviso.