Route 21, la moto che crea l’inclusione

L'intervista di Interris.it a Gian Piero Papasodero, ideatore dell'iniziativa Route 21 che, attraverso la moto, aiuta l'inclusione delle persone con sindrome di Down

Un momento dell'iniziativa Route 21 (© Facebook "Route 21 Chromosome on the road")

L’inclusione sociale delle persone con disabilità passa, anche e soprattutto, attraverso lo svolgimento delle azioni quotidiane che, per ognuno di noi, possono sembrare scontate, come ad esempio un giro in moto.

L’iniziativa “Route 21”

Partendo da questo presupposto, Gian Piero Papasodero, presidente dell’associazione Diversa-Mente, dal 2015, ha ideato l’iniziativa denominata “Route21 Chromosome on the Road”, grazie alla quale, sei ragazzi affetti da sindrome di Down, dallo scorso tre settembre, stanno percorrendo un viaggio in moto attraverso 33 città italiane, che si concluderà il 5 ottobre a Roma, dove i motocilisti incontreranno Papa Francesco. Interris.it, in merito a questa esperienza di inclusione, ha intervistato Gian Piero Papasodero.

L’intervista

Come nasce e che obiettivi ha l’iniziativa di Diversamente chiamata “Route 21 Chromosome on the Road”?

“Ho scritto un libro su questa iniziativa, dal titolo “Strada, vita e cromosomi” nel quale parlo della genesi di questo progetto che nasce da lontano. Nel 2002, ho affrontato un problema di salute molto importante ed un giorno, dopo un incontro in ospedale con un un anziano li ricoverato, ho scoperto l’importanza del tempo nella maniera più completa, ossia di quello dedicato alle persone care che vorrebbero fosse loro dedicato. Quel giorno, ho fatto la promessa di dedicare parte del mio tempo libero, a chi ne avesse veramente bisogno. Così facendo, dal 2002 al 2013, ho fatto il volontario presso altre associazioni e, in quell’anno, un compagno di classe di mia sorella, affetto da una grave disabilità motoria, ha manifestato il desiderio di fare un viaggio in moto. Lì per lì sono rimasto basito, ma ho pensato a come potergli dare una mano. Ho chiesto in prestito un sidecar e, in 20 giorni, abbiamo fatto un giro d’Italia, ospitati da tutti i miei amici che, a mano a mano, durante il tragitto, ci hanno inviato a casa loro. Da lì è nato un viaggio che si chiamava “Con Piero in moto per l’Italia” e, storicamente, è il primo giro dell’Italia compiuto da un disabile motorio al 100%. Durante quest’esperienza ho cominciato a ricevere messaggi da parte di famiglie di persone con disabilità, le quali hanno manifestato contentezza per quello che stavo facendo. In quel momento, si è fatta ancora più forte l’idea, del fatto che, le persone, hanno bisogno di tempo e considerazione. Da quel momento, ho deciso di dare spazio a un’idea che ho maturato negli anni di volontariato, ossia vedere i ragazzi affetti da sindrome di Down fare il giro d’Italia in moto, inserendoli in un contesto di normalità. Essi, attraverso questa esperienza, hanno avuto una forte spinta all’autodeterminazione e soprattutto, siamo riusciti a capire che, ognuno di loro, ha un sogno nonché attitudine e vuole realizzarsi nella società che ogni giorno frequenta. In particolare, l’associazione Diversamente, è nata con un presupposto opposto a quello di tutte le altre associazioni, nelle quali si parla di disabilità, mentre invece noi parliamo di normalità. Guardando ognuno nella sua interezza, dietro la sindrome di Down, si riescono a vedere le loro potenzialità e ad inserirli all’interno della società, determinando la loro trasformazione in risorsa. Diversamente attua dei progetti sociali rivolti alle famiglie che ne fanno parte, senza nessun costo per le stesse. L’iniziativa Route 21, ad esempio, viene fatta grazie alle donazioni delle persone, alle magliette che vendiamo, ai diritti sul libro che ho scritto e a tantissime altre iniziative che portiamo avanti, volte a garantire l’autonomia economica dell’associazione, dando così un concreto aiuto alle famiglie nel dare ai loro figli il posto che compete nella società. Route 21, a tal proposito, è diventato un progetto sociale accreditato presso la Santa Sede da tre anni con il nostro consigliere spirituale, don Gianni Fusco. In altre parole, ci è stata riconosciuta la bontà d’intenti che legittima il lavoro che stiamo facendo.”

Quali sono le vostre speranze per il futuro? In che modo, chi lo desidera, può aiutare la vostra azione?

“Per coloro che ci vogliono aiutare abbiamo il conto corrente dell’associazione a cui si possono fare delle erogazioni liberali che saranno utilizzate per sostenere le nostre attività sociali. Chi lo desidera può seguirci su tutte le nostre pagine social. Allo stato attuale, stiamo riparando delle vecchie moto carrozzelle e le metteremo a disposizione delle famiglie che ne hanno bisogno. I nostri progetti per il futuro sarebbero di riuscire a fare altri cento viaggi in un anno per cento persone che hanno bisogno cure, attraverso l’utilizzo dei nostri mezzi. Vogliamo che, in Italia, cambi il modo di fare il sociale che, non deve essere mantenere lo status quo delle persone con disabilità, ma parlare con loro e fare dell’orientamento per capire quali sono i loro sogni e attitudini. In particolare, bisogna metterli nelle condizioni di fare ciò che desiderano, in relazione alle possibilità e alle rispettive capacità. Successivamente, bisogna collocarli nella società e dar loro la possibilità di diventare una risorsa, autodeterminarsi e vivere la vita con dignità. Devono poter diventare parte della società in maniera attiva.”