Monte dei Paschi: pronta la conversione di bond per 4,3 miliardi entro novembre

Monte dei Paschi di Siena ha annunciato la conversione su base volontaria dei bond subordinati, undici emissioni pari a circa 4,28 miliardi di controvalore – al quale si aggiunge il bond Fresh (tecnicamente non della banca ma convertibile in azioni Mps) per un ulteriore miliardo -, e detta la tempistica dell’operazione: “si prevede che il periodo di adesione all’offerta, da concordare con la Consob, possa avere inizio entro la fine del corrente mese”. L’avvio dell’offerta è legata all’approvazione da parte dell’assemblea straordinaria del 24 novembre dell’aumento di capitale fino a 5 miliardi di euro.

È il secondo dei tre punti su cui si regge il salvataggio di Rocca Salimbeni, accanto all’anchor investor e all’aumento di capitale che partirà probabilmente dopo il referendum, che ha come obiettivo la soluzione strutturale per il portafoglio Npl e il rafforzamento patrimoniale. Per convincere i sottoscrittori si fa leva su un premio rispetto agli attuali valori di mercato: per i titoli Tier 1, più rischiosi, la proposta di conversione è dell’85% del nominale, mentre per i bond Tier II la conversione è alla pari, con l’eccezione di una piccola obbligazione per il cui riacquisto viene offerto il 20% del valore nominale.

La scommessa della banca senese e di quelle d’affari Jp Morgan e Mediobanca è che i titolari dei bond convertiranno almeno una parte dei titoli, perché già esposti al rischio Mps. Il deconsolidamento del portafoglio Npl determinerà un incremento del fabbisogno patrimoniale che potrà essere colmato solo a fronte della sottoscrizione dell’aumento di capitale e solo con la sottoscrizione di quest’ultimo la banca potrà risolvere il problema dei crediti deteriorati e rispettare gli obiettivi di patrimonializzazione. In sintesi se i risparmiatori non convertono i bond, l’aumento di capitale non avrà successo e quindi perderanno il loro credito; se convertono tutti i bond il loro rischio aumenterà rispetto a quello attuale.

Mps non nasconde che il completamento di ciascuna fase dell’operazione, “oltre a presentare caratteristiche di significativa complessità, è soggetto ad alcuni elementi di incertezza”. In particolare, l’aumento di capitale “presenta dimensioni estremamente significative (circa 6,8 volte la capitalizzazione di mercato della banca), per cui l’intero collocamento dello stesso nell’ambito della sola offerta di sottoscrizione potrebbe risultare particolarmente incerto“.

Se, per qualsiasi ragione, la banca non riuscisse a portare a termine l’aumento di capitale, Mps potrebbe essere soggetta “ad azioni straordinarie da parte delle autorità competenti”, non ultimo il bail-in, che prevede tra le altre cose “la possibile conversione forzata dei titoli subordinati”. In questo senso per Rocca Salimbeni “un’elevata adesione” alla proposta di conversione assume “fondamentale importanza” per la riuscita dell’aumento di capitale in quanto “consentirebbe di ridurre l’importo” della ricapitalizzazione da collocare sul mercato, con la conseguenza di “aumentarne le probabilità di successo“.

Sempre ieri il consiglio di amministrazione della banca ha approvato la cessione a Cerved – l’unica società rimasta in gara – di Juliet, la piattaforma dei crediti deteriorati, che gestirà le sofferenze non cartolarizzate di Mps e l’80% di tutti i nuovi Npl dei prossimi dieci anni, nonché un terzo dei 28 miliardi di Npl che l’istituto senese sta per cedere nella maxi-cartolarizzazione in cantiere. Il corrispettivo pagato da Cerved è 105 milioni di euro, cui potrebbe aggiungersi un “earn out” di 66 milioni, sulla base dei risultati al 2024. Il closing è previsto nel primo trimestre 2017 ma anch’esso è vincolato al successo dell’aumento di capitale.