L’origine dell’appellativo “Mater Misericordiae”

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Intorno all’anno 950, la Vergine volle farsi chiamare “Mater Misericordiae”. Tutto ciò, viene riferito da San Oddone (872-942) secondo abate di Cluny, famosa abbazia situata in Francia. Il santo benedettino riuscì a convertire un ladro, il quale si sentì poi chiamato alla vita monastica e condusse un’esistenza segnata da intenso fervore religioso. Durante la grave malattia che lo condusse alla morte, il religioso confidò ad Oddone di aver avuto una visione della Vergine santa, la quale si era presentata a lui, come “Madre della Misericordia” e gli aveva promesso di portarlo con sé in paradiso.

Udito il racconto Oddone, incominciò a nutrire una spiccata devozione per il titolo di “Madre della Misericordia”. Egli lo ripeteva sovente, e lo si ritrova in una bella preghiera da lui composta: “O Signora, madre di misericordia, tu che in questa notte hai dato al mondo il Salvatore, sii per me una degna interceditrice. Mi rifugio nel tuo parto glorioso e singolare, o piissima; ma tu inclina verso le mie preghiere l’orecchio della tua bontà. Temo moltissimo che la mia vita possa dispiacere al Figlio tuo; ma siccome, o Signora, Egli si è manifestato al mondo per mezzo tuo, ti prego possa dispiacere al mondo per mezzo tuo, ti prego: possa Egli per il tuo intervento avere subito pietà di me”.

C’è da aggiungere inoltre, che lo stesso Oddone, modificò il testo della “Salve Regina misericordiae” che divenne successivamente “Salve Regina mater misericordiae”.

Sempre a proposito della misericordia così scriveva S. Ildefonso di Toledo (607-667), arcivescovo della città spagnola considerato santo sia dalla Chiesa Cattolica che da quella Ortodossa: “Salve o torrente di misericordia, fiume di pace e di grazia splendore di purezza, rugiada delle valli. Madre di Dio e Madre di perdono”.

E lo stesso Dante Alighieri (1265-1321) nella sua Divina Commedia al termine del famoso e conosciuto inno alla Vergine, così termina la cantica: “In te misericordia, in te pietate, in te magnificenza, in te s’aduna quant’unque in creatura è di bontade”.