Prefetto Michele di Bari: “Vi spiego il modello italiano di integrazione”

“Per i migranti, l’integrazione non può prescindere dal rispetto delle regole comuni, dalla piena e sincera adesione al principio di uguaglianza di genere, dal rispetto della laicità dello Stato, nonché dal rispetto della libertà personale”. Lo dice, a In Terris, il prefetto Michele di Bari, capo del dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione.

Il prefetto Michele di Bari

Biografia

Michele di Bari è nato a Mattinata (FG) nel 1959. Dopo gli studi superiori, si è laureato con lode in giurisprudenza. Ha altresì conseguito il diploma del corso di studio per aspiranti segretari comunali presso la LUISS; ha frequentato il corso biennale di “Management in sanità presso la Scuola di Direzione Aziendale dell’Università Bocconi di Milano ed il corso di perfezionamento su “Cittadinanza europea ed amministrazioni pubbliche”, organizzato dalla Scuola Superiore dell’Amministrazione dell’Interno in collaborazione con l’Università degli Studi Roma Tre.

Entra nella carriera prefettizia nel 1990. Promosso viceprefetto nel 2001, è dapprima capo di Gabinetto e, in seguito, viceprefetto vicario presso la prefettura di Foggia. Nel corso della sua carriera ha ricoperto numerosi e delicati incarichi, tra i quali quelli di vice Commissario Governativo della nuova Provincia di Barletta-Andria-Trani e di Commissario ad acta per l’esecuzione di provvedimenti giurisdizionali del T.A.R. – Puglia; è stato inoltre Commissario Straordinario di numerosi comuni. Dal 2007 è nominato esperto di sanità e politiche sociali dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

Nominato Prefetto il 22 dicembre 2010, assume le funzioni di vice Commissario del Governo nella Regione Friuli Venezia Giulia. E’ stato prefetto di Vibo Valentia, dal 2012 al 2013, e di Modena, dal 2013 al 2016, e di Reggio Calabria fino al 2019. Dal 14 maggio 2019 è il capo del dipartimento per le Libertà civili e l’Immigrazione. Con lui, in esclusiva per In Terris, ragioniamo sulle recenti politiche migratorie italiane e su quanto l’integrazione sia fondamentale non solo per i migranti, ma per lo Stato nella sua interezza.

L’incontro con Papa Francesco

L’intervista al Prefetto Michele di Bari

Prefetto, l’integrazione può rappresentare per l’Italia un’opportunità di arricchimento interculturale?
“Sì. Diversità e pluralismo rappresentano un valore. L’Italia, storico crocevia di popoli e culture, ne è testimone privilegiato, come dimostrato dalle sue ricchezze artistiche e urbanistiche, realizzate nel corso dei secoli. Nel corso degli ultimi 50 anni il nostro Paese, che ha visto emigrare 60 milioni di Italiani in tutto il mondo, è diventato meta di migranti, intenzionati a migliorare le proprie condizioni di vita”.

Cosa si intende dunque per integrazione?
“L’integrazione è un incontro tra persone di culture diverse che ne legittima e riconosce le diversità culturali e religiose. E’, di fatto, un processo bidirezionale che, basandosi sul rispetto della propria identità e nel riconoscimento di quella altrui, non è assimilazione ma condivisione e arricchimento di valori condivisi. Certamente alla base di tutto rimane l’imprescindibile necessità del rispetto delle leggi dello Stato, cosicché fenomeni, pure riconosciuti da alcune culture, come i matrimoni forzati, oggi tristemente agli onori della cronaca, o la terribile pratica delle mutilazioni genitali femminili non possano trovare assolutamente spazio o tolleranza”.

Qual è la situazione migratoria in Italia? Il flusso è ripreso a livelli pre-covid?
“Nel corso dell’anno 2020, l’andamento degli arrivi è stato connesso prevalentemente a piccoli sbarchi in autonomia anziché al salvataggio in mare di grosse imbarcazioni, come avvenuto negli anni precedenti. Nel corso del 2020 si è assistito a un trend crescente di sbarchi rispetto ai due anni precedenti, da attribuirsi, in gran parte, all’intensificazione dei flussi provenienti dalla Tunisia e dalla Libia”.

Nel 2020 – rispetto all’anno precedente – sono aumentati gli sbarchi. Sono al contempo diminuiti o aumentati i morti in mare?
“Secondo le stime fornite da UNHCR, il numero dei morti e dispersi in mare nel 2020 (1401) non si discosta molto da quello del 2019 (1335), nonostante il trend in crescita degli arrivi”.

La situazione a Ventimiglia solleva preoccupazione, perché?
“A Ventimiglia confluiscono i migranti che tentano di oltrepassare il confine con la Francia nel perseguimento del proprio progetto migratorio. A seguito della chiusura del Campo Roja, sono in corso approfondimenti e sono inoltre state assunte iniziative di rafforzamento dei controlli”.

La visita del prefetto Michele di Bari a Ventimiglia

L’arrivo di migranti e rifugiati pone la questione prioritaria della loro integrazione. L’integrazione, ricorda papa Francesco, non è un’assimilazione che induce a sopprimere o a dimenticare la propria identità culturale. Come va intesa correttamente l’integrazione?
“È un tema con implicazioni culturali di vaste proporzioni che il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha posto nella sua agenda unitamente a tutti i connessi profili riguardanti i flussi migratori. Il modello di integrazione deve ispirarsi alla Costituzione e, in particolare, agli articoli 2 e 3 che garantiscono, rispettivamente, i diritti inviolabili dell’uomo e la pari dignità sociale e l’uguaglianza dei cittadini, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. Da questi principi discende che l’integrazione si fonda al contempo sull’eguaglianza nella titolarità dei diritti nonché sul comune rispetto dei medesimi doveri e sull’assunzione delle medesime responsabilità.

Come tutto ciò si concretizza nella quotidianità?
“L’integrazione passa per l’impegno a rispettare le leggi italiane, ma anche ad apprendere la lingua e a partecipare alla vita economica, sociale e culturale del Paese. Per i migranti, pertanto, l’integrazione non può prescindere dal rispetto delle regole comuni, dalla piena e sincera adesione al principio di uguaglianza di genere, dal rispetto della laicità dello Stato, nonché dal rispetto della libertà personale. Per lo Stato, il principio di uguaglianza è il solco nel quale deve orientarsi l’azione delle istituzioni, in una logica di sussidiarietà, attraverso un’azione sistematica multilivello alla quale contribuiscono Regioni, enti locali e Terzo settore, tutti chiamati a sviluppare un’azione coordinata attraverso politiche orientate a valorizzare le specificità e il pieno inserimento degli stranieri nelle comunità di accoglienza. Qui risiede il senso del modello italiano di integrazione”.

Qual è il “modello italiano di integrazione”?
“Quello di costituire uno strumento di responsabilizzazione nei confronti del territorio e della comunità di residenza, che sia il principale anticorpo in grado di prevenire e neutralizzare fenomeni di radicalizzazione.

L’Italia aderisce anche al quadro di indirizzi comuni definito a livello europeo in materia di integrazione?
“Sì, assolutamente. Giova richiamare la definizione di integrazione indicata nella comunicazione della Commissione europea COM(2005) 389 ‘Un’agenda comune per l’integrazione’ secondo cui: ‘L’integrazione è un processo dinamico e bilaterale di adeguamento reciproco da parte di tutti gli immigrati e di tutti i residenti dei paesi dell’UE’
Altrettanto significativo è il recente ‘Piano d’azione per l’integrazione e l’inclusione 2021-2027’, adottato nel novembre del 2020, secondo il quale l’integrazione e l’inclusione sono la chiave per il benessere a lungo termine delle nostre società e per la stabilità delle nostre economie. Nel Piano si afferma, in particolare che ‘se vogliamo aiutare le nostre società ed economie a prosperare, abbiamo bisogno di supportare chiunque è parte della società, con l’integrazione come diritto e dovere per tutti'”.