PAKISTAN, NEGATA LA MESSA IN CARCERE AI PRIGIONIERI CRISTIANI

L’amministrazione del carcere centrale di Faisalabad (provincia del Punjab, in Pakistan) ha deciso di interrompere le messe domenicali per i detenuti di fede cristiana. Il sovrintendente del carcere centrale ha motivato la decisione adducendo problemi di sicurezza e complicazioni legate allo spaccio di droga tra i prigionieri. Organizzazioni di attivisti hanno presentato un reclamo durante una seduta del Tribunale di Faisalabad nel quale hanno chiesto il rispetto del diritto di culto garantito a tutti dalla carta fondamentale del Paese.

Il giudice del Tribunale ha respinto la motivazione presentata dall’amministrazione del centro di detenzione. Davanti alla corte, le autorità penitenziarie hanno però affermato che permetteranno la funzione religiosa se questa sarà autorizzata in via ufficiale da parte dell’Ispettore generale delle prigioni o dal Ministro degli Interni del Paese. Il giudice ha quindi disposto che le parti si rivolgano alle autorità menzionate e ora il caso rimane in attesa di pronuncia.

“Limitare il diritto dei prigionieri cristiani a professare in libertà la propria fede religiosa – spiega Hashmat Barat, avvocato cristiano e direttore della Ong Peace for Nation International (Pni) – è una chiara violazione dell’articolo 20 della Costituzione del Pakistan che afferma che ‘ogni cittadino ha il diritto di professare, praticare e diffondere la propria religione e ogni confessione o gruppo religioso ha il diritto di stabilire, mantenere e gestire le proprie istituzioni’”. L’avvocato non intende arrendersi: “Questo esempio di libertà negata ai prigionieri cristiani aumenta il senso di paura, privazione, pessimismo, insicurezza tra le minoranze, in particolare quella cristiana. Io combatterò – promette – affinché vengano rispettati i diritti dei detenuti cristiani rinchiusi nel carcere centrale di Faisalabad fino a quando non sarà fatta giustizia”.

Secondo la testimonianza diretta di padre Khalid Rashid Asi in Pakistan “La libertà religiosa viene violata di frequente e le discriminazioni basate sulla fede impediscono agli individui di godere appieno dei propri diritti umani. Quando il governo nega la libertà di culto, la conseguenza più ovvia è che aumentano i reclami da parte dei gruppi che subiscono limitazioni. La mancanza di libertà religiosa contribuisce anche ad aumentare il livello di violenza in ambito sociale, economico e abitativo”. “Il governo – prosegue – deve favorire un clima di tolleranza e rispetto delle minoranze e assicurare attraverso le leggi presenti che i diritti dei gruppi minoritari siano protetti. Il governo deve permettere ai detenuti cristiani di celebrare la loro Santa Messa” conclude.