I quattro passi che la liturgia ci suggerisce di compiere in tempo di Avvento

Il magistero di Papa Francesco più volte ha condotto la Chiesa a riflettere sulla vita celebrativa, fonte e culmine del suo stesso agire, e negli ultimi tempi lo ha fatto attraverso la Lettera apostolica Desiderio desideravi, dedicata alla formazione liturgica del popolo di Dio. In questo documento il Pontefice invita, nelle ultime battute, a riscoprire il senso dell’anno liturgico insieme a quello del giorno del Signore. È per questo che l’attenzione, approfittando dell’avvio di un nuovo anno liturgico segnato dall’inizio dell’Avvento, può essere posta su quanto il Papa ha chiesto. Dunque, va detto anzitutto, anche se sommariamente, il valore dell’anno liturgico, per poi passare a quello del tempo di Avvento da poco inaugurato.

L’anno liturgico non è un ulteriore tentativo di computare e sistematizzare lo scorrere del tempo, ma la possibilità di rendere presente e venire a contatto, attraverso la celebrazione dei misteri di Cristo, con l’opera della redenzione ed esserne ripieni della grazia di salvezza. Esso si compone di diversi tempi a partire dall’Avvento, come già si diceva, per poi giungere al tempo di Natale, poi a quello Ordinario, alla Quaresima e al tempo Pasquale, ed infine nuovamente al tempo Ordinario. È per questo che nel susseguirsi dei tempi e nella celebrazione della domenica, delle solennità, delle feste e delle memorie dei santi, l’anno liturgico non è solo la possibilità di contemplare e venire ‘investiti’ dalla redenzione operata da Cristo, ma diventa anche l’itinerario di fede personale e comunitario dei discepoli del Signore. Infatti, potremmo paragonarlo ad una scuola dove, celebrazione dopo celebrazione, i discepoli vengono formati dal Maestro e conformati a lui. D’altronde Gesù chiamò i primi compagni per stare con lui (cfr. Mc 3, 13-19) e, solo dopo, per andare a predicare; l’anno liturgico è questo «perché stessero con lui» (v. 14), che ha come frutto la testimonianza di ciò che uno ha veduto, ascoltato, vissuto.

Tutto ciò viene aperto dall’Avvento, tempo caratterizzato dall’attesa, dal tendere verso colui che deve venire. Esso è il momento opportuno nel quale ci si prepara al Natale, solennità in cui si celebra il memoriale del mistero d’incarnazione e, quindi, della prima venuta, ma al contempo lo spirito è accompagnato all’attesa della seconda venuta di Cristo, come afferma il primo prefazio di questo tempo liturgico: «al suo primo avvento nell’umiltà della condizione umana egli portò a compimento la promessa antica e ci aprì la via dell’eterna salvezza. Quando verrà di nuovo nello splendore della gloria, ci chiamerà a possedere il regno promesso che ora osiamo sperare vigilanti nell’attesa». L’attesa, però, non è passiva, anzi invita i discepoli a compiere alcuni passi per andare incontro al Veniente, suggeriti dai testi della liturgia domenicale e dalle diverse letture bibliche.

Il primo di questi può essere colto nell’imperativo, proclamato ed ascoltato nel vangelo di domenica scorsa, «Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore» (Mt 24, 42). Vegliare è essere desti, avere l’atteggiamento della sentinella, prestare attenzione, perché Dio irromperà nuovamente nella storia dell’umanità per condurla definitivamente al regno preparato fin dalla creazione del mondo (cfr. Mt 25, 34). La veglia è caratterizzata, come ci rammenta più volte la liturgia dell’Avvento, dalla preghiera e dalla lode, dalle buone opere e dalla carità fraterna.

Il secondo passo, invece, è dato da un secondo imperativo che sarà consegnato nella prossima domenica: «Convertitevi, perché il regno dei cieli e vicino» (Mt 3, 2). La conversione, appello costante al cambiamento di rotta, per i discepoli del Maestro è assumere i suoi stessi sentimenti, come afferma la colletta per l’anno A di questa seconda domenica. È incarnare il suo sentire, il suo agire, il suo operare, che trova la massima espressione nel dono di sé stessi.

Ed ancora: più si avvicina il Natale più si fa pressante l’annuncio della sua venuta, ben marcato dalle letture della terza domenica (cfr. Is 35, 1-6a.8a-10; Sal 145 (146) Gc 5, 7-10; Mt 11, 2-12), ed è per questo che il successivo passo da poter fare è la preparazione. Preparare la via al Signore, come fece il Battista, figura che predomina nella seconda e nella terza domenica d’Avvento. Preparazione che si compie, anche in questo caso come suggerisce la colletta, testimoniando con la vita la carità di Cristo. Tutto il pregare, l’operare, il pensare, il celebrare, dei cristiani si riversa nel vivere il comandamento dell’amore: «che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13, 34).

Infine, l’ultimo passo da poter compiere alla scuola del Maestro, per potergli andare incontro, è saperlo accogliere. La quarta domenica di Avvento, infatti, ha al suo centro i vangeli che riportano gli antefatti che precedono la nascita di Gesù e quest’anno verrà proclamata l’accoglienza che Maria e Giuseppe (cfr. Mt 1, 18-24) riservarono alla promessa di Dio, alla possibilità di essere i genitori e i custodi del Redentore. Si contemplerà la bellezza di un uomo ed una donna aperti al progetto divino che richiama alla disponibilità nell’accogliere il Signore attraverso l’ascolto obbediente alla sua parola (cfr. colletta IV domenica d’Avvento – anno A), affinché quest’ultima prenda forma nella carne dell’uomo. Vegliare, convertirsi, preparare, accogliere, perciò sono tra le parole che risuonano nel tempo che la Chiesa ora sta vivendo, ma che in realtà dovrebbero essere atteggiamenti tipici dei discepoli; per questo l’Avvento è principio e diviene chiave di lettura di tutto l’anno liturgico, perché predispone il popolo di Dio a camminare con impegno sulla via che conduce all’incontro con il Signore.