Salvataggio di Minzolini, Di Maio tuona: “Renzi ha perso la faccia, non parli più di legalità”

“Ieri hanno costituito un precedente pericolosissimo. Renzi ha perso definitivamente la faccia, non potrà più parlare di legalità e giustizia”. Luigi Di Maio su Agorà torna a tuonare dopo il voto bipartisan con cui è stata bocciata la decadenza da senatore dell’ex direttore del Tg1, Augusto Minzolini, condannato per peculato. “E’ un caso che l’altro ieri hanno salvato il renziano Lotti e ieri il berlusconiano Minzolini? – si è chiesto il vicepresidente della Camera – Bisognerebbe andare alle urne e non votarli mai più, ieri si è fondato il partito degli amici degli amici”.

A caldo Di Maio aveva usato parole ancor più dure. “Hanno dimostrato di sentirsi al di sopra della legge” aveva esclamato strappando platealmente il testo della legge Severino davanti alle telecamere. “Poi non si lamentino quando i cittadini manifestano in maniera violenta fuori al Parlamento se dentro si fanno atti eversivi di questo genere”. Il riferimento era ai tassisti e agli ambulanti che avevano protestato, rispettivamente, contro Uber e la Bolkenstein.

Ma i Dem sono partiti subito alla riscossa. Prima rivendicando la libertà di coscienza (concessa dal capogruppo Luigi Zanda che comunque ha votato contro l’odg) e poi attaccando Di Maio che così dicendo “inciterebbe alla violenza”. Minzolini, che in Aula aveva dichiarato “di essere pronto a bere la cicuta”, ha annunciato comunque una sua lettera di dimissioni “ben sapendo – hanno chiosato i 5 stelle – che tanto non verranno mai accettate e che anche lui godrà la sua bella pensioncina“.

Ma il salvataggio dell’ex direttore del Tg1 è stata anche l’occasione per l’ ennesimo scontro tra Pd e Mdp. Questi ultimi, con Doris Lo Moro che è stata anche relatrice del caso in Giunta, hanno dichiarato di “essere contenti di non stare più nel Pd” visto l’esito del voto e hanno ammesso che la legge Severino è stata di fatto “stracciata“. E a nulla, di fatto, sembra sia valsa la difesa che nel 2016 fece la Consulta della norma (“è legittima e non crea disparità tra amministratori e parlamentari”) quando contro questa presentarono ricorso due amministratori del calibro di De Luca e De Magistris (prima sospesi, ma poi comunque assolti).