“Forti nella tribolazione”, il nuovo testo interattivo della Libreria Editrice Vaticana

Il direttore del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, Andrea Tornielli, spiega a Interris.it il significato della comunicazione cattolica nell'emergenza Covid

“’Forti nella tribolazione’, il libro pensato dal Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, è un tentativo per aiutare tutti in questo momento di angoscia e di tribolazione ad essere comunque forti e ad avere una speranza”. Con queste parole il direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede, Andrea Tornielli, ha presentato ad Interris.it un’opera nuova e tutta da scoprire giorno per giorno. Per la prima volta un libro interattivo (visitabile qui) che sarà sempre aggiornato con tutti gli interventi del Papa. “Abbiamo voluto sfruttare le possibilità dell’ambiente digitale per rilanciare lo sguardo cristiano sulla realtà e forse alla fine di questa crisi tutto ciò che ora è virtuale diventerà un testo scritto, per essere memoria e testimone, di quanto accaduto, nel futuro” ha sottolineato il direttore.

Da dove nasce l’idea e come sarà strutturato?
“L’idea è quella di offrire un piccolo aiuto per saper scorgere la vicinanza e la tenerezza di Dio in questo periodo fatto di dolore, sofferenza, solitudine e paura – racconta Tornielli -. La Chiesa ancora una volta vuole essere vicina ai suoi fedeli con un libro semplice ed immediato. Il testo, infatti, è diviso in sezioni: la prima sezione è composta da preghiere, riti e suppliche per i momenti difficili tratti dalla tradizione cristiana; la seconda, invece, si basa sulle indicazioni delle autorità ecclesiastiche per continuare a vivere i sacramenti in un tempo in cui le celebrazioni ‘senza concorso di popolo’ sono diventate una triste costante; al centro della terza sezione, infine, si trovano le parole di Francesco sulla pandemia. Una raccolta che parte dal 9 marzo scorso e che rappresenta un accompagnamento per ripercorrere i pronunciamenti del Pontefice”.

Come si evolve la comunicazione vaticana in questo periodo di emergenza?
“Bisogna sempre essere a disposizione della comunità, per questo abbiamo riprogrammato tutti i palinsesti. Con i programmi radiofonici si cerca di far rete per accompagnare le persone perché non si perda il senso di appartenenza alla comunità – spiega Tornielli -. Tutta l’informazione è cambiata trasformandosi in un’informazione legata alla vicenda del virus per capire come la Chiesa vive questo periodo e come lo vive tutto il mondo. Abbiamo ripensato il palinsesto e fatto partire per il canale italiano due grandi spazi giornalieri – continua -, uno la mattina e uno il pomeriggio. Questi si chiamano “In prima linea: vivere la fede al tempo del coronavirus” e “Nel mondo: come vivere la fede al tempo del coronavirus”, inoltre il nostro sistema di agenzia interna propone delle notizie dal mondo che magari ci mettono in luce storie di paesi che spesso ci dimentichiamo”.

La messa del Papa è in onda tutti i giorni: quanto è importante, in momenti come questi, far arrivare la vicinanza del Papa ai fedeli?
“Questo è un tempo che in qualche modo svela anche i cuori. Pensare che milioni di persone aspettano la messa del Papa la mattina alle sette in Tv, vedere quante persone seguono i momenti di preghiera del Papa, rende secondo me ancora più evidente quando c’è una falsità, quando c’è una polemica, quando c’è chi usa i social media perché c’è sospetto, odio e non coesione, aiuto fratellanza, comprensione. Tutto questo si sta modificando – sottolinea il direttore editoriale –, cambiando il mondo, a causa di questa crisi, sta cambiando anche il modo in cui si usano i media”.

Lo stop alle celebrazioni comunitarie per la pandemia può essere l’occasione per far riscoprire una dimensione più intima e profonda di religiosità?
“Io credo ovviamente di si, ma di base credo che questo sia un periodo in cui avvertiamo la nostalgia e la mancanza della dimensione comunitaria. L’uomo vive in comunione con le persone e con Dio, questi due aspetti non sono separabili – conclude Tornielli -. Da una parte siamo chiamati a riscoprire l’essenziale con la nostra dimensione personale di fede, dall’altra siamo portati anche a sentire la mancanza di una dimensione comunitaria che forse spesso abbiamo vissuto come una cosa scontata ma che oggi ci dimostra che non c’è più niente di scontato, neanche la semplice bellezza di un incontro in cui ci si può scambiare la mano o ci si può abbracciare. Ora tutto viene vissuto in questo isolamento che produce solitudine. È impressionante come si muore da soli. È impressionante come le famiglie non possano essere vicine, queste sono cose che colpiscono tantissimo. In questo  nell’aiutare a non perdere questa dimensione comunitaria e dunque ad aiutare le persone a non sentirsi sole”.