Qualità dell’aria: cosa emerge da un report Ispra

Stefano Laporta, presidente di Ispra, commenta ad Interris.it i dati emersi dall'ultimo rapporto sulla qualità dell'aria 

Laporta - Inquinamento
A sinistra Stefano Laporta. Foto di 素辉 李 su Unsplash

Nonostante un percorso di riduzione delle emissioni negli ultimi trent’anni, l’Italia risulta ancora tra i paesi d’Europa dove si registrano i livelli più alti di inquinamento atmosferico. Il nostro Paese infatti sconta anche una peculiarità orografica e climatica non riscontrabile in altre parti d’Europa e per questo serve un cambiamento, capace di garantire dei benefici per l’intera collettività.

L’intervista

Interris.it ne ha parlato con Stefano Laporta, presidente di Ispra che ha commentato il rapporto sulla qualità dell’aria – edizione 2023 che descrive lo stato e il trend dell’inquinamento atmosferico in Italia e contiene diverse monografie afferenti a vari ambiti tematici quali elementi di approfondimento utili alla comprensione dei fenomeni e delle tendenze in atto.

Presidente Laporta, che cosa emerge dal report?

“I dati del 2023 delineano un quadro di generalizzato miglioramento rispetto al recente passato e un consolidamento del trend di riduzione registrato negli ultimi 10 anni, oltre a un sostanziale avvicinamento all’obiettivo di rispettare i valori limite di legge su tutto il territorio nazionale. Si conferma l’andamento osservato nel periodo 2013-2022, con una riduzione marcata e progressiva per il biossido di azoto, estesa alla maggior parte delle stazioni, con livelli mediamente inferiori nel 2023 anche a quelli registrati nell’anno del lockdown, e una riduzione significativa del PM2,5 nella maggioranza dei punti di misura. Inoltre, si registra un’inversione di tendenza rispetto a quanto osservato negli ultimi 4 anni, nei quali si era evidenziata una sostanziale stabilità dei livelli di PM10. Si registra, però, il mancato rispetto del valore limite giornaliero in diverse zone del Paese, e il superamento del valore limite annuale del biossido di azoto in diverse grandi città, oltre ad avere una situazione critica per quanto riguarda l’ozono in larga parte del territorio nazionale. Infine, nonostante i miglioramenti incoraggianti, non bisogna dimenticare che, in una prospettiva di medio termine, c’è ancora da lavorare per raggiungere i livelli, definiti nella proposta di direttiva europea che entrerà in vigore a breve e che dovranno essere rispettati entro il 2030″.

Che cosa rende l’aria inquinata?

“L’inquinamento atmosferico varia notevolmente su tutte le scale spaziali, da quella globale a quella regionale o locale e le fonti emissive variano anche in funzione delle stagioni. In inverno provengono dagli impianti di riscaldamento delle abitazioni, quando alimentati a legna e derivati e dal traffico veicolare per le emissioni allo scarico, insieme alle emissioni di ammoniaca, derivanti dalle attività agricole e zootecniche. Localmente hanno un ruolo importante alcune sorgenti industriali che rilasciano in aria particelle fini e al contempo inquinanti gassosi che reagiscono in atmosfera finendo per formare nuove particelle. Questi fenomeni sono particolarmente incentivati nelle condizioni tipiche del bacino padano, nelle giornate di alta pressione, mediamente fredde con ventilazione assente o molto debole e assenza di piogge. In questa situazione di stagnazione atmosferica si verificano i picchi di inquinamento con i superamenti delle soglie giornaliere del PM10. L’ingresso di perturbazioni atlantiche o da nord est, o i venti di caduta modificano lo scenario, ripulendo l’aria che si rimescola vivacemente e ha a disposizione un volume maggiore di diluizione.
D’estate invece, prevale lo smog fotochimico con la formazione di ozono, catalizzata dalla radiazione solare e in questo caso la fonte principale è il traffico veicolare che rilascia i precursori dell’ozono. Da non dimenticare poi il contributo degli incendi boschivi e il particolato che viene rilasciato dai fenomeni di attrito, come il rotolamento delle gomme e i freni, che nelle condizioni di secchezza tipiche del periodo caldo, si risollevano dal suolo e contribuiscono ai livelli medi di PM, che sono generalmente più bassi d’estate”.

Come si può ridurre l’inquinamento atmosferico?

“Agire alla fonte sulle principali sorgenti, traffico veicolare, riscaldamento civile e attività agricole e zootecniche. Continuare a ridurre le emissioni industriali, attraverso l’applicazione delle migliori tecnologie disponibili e il rispetto dei rigidi protocolli di controllo previsti dalla legge. Il progresso tecnologico contribuirà a ridurre le emissioni, tuttavia alcuni processi, come ad esempio il ricambio del parco veicolare con veicoli meno inquinanti, richiede tempo, risorse economiche ed infrastrutture. Dobbiamo accelerare il processo agendo sulla mobilità sostenibile, ad esempio rendendo efficaci ed attrattivi i sistemi di trasporto pubblico, incentivando il processo di rinnovamento dei veicoli e degli impianti, agendo sia sulla consapevolezza dell’importanza della loro manutenzione, sia sulla comprensione dell’importanza del risparmio energetico nella gestione dei sistemi di riscaldamento e di raffreddamento”.

Quali sono le conseguenze dell’inquinamento atmosferico?

“Sono numerosi gli studi da cui sono emerse significative, coerenti e condivise evidenze epidemiologiche e tossicologiche, secondo cui è possibile associare all’esposizione all’inquinamento atmosferico, rilevanti effetti sulla salute e sulla mortalità della popolazione generale. I risultati di questi studi sono sintetizzati nella recente revisione delle linee guida sulla qualità dell’aria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Inoltre, da recenti studi emergono nuove evidenze sugli effetti dell’esposizione a basse dosi e sugli effetti riguardanti individui particolarmente suscettibili, come le donne in gravidanza, i bambini e gli adolescenti”.

In Italia, quali sono le aree più inquinate?

“Il nostro Paese presenta una notevole variabilità. In alcune zone, a un carico emissivo notevole e diffuso, si aggiunge l’influenza negativa dai fattori meteoclimatici ed orografici ed è il caso del bacino padano. In altre zone, nonostante un carico emissivo certamente inferiore, si verificano nel periodo invernale livelli particolarmente elevati di PM, a causa degli episodi di stagnazione atmosferica invernali particolarmente intensi e prolungati. Per quanto riguarda invece il biossido di azoto, sebbene il valore limite annuale sia rispettato nella larga maggioranza delle stazioni di monitoraggio (98%), permane il superamento in un numero limitato di stazioni, localizzate in grandi aree urbane, in prossimità di importanti arterie stradali. In larga parte del Paese si registrano ancora livelli di concentrazione di ozono superiori agli obiettivi previsti dalla legge, tanto che solo il 14% delle stazioni rispetta l’obiettivo a lungo termine, pari a 120 µg/m³ come valore più alto della media mobile giornaliera su otto ore. A causa delle condizioni meteorologiche estive, con condizioni di caldo estremo e assenza di precipitazioni che hanno caratterizzato l’estate 2023, sono stati registrati anche diffusi superamenti della soglia di informazione (180 µg/m³ per la media oraria) prevista a tutela della popolazione dall’esposizione”.