Cassazione: il pedone (imprudente) investito sulle strisce ha sempre ragione

Sulle strade italiane il pedone che viene investito sulle strisce ha sempre ragione. Anche se si comporta in maniera imprudente, attraversando improvvisamente o in un punto con scarsa visibilità. Spetta al conducente del veicolo guidare in modo da non arrecare danni agli altri e mettere in conto l’imprevedibilità del comportamento altrui, pena l’accusa di omicidio stradale. Lo ha stabilito a fine luglio la Cassazione.

Prevedere l’imprevedibile

La novità è introdotta dalla sentenza della Corte di Cassazione numero 34406/19 dell’8 maggio scorso e depositata il 29 luglio dalla quinta Sezione penale, che si richiama ai principi espressi nell’articolo 141 del Codice della strada. Articolo che dice che il conducente del veicolo deve guidare a una velocità tale che gli consenta di mantenere il controllo della vettura per poter essere in grado di potersi fermare all’improvviso in dinanzi a qualsiasi ostacolo prevedibile. I giudici infatti avevano rigettato la richiesta di ricorso di un uomo condannato per omicidio colposo dopo aver investito una donna sulle strisce a Roma. La vittima aveva attraversato sulle strisce pedonali di notte, in una zona scarsamente illuminata, un incrocio segnalato da un semaforo a luce gialla lampeggiante. L’investitore, che andava a una velocità rispettosa dei limiti nei centri urbani, l’avrebbe investita perché non avrebbe rallentato avvicinandosi all’incrocio e dandole modo di passare. Gli “ermellini” hanno quindi definito la sua condotta caratterizzata da negligenza, imprudenza e imperizia “violando la norma del codice della strada che impone a chi guida di dare la precedenza a chi si trova sull'attraversamento pedonale”.

Quando la responsabilità è dei pedoni

Chi guida, quindi, è responsabile del comportamenti imprudenti altrui nei limiti della prevedibilità. Avvicinandosi alle strisce pedonali c’è sempre chi attraversa col rosso, chi inizia ad attraversare poi si blocca e torna indietro, chi attraversa fuori dalle “zebre” e chi lo fa col buio: tocca al guidatore valutare in tempo questo ventaglio di possibilità e marciare di conseguenza. Altrimenti scatta automaticamente l’accusa di omicidio stradale, che comunque andrà verificata sempre caso per caso. Ma ci sono stati dei casi in cui è stato dimostrato in tribunale che il pedone disattento è stato la causa diretta dell’incidente o almeno è in corso di colpa. A Trieste, con sentenza del 7 giugno, a una donna investita è stata attribuita l’80% della responsabilità dell’investimento perché aveva attraversato la strada senza guardare mentre era al cellulare. La Corte d’appello di Milano sempre a giugno ha addebitato a due pedoni la responsabilità esclusiva dell’incidente: nei pressi di un’area di servizio vicino Ferrara avevano attraversato la strada di notte, mentre pioveva, vestiti di nero e ubriachi. Per cui, al volante e a piedi, meglio essere prudenti.