Uso di droghe, Gatti: “Capire il vuoto e l’insoddisfazione per trovare le risposte”

L’intervista di Interris.it a Riccardo Gatti, psichiatra e direttore del Dipartimento interaziendale delle prestazioni erogate nell’ambito delle dipendenze di Asst Santi Paolo e Carlo di Milano

Si scrive un nuovo, triste, capitolo del dramma della ultradecennale crisi da oppioidi che flagella gli Stati Uniti d’America, mentre il National Center for Health Statistics certifica che in un anno di pandemia, tra aprile 2020 e aprile 2021, le morti per overdose negli Usa sono cresciute del 30% rispetto all’anno precedente, balzando da 78mila a centomila. A fine dicembre 2020, il primo cittadino di San Francisco, London Breed, esponente del Partito democratico, ha dichiarato lo stato d’emergenza per una zona della città che comprende il quartiere di Tenderloin, divenuto nel tempo – secondo quanto riportano i mezzi d’informazione – un centro dello spaccio. Lo scorso anno nella città californiana ci sono state 711 morti per droga, numeri che probabilmente sono stati replicati nel 2021. E oltre all’eroina dilaga il fentanil, un analgesico oppiode sintetico. Come farmaco, il fentanil viene prescritto come antidolorifico, ma una gamma di derivati non farmaceutici (NPF), sono sintetizzati illecitamente e venduti come sostanze stupefacenti. “Quello che probabilmente si trova sul mercato clandestino, spesso miscelato con altre droghe di diverso tipo, – spiega a Interris.it Riccardo Gatti, psichiatra e direttore del Dipartimento interaziendale delle prestazioni erogate nell’ambito delle dipendenze di Asst Santi Paolo e Carlo di Milano – è della famiglia del fentanil, ma con una potenza ed una quantità di principio attivo, di volta in volta differenti, e di conseguenza con una possibilità di overdose assai alta, data la maggior difficoltà, rispetto all’eroina, nel riuscire a dosare composti molto potenti”.

 

Focus sull’Unione europea

Secondo il tecnico Drug-related deaths and mortality in Europe Update dell’European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction (Emcdda) nel 2018 nell’Unione europea sono stati registrati 8.300 decessi legati a una o più sostanze illecite, cifra che sale a oltre 9.200 se si includono anche Norvegia e Turchia. Molte di queste morti sono premature, giacché mietono vittime soprattutto tra gli uomini tra i 30 e i 40 anni, e nella grandissima maggioranza dei casi sono associate a oppiodi, come l’eroina, o farmaci per il trattamento sostitutivo degli oppioidi, come il metadone. Sempre nel 2018, negli Usa sono stati riportati 67.367 decessi per overdose e nel 69,5% dei casi, in numeri assoluti 46.802, erano coinvolti oppioidi, sia eroina che farmaceutici. Tornando al Vecchio Continente, si osserva che tra il 2017 e il 2018 in Germania, Svezia ed Estonia è stata rilevata una marcata riduzione dei decessi correlati al fentanil e ai suoi derivati, mentre in Finlandia al contrario si è registrato un aumento, seppure in numeri molto piccoli (da 4 a 11 casi). Restando al nord, in Norvegia per un decennio il numero delle overdose era rimasto stabile, oscillando tra 240  e 280 all’anno, mentre ora si assiste a trend in calo delle morti collegate all’eroina e a una crescita di quelle che coinvolgono altri oppioidi come il metadone, identificato nel 23% dei casi, e il fentanil. Questo avviene sullo sfondo di una coorte di pazienti che ricevono un trattamento sostitutivo con oppioidi che sta invecchiando e nel 2017 un terzo di questi aveva più di 50 anni. Questa sostanza, insieme ai suoi derivati, è solitamente rilevata in bassissime concentrazioni, fattore che ne rende più difficile l’individuazione laboratorio.  Oltre alla sotto-rilevazione, in alcuni paesi è possibile che i casi legati al fentanil e agli analoghi del fentanil siano sotto-segnalati. Sempre l’Emcdda riporta, in Spotlight on… Fentanils and other new opioids, che sebbene i nuovi oppioidi svolgano un ruolo marginale nel mercato della droga in Europa, cresce la preoccupazione riguardo la loro disponibilità, che si cerca di contrastare con misure di controlli internazionale e altre misure di regolamentazione. In Italia, secondo i dati raccolti da GeOverdose.it, un sistema informatico geografico di monitoraggio che riporta su una mappa della Penisola i decessi per  e altri eventi acuti mortali o a rischio di morte correlati all’assunzione di droghe e alcol, tra l’11 gennaio 2021 e l’11 gennaio 2022 si sono registrati 157 decessi, di cui 78 correlati all’assunzione di eroina e uno per oppioidi sintetici.

L’intervista

A causa dei numerosi decessi per overdose associati a oppioidi, farmaceutici o meno, a San Francisco è stato dichiarato lo stato di emergenza. Come si spiega, in generale, questo fenomeno?

“Si potrebbe spiegare con un’eccessiva facilità nel prescrivere farmaci oppiacei, forse dovuta anche alla spinta da parte delle case farmaceutiche. Sostenevano la maneggevolezza dei loro prodotti e che anche usandoli ampiamente, si sarebbero, comunque, avuti pochi casi di dipendenza. Invece molte persone ne sono diventate dipendenti, altre lo sono diventate a loro volta, perché questi farmaci, quando prescritti con troppa facilità, impropriamente e con scarso controllo medico, sono, in parte,  passati di mano – il cosiddetto fenomeno della  diversion – da pazienti a cui erano stati prescritti ad altri soggetti. Ci sono però ulteriori fattori da considerare. Per esempio l’introduzione dei derivati del fentanil, nel mercato clandestino USA, non è stata una risposta alla domanda dei tossicodipendenti da oppiacei, vecchi e nuovi. Nessuno chiedeva il fentanil agli spacciatori, ma la sostanza ed i suoi derivati, molto potenti ed additivi, hanno una resa economica enormemente superiore alle droghe classiche. Il mercato ha considerato opportuno, quindi, smerciarli, creando nuovi mix di sostanze e sacrificando, ad un maggior reddito, quella parte dei clienti che morivano e continuano a morire per overdose. Interventi di cura per i tossicodipendenti, probabilmente sottodimensionati o poco accessibili, rispetto al bisogno, hanno fatto il resto”.

Qual è la situazione nel nostro Paese?

“In Italia c’è maggior ritrosia nel prescrivere questo tipo di farmaci ed anche nel richiederli. Addirittura una parte di pazienti li considera, a torto, per malati terminali. Quindi questo tipo di sostanze sono meno in circolazione, forse ancora sotto-prescritte a chi ne avrebbe reale necessità. Succede però anche qui che, tra le persone che li assumono, qualcuna sviluppi una dipendenza, ne faccia un uso improprio o se li procuri clandestinamente. C’è un sottomercato clandestino e si vedono ricette falsificate: un fenomeno da non sottovalutare perché fa pensare a un sommerso ancora poco conosciuto”. Per fortuna, comunque, il mercato dello spaccio, in Italia, non sembra (ancora?) particolarmente interessato allo smercio di fentanil e derivati, ma non è detto che questa situazione sia definitiva. Molti fenomeni statunitensi, relativi all’uso di droghe, sono arrivati da noi con una latenza di anni e la pandemia in corso sta accelerando molti cambiamenti in tutti i mercati”.

Quali effetti hanno queste sostanze?

“I farmaci oppiacei, e in generale le droghe oppiacee, hanno un effetto antidolorifico e lavorano anche sui meccanismi di ricompensa. Soprattutto nel primo periodo dell’assunzione, possono dare un certo grado di sedazione, ma anche sensazioni di estraneazione, euforia e di piacere. Percezioni per cui vengono assunte, come droghe, al di fuori da ogni contesto terapeutico e che diventano preponderanti, quando utilizzate al di fuori di una appropriata terapia del dolore. Poi subentra la necessità di aumentare il dosaggio per raggiungere i medesimi effetti. Si tratta di ottimi farmaci e di sostanze ben gestibili, ma solo ed esclusivamente se la prescrizione è appropriata ed il controllo medico nel corso della terapia è stretto. Altrimenti si può rischiare di cadere in una situazione di dipendenza patologica o, comunque, in un uso improprio che può essere pericoloso. E questo non riguarda solo i tossicodipendenti emarginati, da ‘boschetto della droga’, ma anche persone perfettamente integrate”.

Quali contorni ha il fenomeno dell’assunzione di sostanze, in generale, in Italia?

“Già da quando una persona, anche molto giovane, comincia ad avere qualche soldo in tasca o un po’ di autonomia, è possibile si accosti al consumo di qualche sostanza psicoattiva. Fino a trenta o quarant’anni fa, si trattava soprattutto di alcol e tabacco. L’uso di sostanze illecite, invece, nei più giovani, si sviluppava principalmente in quartieri particolari, famiglie problematiche, o situazioni circoscritte. Adesso, invece, è trasversale. Sostanze di ogni tipo sono facilmente reperibili: esiste una offerta molto attiva, con prezzi accessibili, e le persone giovani hanno un gusto importante per la sperimentazione, purtroppo anche di cose pericolose. Purtroppo gli adulti sembrano in difficoltà nell’educare e nel porre regole, anche perché l’uso di sostanze non è affatto un problema esclusivamente giovanile. Per farlo dovrebbero essere maggiormente presenti nella vita dei più giovani e non se lo possono permettere o non hanno voglia di farlo. Così modelli e informazioni, sono trasmessi dalla Rete, dai social, dalle comunicazioni tra pari, in persone che non sono ancora abituate a leggere criticamente tutto ciò che ricevono. L’uso di sostanze psicoattive fa parte della storia dell’uomo, ma, oggi, è veicolato da mercati molto potenti ed organizzati, in grado non solo di rispondere ai bisogni, ma anche di crearli attivamente. Mercati che, per sostenersi, debbono crescere continuamente. Viviamo in una società interconnessa che usa e produce i contenuti dei nuovi media, ma che, complessivamente può esserne influenzata, con la stessa ingenuità che negli anni Cinquanta e Sessanta era propria di chi si accostava al mondo della televisione, come telespettatore. C’è chi ha imparato a sfruttare questa debolezza per produrre tendenze, opinioni e consumi globali”.

Spesso il mondo dei giovani e dei giovanissimi è popolato da un immaginario in cui le sostanze stupefacenti ricoprono un ruolo rilevante. Qual è il suo punto di vista?

“Se non hanno i genitori e adulti al loro fianco che non sottovalutano il loro stesso ruolo, rispetto ai modelli di vita di cui sono artefici e portatori, l’idea di assumere additivi e sostanze psicoattive arriva prepotentemente fino ai più piccoli, i quali si muovono all’interno di scenari noti e meno noti. Pensare poi di affrontare il tutto, ignorando il problema, oppure trasformandolo in una emergenza, oppure, ancora, risolvendolo per legge, qualunque essa sia, diventa una assurdità. Un esempio: si criticano alcuni video di generi musicali, rap e trap, visti come possibili cause di problemi connessi all’uso di droghe. Invece dovremmo considerarli con maggiore attenzione, perché non sono la causa, ma la rappresentazione di ambiti dove lo spaccio, come fonte di ricchezza, l’uso delle sostanze, ed una sorta di gerarchia violenta, sta assumendo un ruolo di riscatto sociale, per persone a cui vengono proposti continuamente modelli di vita e di consumo, altrimenti irraggiungibili. Si tratta di risposte, sbagliate e pericolose, a proposte altrettanto sbagliate e pericolose: sottintendono un mondo dove, o fai parte di una élite, oppure puoi migliorare il tuo presente ed il tuo futuro solo con la violenza, con l’alterazione o con entrambe. Queste nuove ‘tendenze’, unite alle proposte sempre più insistenti e varie dei mercati delle droghe, potrebbero essere l’innesco per un ulteriore ampiamento della loro diffusione, costruendone significati, difficilmente contenibili con leggi o regolamentazioni di qualunque genere”.

Cosa dobbiamo fare per capire queste dinamiche?

“Uscire dalle semplificazioni forzate, accettare la ricchezza della complessità in cui siamo immersi ed analizzarne le criticità. Rispetto al passato abbiamo a disposizione strumenti potentissimi per creare, comunicare, costruire cultura, consapevolezza e partecipazione. Dal nulla, però, siamo finiti nella condizione di pilotare una Formula 1, senza aver mai guidato. Così, ci siamo difesi, cercando di semplificare l’analisi di problematiche che ci parevano fin troppo complesse. Si è creato una sorta di pericoloso vuoto esperienziale e, più in generale, culturale. Poi siamo precipitati in una pandemia che ci ha condotto in una situazione di debolezza e di incertezza che nessuno si poteva immaginare. Le emergenze di sempre, sono state ridimensionate dall’emergenza di oggi. Pensare ad un ritorno al passato, come risposta ad un futuro che riteniamo peggiore del presente, potrebbe solo aggravare la situazione. Sino ad ora abbiamo cercato di sostituire con prodotti commerciali di diverso tipo (droghe comprese), quel vuoto e quella insoddisfazione che sono tipici del genere umano. La società interconnessa, ha accelerato questo processo, senza risolvere il bisogno che lo aveva originato, anzi aggravandolo, perché, probabilmente, aveva bisogno di risposte diverse. Ora, ci sono una serie di condizioni, la pandemia, ad esempio, ma anche l’emergenza climatica, che ci obbligano ad esplorare nuovi scenari per costruire il futuro, nel cambiamento. È una costruzione che, sviluppata con, disciplina, metodo, preparazione, conoscenza, senso civico e solidarietà, può essere esaltante e, soprattutto, restituire un senso più profondo alla nostra condizione umana. Lascerebbe meno spazio al bisogno di alterazione, costruendo le condizioni per migliorare ciò che possiamo, nel significato delle nostre azioni ed anche alla comprensione del valore della salute e di ciò che possiamo fare per conservarla, prendendoci cura di noi stessi, degli altri e del mondo che ci circonda”.