Vista in pericolo: ecco quanto incide la mancata prevenzione

La gestione della cecità funzionale richiede un'anamnesi accurata da parte dello specialista che dev'essere attento nel cogliere l'eventuale incompatibilità tra i sintomi e la quotidianità riferiti dal paziente

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Covid, inquinamento e mancata prevenzione: ecco i nemici degli occhi. In Italia, due persone su cento, dai 15 anni in su, soffrono di gravi limitazioni sul piano visivo. Gli ultimi dati disponibili ci pongono in linea con l’Unione europea. La percentuale delle malattie agli occhi sale al 5% tra chi ha più di 65 anni e all’8% tra chi ha più di 75 anni. Se si sommano le limitazioni visive moderate a quelle gravi, complessivamente ne soffre quasi il 19% della popolazione. Percentuale che arriva a oltre un terzo della popolazione tra gli over 65 e a quasi al 42% tra gli over 75. Il ministro della Salute, Orazio Schillaci rilancia la prevenzione e la cura delle malattie della vista. Afferma Schillaci: “Siamo tutti impegnati per sensibilizzare sempre più i cittadini a effettuare con regolarità i controlli oculistici. Specialmente in presenza di fattori di rischio come l’età, comorbilità o casi di familiarità”. Da parte del dicastero della Salute “è costante l’attenzione verso le problematiche legate alla salute degli occhi“. Infatti, precisa Schillaci, “prevenzione, cura e riabilitazione sono le direttrici lungo cui ci muoviamo”. In coerenza con i piani nazionali di prevenzione. Il governo intende coinvolgere  associazioni e società scientifiche con visite, consulti e screening oculistici gratuiti. Ed è fondamentale il ruolo dei medici oculisti è fondamentale per rafforzare la cultura della prevenzioneocchi

Prevenzione salva-vista

Al centro dell’azione di prevenzione ci sono i finanziamenti specifici alle attività dei Centri di educazione e riabilitazione visiva delle Regioni. Importante è anche la sezione italiana dell’Agenzia internazionale per la prevenzione della cecità. Presso la quale opera – unico centro di collaborazione Oms – il Polo nazionale di servizi e ricerca per la prevenzione della cecità. E per la riabilitazione visiva degli ipovedenti. E’ stato istituito, inoltre, il Tavolo tecnico per l’approfondimento delle tematiche concernenti lo sviluppo delle terapie antivitreali in oftalmologia. Previsto anche il “bonus vista”. In questo campo, aggiunge Schillaci, “una delle problematiche che abbiamo dovuto affrontare è quella legata alla disomogeneità. Nell’offerta di servizi di riabilitazione visiva a livello regionale“. L’esecutivo annuncia una maggiore omogeneità territoriale nell’accesso ai servizi. “Attraverso i nuovi Lea (livelli essenziali di assistenza) i pazienti potranno inoltre contare su importanti aggiornamenti. Nei procedimenti diagnostici e terapeutici in oftalmologia- evidenzia il ministro della Salute-. Certo, siamo consapevoli dell’evoluzione della medicina in questi anni. Dei progressi scientifici e tecnologici attraverso cui sono state messe a disposizione cure e prestazioni ancora più avanzate. Ciò richiede un ulteriore aggiornamento. E su questo stiamo lavorando”.
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Effetto Covid

La pandemia ha avuto un profondo impatto sulla salute mentale di ampie fasce della popolazione. Ma questo disagio psicologico diffuso sta provocando anche disturbi della vista. In uno studio appena pubblicato, gli esperti dell’ospedale San Giuseppe – MultiMedica di Milano richiamano l’attenzione sul fenomeno. Dimostrando come siano più che raddoppiati nel post pandemia i pazienti con “perdita visiva funzionale“. O “cecità funzionale”. Deficit più o meno grave della vista caratterizzato dall’assenza di alterazioni organiche rilevate dall’esame oculistico. Lo studio ha preso in esame e messo a confronto i pazienti transitati dagli ambulatori di oftalmologia dell’ospedale San Giuseppe. La comparazione è tra il periodo antecedente la pandemia da Covid (da gennaio a giugno 2019). Con quelli seguiti in un intervallo di tempo di analoga durata ma nel post pandemia (da gennaio a giugno 2023). Su un totale di circa 3.600 persone visitate in entrambi i periodi, i casi di perdita visiva funzionale sono stati 144 nel pre-pandemia. Contro i 326 del post Covid. Con un raddoppio dell’incidenza, passata dal 4 al 9%. Sia nel primo che nel secondo periodo, oltre l’80% delle diagnosi riguardava minori“Escludiamo quei soggetti che fingono intenzionalmente il sintomo. Come i bambini che, per emulare il fratello o il compagno di classe, vorrebbero mettere gli occhiali anche se non ne hanno bisogno. E che il medico ‘smaschera’ facilmente. Quindi resta una fetta consistente di pazienti affetti da un disturbo di conversione”, spiega Andrea Lembo.
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Cecità funzionale

Il medico oftalmologo dell’ospedale San Giuseppe è autore dell’analisi. E spiega che “si tratta di una forma di somatizzazione in cui un disagio psicologico viene involontariamente proiettato dal soggetto in un sintomo fisico. Un po’ come quei bambini a cui viene il mal di pancia perché sono in ansia per la verifica a scuola. Relativamente alla vista, questo disagio si manifesta sotto forma di difficoltà visiva, ad esempio nel vedere la lavagna. Appannamento, bruciore oculare, cefalea. Riduzione del campo visivo e altri disturbi legati alla vista. L’aumento di questi casi, riscontrato negli ultimi mesi, è correlato alla pandemia da Covid. Per i profondi cambiamenti psicosociali che ha portato con sé. La gestione della cecità funzionale richiede innanzitutto un’anamnesi accurata da parte dello specialista. Che dev’essere attento nel cogliere l’eventuale incompatibilità tra i sintomi e la quotidianità riferiti dal paziente (dice di non vedere ma gioca a tennis). E deve cercare di arrivare alla diagnosi senza troppi esami strumentali, volti a escludere altre patologie. “Nel caso dei bambini – evidenzia Lembo – il dialogo con il genitore è fondamentale. Per arrivare alla diagnosi. E risalire al problema che può essere alla base del disturbo di conversione“.

Interazione

“In molti ci hanno raccontato che il confinamento dovuto alla pandemia aveva influito sulla psicologia dei propri figli. Limitando la loro capacità di interagire e socializzare con i coetanei”, riferisce Lembo. In secondo luogo, va valutata con attenzione la risposta terapeutica da dare ai pazienti. Che deve basarsi soprattutto sulla loro rassicurazione. “Rassicurare non significa sottovalutare o sminuire quello che ci riferiscono – precisa Lembo -. Ma aiutarli a individuare strategie efficaci per attenuare i sintomi che lamentano. Intendo suggerimenti anche molto semplici. Come guardare 30 secondi fuori dalla finestra per non sovraccaricare l’accomodazione dell’occhio in un videoterminalista. O chiudere gli occhi 5 secondi per farli riposare. E capire se le immagini della lavagna tornano nitide, in un bambino in età scolare“. Prosegue Lembo: “Si può arrivare anche a usare l’effetto placebo. Nei pazienti che continuavano a riferire un certo sintomo, soprattutto bambini. Prima di procedere con una risonanza magnetica si è provato a dare degli occhiali con lenti neutre. In diversi casi ha funzionato, evidentemente perché il bambino si è sentito in qualche modo protetto”.
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Strascichi

“Pur essendo la nostra una disciplina estremamente specialistica, non può non riflettere i cambiamenti profondi della società”, sostiene Paolo Nucci. Senior consultant della University Eye Clinic San Giuseppe. Il professore ordinario di Oftalmologia presso l’Università degli Studi di Milano evidenzia che  “oltre al dramma che abbiamo vissuto, la pandemia ha prodotto una serie di conseguenze dirette sulla psicologia di tutti noi. E questi strascichi emotivi stanno producendo effetti anche sulla percezione visiva. In più, già da tempo assistiamo all’affermarsi di modelli che, attraverso i social media, impongono messaggi di perfezione surreale in ogni ambito della vita. I giovani rischiano di sentirsi costretti a conformarsi alle aspettative sociali per essere accettati dagli altri, con inevitabili ripercussioni sulla loro salute mentale. Di fronte a questo scenario possiamo ipotizzare che l’incidenza della cecità funzionale nei prossimi anni continuerà a crescere“. Allarme intanto degli oftalmologi: “L’inquinamento danneggia l’apparato visivo”. Cambiamento climatico e smog sono i primi nemici dell’ambiente, ma anche dei nostri occhi. Il clima pazzo e l’inquinamento, infatti, rappresentano una grave minaccia. E non si tratta solo di comuni irritazioni oculari. Alcuni studi recenti hanno infatti messo in luce l’associazione tra aumento delle temperature e incremento del rischio di avere rilevanti problemi alla vista, come la degenerazione maculare.