Mafia Capitale, terza requisitoria dei pm. Ielo: “Le prove? Un ‘karaoke’ della corruzione”

Si torna in aula per il processo di Mafia Capitale. Precisamente nell’aula bunker del carcere di Rebibbia dove, dopo due settimane di interruzione, è proseguita la requisitoria dei pm Paolo Ielo, Luca Tescaroli e Giuseppe Cascini. Ed è stato proprio l’aggiunto Ielo, in quella che è ormai la 203esima udienza dell’inchiesta “Mondo di mezzo”, a tornare nuovamente sugli argomenti con i quali aveva concluso la sua precedente tranche: l’inattendibilità di Salvatore Buzzi e le numerose prove raccolte che, più che mai, testimonierebbero l’esistenza di una rete di corruzione e di una vera e propria banda organizzata. “Mai come in questo dibattimento si sono avute le prove della corruzione – ha spiegato il pm -. Le somme di denaro si ripartivano in rapporto alla quota di partecipazione all’affare e si pagasse solo dopo l’affidamento. Il nesso è eloquente e indiscutibile: l’insieme delle prove è un karaoke della corruzione”. Il pm ha proseguito la requisitoria analizzando le posizioni degli imputati, concentrandosi in particolar modo sul presidente della “29 giugno”, ritenuto più volte totalmente privo di credibilità: “Perché il ras delle cooperative si professa uomo di sinistra e poi doveva pagare Alemanno? Su questo aspetto, e sul ruolo di Alemanno, il silenzio di Buzzi è assordante e racconta tutto”.

Panzironi e Ama

Ma Ielo si è soffermato anche e soprattutto sulla rete corruttiva costruita dai retaggi del mondo di mezzo, tornando sulla posizione dell’ex ad di Ama, Franco Panzironi: “Siamo oltre ogni prova. ‘L’ho messo a stipendio’, dice Buzzi e questo significa che è a libro paga come questa procura ha di fatto accertato. Tangenti e dazioni continue che finivano alla Fondazione Nuova Italia di Alemanno di cui lo stesso Panzironi è factotum”E ancora: “Le sembra normale che in Ama si sposti il termine finale di una gara perché i partecipanti non avevano raggiunto un accordo? Questo è accaduto, signor Presidente, in un ufficio della pubblica amministrazione con la benedizione di Fiscon”.

Ielo: “I processi si fanno con prove vere”

Ma perché, prosegue Ielo, “altri che sono stati pagati non sono in questo processo? Per un motivo molto semplice: il rigore che si è seguito nel lavoro probatorio. I processi si fanno con le prove, quelle vere, non si fanno con le suggestioni”. Dalle intercettazioni, inoltre, emergono ulteriori prove che spiegherebbero non solo che “le somme di denaro fossero ripartite tra gli imprenditori in rapporto alla quota di partecipazione all’affare” ma, anche, come le tangenti “fossero pagate solo dopo l’affidamento”.