L’importanza di celebrare la Giornata mondiale della tolleranza in questo 2023

Foto di Juan Diego Salinas da Pixabay

Celebrare la Giornata Mondiale della Tolleranza questo 16 novembre del 2023 può sembrare un mero esercizio di ipocrisia politicamente corretta. Numerose guerre regionali e due conflitti che coinvolgono tutta la comunità internazionale – Medio Oriente e Ucraina – stanno scuotendo l’umanità, senza contare la crescita esponenziale delle disuguaglianze, aumentate negli ultimi due decenni in modo significativo anche all’interno dei Paesi ricchi. Certo migliorano le condizioni generali della donna e dell’infanzia, soprattutto per quanto riguarda indicatori come educazione, salute e aspettativa di vita, ma i contrasti tra alcuni popoli e gruppi di interesse restano accesi oltre il limite di guardia. 

Tutto questo, paradossalmente, succede mentre la “tolleranza” è un valore universalmente riconosciuto ma soprattutto sbandierato e promosso da ogni istituzione e in ogni aspetto della vita pubblica e privata. Insegniamo ai bambini, fin da piccoli, a riflettere sull’importanza di rispettare e accettare le differenze, combattere la discriminazione e l’odio, e promuovere una convivenza pacifica e armoniosa. Eppure si continua ad assistere alla violenza tra gruppi etnici, contro i più fragili e persino in famiglia.

Sembra come se la capacità di convivere in pace sia percepita più come una prescrizione normativa, da evadere appena possibile, piuttosto che un principio del diritto naturale, preesistente alla legge, che fa parte del nostro patrimonio etico e che trova fondamento nei principi superiori di giustizia ed equità.

La tolleranza viene infatti applicata a corrente alternata dagli Stati e dalle persone e non viene inserita nella cornice più ampia del bene comune che deve essere perseguito da tutti. Insomma in molte parti del mondo e ambienti ci si limita a tollerare solo coloro che la pensano e agiscono nello stesso modo della maggioranza.

Questo non succede solo nelle dittature o nelle nazioni dove esiste un alto livello di contrapposizione. Anche negli stessi Paesi Occidentali, il diritto di opinione e l’agibilità politica sono spesso condizionate da paletti e regole imposti dal pensiero dominante. Non si promuove quindi un vero clima di dialogo e di incontro tra le differenze ma solo un processo di appiattimento che conduce al pensiero unico. Questo lo ha spiegato bene Papa Francesco che, in relazione alle persecuzioni anti-cristiane, ha detto più di una volta che in avviene una persecuzione con “i guanti bianchi” che porta i cristiani ad essere lasciati da “parte, emarginati”.

La tolleranza tra popoli e persone di etnia, religione e cultura diverse deve essere pertanto coltivata ogni giorno riconoscendo il valore delle identità. Ci sono infatti dei principi e dei valori condivisi che sono iscritti nell’antropologia umana, ed ogni cultura, non intaccata da ideologie ed estremismi, ne è portatrice. Cancellare con violenza l’eredità culturale dei popoli o i convincimenti più profondi delle singole persone, che si faccia con le bombe o con la censura, non è la soluzione per arrivare alla convivenza, questo possiamo dirlo con certezza. Il rispetto reciproco deve quindi basarsi su un sano incontro tra identità strutturate, altrimenti rischia di ridursi ad una mediazione tra diverse necessità egoistiche che è destinata a fallire.